Dettagli Recensione
Un piccolo grande eroe dell’emarginazione
Questo piccolo Oscar Mondadori, edito sul finire degli anni ’70, è un libro prezioso, perché contiene i due unici racconti del drammaturgo romantico austriaco Franz Grillparzer, accompagnati dall’abbozzo di un altro racconto e da una lunga introduzione sulla vita e le opere di Grillparzer scritta dal grande e compianto Ervino Pocar.
E’ un libro prezioso soprattutto perché ci dona, nella traduzione dello stesso Pocar, uno dei racconti a mio avviso più straordinari di tutti i tempi, degno di assurgere ad un olimpo che per me contiene "La metamorfosi", il "Michael Kohlhaas" di Kleist, alcuni racconti di Hoffmann, "Bartleby lo scrivano", "Tonio Kröger" e per la verità molti altri che ora non mi vengono in mente.
Il racconto in questione è quello che dà il titolo al volume: "Il povero musicante", che oggi è possibile reperire nella stessa traduzione e cura (immagino) da Passigli o, con il nome de Il povero suonatore da Marsilio. Manca tuttavia, nelle edizioni più recenti, la possibilità di leggere anche l’altro racconto di Grillparzer, "Il convento presso Sendomir".
Partiamo proprio da questo racconto, che in verità non lascia pienamente trasparire la magnificenza del successivo.
Si tratta infatti di un racconto scritto nel 1828, ci informa Pocar, probabilmente per colmare in fretta e furia un vuoto apertosi nell’edizione di una rivista a cui il nostro collaborava, quindi con intenti quasi commerciali, e questo “vizio d’origine” si riflette nella storia, che definirei manieristicamente romantica, essendo la storia di un signore secentesco che, sposata una bella e vivace fanciulla, va incontro al delitto, alla rovina e all’espiazione a causa dell’adulterio di lei.
La trama è sicuramente avvincente e la scrittura di Grillparzer, dottamente interpretata da Pocar, è potente e molto teatrale – come si addice ad un autore uso alle tragedie da palcoscenico – ma il racconto, come detto, non si distacca da un "mainstream romantico" abbastanza convenzionale.
Tutt’altra cosa è "Il povero musicante", che veramente è un racconto che merita di essere letto più volte e meditato a lungo, di una straordinaria modernità pur appartenendo pienamente al tempo in cui è stato scritto, un racconto che brilla come un diamante dalle mille sfaccettature, per cui ritengo che chiunque lo legga possa trovarvi un sentimento, un’emozione personalizzata.
Già l’ambientazione è inusuale: se ne "Il convento presso Sendomir" lo sfondo sono castelli, conventi e un secolo lontano, qui la vicenda è ambientata nella Vienna dell’autore, e viene narrata in prima persona.
Se nel primo racconto la storia coinvolge personaggi potenti e sentimenti estremi, ne Il povero musicante il protagonista è persona umile, al pari del contesto sociale in cui vive, e miti e pacate, ma profondissime, sono le emozioni e le passioni che prova ed evoca in noi.
Ad uno stile teatrale fatto di dialoghi fitti e serrati si contrappone un ritmo lento, una tonalità quasi fiabesca, che contribuiscono non poco al grande fascino del racconto.
Durante una festa popolare l’io narrante nota un violinista di strada, che non suona bene ma tiene aperto un leggio con spartiti davanti a sé, che suona musiche “serie” che non incontrano il favore degli astanti, che è vestito umilmente ma dignitosamente, che commenta serenamente in latino il fatto che nessuno gli abbia messo una moneta nel cappello, che se ne va quando inizia ad arrivare il grosso della folla.
Preso da fame antropologica l’io narrante vuole sapere chi sia, che storia abbia il musicante, così lo avvicina e poi lo va a trovare nella sua stanzetta. Qui il musicante gli racconta la storia della sua vita. E qui si aprono praterie di emozioni, di riflessioni, di sollecitazioni in grado di soddisfare ogni tipologia di lettore, da quello che prende la storia così com’è a quello che gli può attribuire il significato di grande apologo sul ruolo dell’arte e dell’artista rispetto alla società, a quello abituato a smontare i singoli pezzi di un testo per trovarvi chiavi di lettura psicanalitiche o politiche.
Contrariamente a quanto faccio di solito non darò la mia interpretazione del testo, in quanto questo racconto è talmente bello e, come detto, sfaccettato, che mi sentirei di sminuirlo proponendo schemi interpretativi che per forza di cose sarebbero limitati e dilettanteschi. Mi inchino perciò alla grandezza e riconosco la mia inadeguatezza a descriverla. Persino l’introduzione di Pocar, che pure è ottima nella descrizione della vita e del contesto sociale e culturale in cui si è mosso l’autore, è a mio avviso estremamente riduttiva rispetto alla grandezza del testo.
Mi soffermo però sulla figura del musicante, che merita davvero di avere un posto di rilievo tra i grandi piccoli eroi della letteratura di ogni tempo. La sua coerenza, la sua ingenuità sono commoventi, e ne fanno uno dei grandi emarginati della narrativa. E’ anche da loro che possiamo nonostante tutto trarre residue motivazioni per pensare che un altro mondo sia possibile.
Indicazioni utili
Michael Kohlhaas
Bartleby lo scrivano
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