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Sotto il greve cielo pietroburghese
“Sotto il greve cielo pietroburghese, negli angoli oscuri e nascosti dell'enorme città...”.
Non è il miglior romanzo di Dostoevskij, ma lo stile dello scrittore russo si apprezza ugualmente e soprattutto in certe pagine lascia il gradevole retrogusto di un prodotto qualitativamente alto.
L'influsso romantico ottocentesco è un po' troppo marcato, l'enfasi spinta all'eccesso fino a inzuppare le pagine delle lacrime facili dei personaggi, più che dell'umidità di Pietroburgo.
La personalità di alcune figure spicca ben delineata, ed è affascinante scorgere le contraddittorie sfaccettature di quelli che si collocano nella linea di confine tra bene e male, senza decidersi a varcare definitivamente l'una o l'altra.
Ci sono gli umiliati e gli offesi, che si nutrono di nobile orgoglio anziché di pane fino a rasentare il masochismo, e poi c'è il carnefice, astuto e demoniaco, il furbastro traffichino (che è il personaggio più riuscito) e l'io narrante, super partes ma non troppo.
Ogni tanto fa capolino l'ironia, che non basta però ad alleggerire una narrazione un po' prolissa: ci si dilunga troppo sul dramma iniziale a scapito degli sviluppi finali, che restano in sospeso, e si calca talmente la mano su quelli che dovrebbero sembrare sentimenti puri e nobilissimi da renderli addirittura stucchevoli.
Come il discorso di una fanciulla alla sua rivale in amore, a proposito dell'uomo che quest'ultima le ha appena ceduto per spirito di sacrificio: “L'ama immensamente, l'amerà sempre, tanto che se un giorno smetterà di rimpiangerla pensando a lei, subito io stessa cesserò di amarlo per questo...”.
Il greve cielo pietroburghese dovrà aspettare ancora qualche anno per ispirare i capolavori dello scrittore.
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Commenti
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Così ti avevamo persa dalle parti di Pietroburgo... :)
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quindi anche questo titolo non è tra i migliori della produzione......mi ero fatta un'idea diversa, ma prima o poi lo leggo....