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'La voce delle cose'
" Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l'albero che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l'ansia che dopo possa non giungere l'estate. L'estate giunge (...) a chi è paziente e vive come se l'eternità gli stesse innanzi ".
Le lettere contenute nell'agile volumetto, spedite da Rilke essenzialmente negli anni 1903-04 in risposta a sollecitazioni di un giovane poeta, ci danno un pregevole contributo per comprendere il pensiero dell'Autore su letteratura e ruolo dell'artista.
Rilke scrive in un periodo che ha ormai messo in irreversibile crisi il Positivismo e che elabora la concezione dell'arte come intuizione. E' l'epoca della pascoliana teoria del Fanciullino. Rilke non si discosta da questa posizione, ma ne dà una visione più moderna e personale.
Benevolmente rimprovera il giovane poeta di guardare troppo all'esterno e lo invita a rivolgersi "nel punto più profondo del suo cuore". Se così sgorgherà poesia, gli consiglia di non dipendere da eventuali pubblicazioni; l'importante è che i versi prodotti siano "una scheggia e un suono della sua vita".
Non crede quindi che l'arte sia un mestiere, ma una realizzazione che nasce da reale necessità, urgenza interiore.
Gli dice di cogliere la "tremula eco del ricordo" e di leggere "il meno possibile testi di critica estetica" : la critica tramonta con le mode; l'arte rimane a sfidare i secoli.
L'umiltà è virtù da praticare assolutamente per giungere all'autenticità: attenersi alla natura, maturare l'amore per le piccole cose, per ciò "che è invisibile ai più e può d'un tratto farsi grande e incommensurabile" : "allora tutto le diverrà (...) quasi più conciliante (...) nella sua più intima e vigile coscienza, e conoscenza".
Dunque, l'arte come conoscenza; l'artista che 'si fa veggente' , come diceva alcuni anni prima Rimbaud.
Se si legge ad ampio raggio, questa prosa bellissima tende ad essere anche fonte di riflessione per la vita.
Rilke non tratta solamente di arte e poesia, ma dà informazioni sulla propria esistenza errante per l'Europa, sul proprio stato di salute e dialoga perfino su aspetti intimi. In un periodo e in una cultura che tendono a rimuovere problematiche scomode, egli parla di "un mondo sessuale non pienamente maturato e puro, (...) carico degli antichi pregiudizi e orgogli con cui il maschio ha sfigurato e oppresso l'amore". Siamo ad inizio '900 e le prime suffragette sfilano per le vie di Londra, ma la questione femminile è ancora lontana dal diventare argomento di discussione in questi termini, anche se figure quali Lou Salomé e Sibilla Aleramo compaiono già, come scandalose presenze.
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Commenti
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...scrivere qualche verso? Fallo, ti direbbe Rilke.
Grazie, Emilio.
Oggi purtroppo, almeno in Italia, mi pare che ci sia una spinta a spremere un autore di qualche successo (un libro ogni anno...). Eppure, se consideriamo i testi che amiamo, paiono proprio scritti 'senza fretta', per un'urgenza espressiva dello scrittore ("La montagna incantata" ha richiesto 12 anni di lavoro. Ho letto che Donna Tartt pubblica un libro ogni 10 anni.... Per non parlare del romanzo manzoniano...).
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L'artista al di là del tempo...le poesie come schegge e suoni di vita...una meraviglia...
Grazie!
Mi fai venire la voglia di scrivere qualche verso....e non sto scherzando.
Pia