Dettagli Recensione
Fame
E sì, la protagonista di questo romanzo è proprio la fame. La povertà che tormenta il protagonista ( forse l'autore) per quasi tutto il romanzo. Una vera fame, causata da diversi giorni di completo digiuno, alleviata con espedienti quali la masticazione di pezzetti di legno, aggravata dal freddo nordico. Una fame che spinge l'io narrante ad azzannarsi un dito per succhiare qualche goccia del suo stesso sangue. Il romanzo è scritto in prima persona e sembra, per il modo e la conoscenza evidente della materia, purtroppo, autobiografico.Il protagonista, uno scrittore che vive della sua opera, soprattutto di saggi e di articoli oltre che di qualche breve testo, è assolutamente incapace di provvedere a se stesso. Non è pazzo ma chiaramente affetto da un disturbo di personalità che ha come componente principale una marcata impulsività e una certa grandiosità di pensiero, aggravate da un orgoglio notevole e autolesionista. Perciò le rare volte che il protagonista riesce a mettere mano su una certa somma, lo vediamo regalarla, spesso al primo che capita e senza un apparente motivo e con un gesto irresponsabile e impulsivo per cui si ritrova nella situazione iniziale e che dà il titolo al romanzo: la fame. Una realtà senza scampo. Il motivo che lo spinge al gesto generoso e impulsivo, spesso eccentrico e sconsiderato di regalare i pochi soldi che lo salverebbero temporaneamente dalla fame, è spesso questo suo orgoglio smisurato. Lo stesso orgoglio impedisce al protagonista di chiedere a chi potrebbe dare; lo obbliga invece a dare a perfetti estranei che pensano male di lui, e lo vedono come un poveraccio. Quando chiede e si umilia, lo fa sempre davanti a persone che gli diranno di no, di cui non ha stima. Non vuole scendere nella considerazione delle persone di cui ha rispetto. A loro non chiede mai nulla. Preferisce morire di fame. Verso la fine del romanzo sembra che il protagonista sia più consapevole del suo modo di fare autolesionista e del suo controproducente orgoglio.
Certo, è una persona fondamentalmente ingenua, onesta e generosa anche se il suo modo di nuocersi in continuazione e senza rimedio finisce per esasperare il lettore che lo vorrebbe vedere fare almeno un piccolo passo avanti. Ma un passo avanti non c'è mai. Non vedo il finale del romanzo come una soluzione. Ha la stessa provvisorietà dell'intervento dell'editore delle precedenti pagine. Leggendo la biografia dell'autore ho notato che la sua seconda moglie, ha abbandonato una carriera promettente di attrice, e posso immaginare il perchè. Credo che l'autore come il suo personaggio abbia avuto bisogno nella sua vita di una persona che si occupasse di lui costantemente. C'è nel suo libro questo senso di difficoltà nei rapporti umani, di distanza dalla gente. Solo nei rapporti sentimentali si avvicina al mondo e a un essere umano. In ogni caso, ripeto, ogni comportamento dell'io narrante ha radici profonde nella realtà e non nella fantasia per cui non credo che si possa mai parlare di pazzia.
Certo, dopo aver letto questo romanzo, mi pare il colmo che la sua nazione gli abbia fatto causa per le sue idee pretendendo (proprio da lui, un tipo così) un mega risarcimento, una volta che si era sistemato, immagino, grazie al buon senso di sua moglie.
"Quando fummo al largo mi rizzai in piedi, sudato e abbattuto dalla febbre, e dissi addio per questa volta alla città, a Christiania, dove tutte le finestre, ora illuminate, scintillavano."
C'è un forte senso di lontananza e di distacco da quelle finestre dove vivono le persone, le famiglie. Sono come delle spade puntate contro di lui.
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Commenti
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Federica
Insomma...complimenti come sempre pe le tue capacità di racconto.
Buone letture
Mariangela
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