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Il sogno di un uomo ridicolo
 
Il sogno di un uomo ridicolo 2015-04-30 17:44:53 viducoli
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4.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
viducoli Opinione inserita da viducoli    30 Aprile, 2015
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Il sogno di un cattivo maestro

** ATTENZIONE - ANTICIPAZIONE DELLA TRAMA **

Il sogno di un uomo ridicolo è un vero e proprio manifesto esistenziale e politico, attraverso il quale un Dostoevskij che ha alle spalle quasi tutti i suoi grandi romanzi (il racconto è del 1877) ci spiega la sua visione del mondo e le motivazioni del suo essere scrittore.
Il breve racconto, scritto come al solito in prima persona, narra di un uomo ridicolo che, essendo giunto alla totale indifferenza nei confronti della vita e degli altri, essendosi rinchiuso sempre più in se stesso, decide, osservando una stella in una fredda sera pietroburghese di novembre, di rientrare a casa e di uccidersi con una rivoltella comprata qualche tempo prima proprio per quello scopo. Mentre rientra a casa, una bambina in lacrime lo accosta chiedendo aiuto per la mamma: il protagonista, preso dalla sua decisione di farla finita, la scaccia. Questo episodio tuttavia lo colpisce, e mentre siede sulla poltrona di casa con accanto la rivoltella, inizia a riflettere sul fatto che la sua indifferenza non è totale, che per quella bambina ha provato dolore e vergogna per la sua reazione. E’ ancora deciso ad uccidersi, ma qualcosa in lui e nelle sue certezze si sta incrinando, e finisce per addormentarsi.
Nel sonno sogna di spararsi (al cuore e non alla testa, metafora importante) e di essere cosciente della sua sepoltura, dalla quale viene tratto da un essere angelico che lo porta in un lontano pianeta che è la copia della terra. Qui vivono uomini perfettamente incoscienti e felici, in piena armonia con sé stessi e con la natura: un vero e proprio Eden nel quale non c’è conoscenza data dalla scienza, c’è amore ma non sensualità. Inevitabilmente, però, l’arrivo del protagonista porta il germe della contaminazione con la storia dell’uomo, ed anche in quella società sino ad allora inconsapevolmente felice sorge la sensualità, che genera il desiderio, l’invidia, le divisioni in gruppi, la scienza, le religioni. Scoppiano le guerre in nome della giustizia, e tanto più ci si allontana dallo stato primigenio tanto più si costruiscono sovrastrutture per cercare di ritornarvi; in una parola quel mondo si trasforma rapidamente nel nostro mondo, dove – come dice Dostoevskij – …" il sapere è superiore al sentimento, la coscienza della vita è superiore alla vita." Il protagonista si sveglia, allontana da sé la pistola e decide di andare per il mondo a predicare la verità che ha visto in sogno. Per prima cosa troverà la bambina che la sera prima ha scacciato.
Come evidente dal riassuntino, il racconto è un vero e proprio apologo, che ci presenta la concezione che il nostro aveva del mondo e della missione dello scrittore. Il mondo è dominato dal male, e questo male è essenzialmente il risultato della sostituzione del desiderio di conoscenza all’armonia primigenia. Compito dell’intellettuale è quindi diffondere e predicare questa verità, la possibilità del ritorno all’umanità bambina: esso sarà per questo deriso e considerato pazzo, ma non deve desistere da questa che è la sua missione.
Emerge a mio avviso in questo racconto la matrice fortemente reazionaria del pensiero Dostoevskijano. Se da un lato è infatti condivisibile la critica al predominio della scienza sulla vita, dall’altro non è certo attraverso il vagheggiamento di un eden primigenio che si può pensare di dare una alternativa credibile a questo stato di cose. Il primo ad esserne cosciente è lo stesso Dostoevskij, che si fa alfiere di un intellettuale alieno, pazzo, felice della e nella sua impotenza. Il suo pensiero somiglia terribilmente a quello di tanti utopisti che nel corso della storia hanno esaltato la felicità perduta senza fornirci strumenti per cambiare la realtà in cui viviamo. Somiglia al pensiero di quelli che negli anni ’70 sono andati a vivere in Toscana nelle comuni mentre la società virava verso il devastante liberismo in cui ci troviamo immersi. Credo sia veramente giunto il tempo di riaffermare che è solo attraverso una serrata critica della società e della sua organizzazione, che ne evidenzi le vere contraddizioni – a partire da quelle di carattere economico – che forse potremo uscire dal pantano in cui ci troviamo. Leggiamo quindi con piacere Dostoevskij, ma non ergiamolo a nostro maestro.

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Vittorio, la tua recensione è molto interessante. Però dissento su un aspetto : il nostro autore non è un pensatore politico, bensì un artista, i cui 'messaggi' sono poetici, quindi non si indirizzano solo alle nostre facoltà razionali, ma all'uomo nella sua interezza. Un'opera letteraria dice qualcosa in più di un'interpretazione (legittima ed anche acuta) di essa.
Con stima e simpatia.
Emilio
ciao Vittorio, ho letto con interesse la tua recensione, molto bella, chiara e completa. Emilio mi ha preceduto nella stessa considerazione che stavo per fare. Aggiungo che si può essere maestri in tanti modi, l'impegno sociale e politico non è l'unica dimensione dell'esistenza. Dostoevskij è grandissimo nell'analisi dell'animo umano e delle passioni che lo attraversano. Potrebbe quindi essere un "maestro dell'anima".
In risposta ad un precedente commento
Todaoda
01 Mag, 2015
Ultimo aggiornamento:
01 Mag, 2015
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Premetto che non ho letto questo suo racconto. Sono in parte d'accordo con quanto affermi: è certamente un artista, ma è anche un uomo politico, è anche un uomo comune ed è anche un filosofo, pensatore e molte altre cose, di fatto, come lui stesso ci fa capire introducendoci nell'anima dei suoi stupendi protagonisti, ogni essere umano ha dentro talmente tante nature, talmente tanti desideri, necessita, passioni, pensieri, idee o demoni da essere un totale miscuglio, un calderone bollente la cui energia non può far altro che eruttare, talvoltà con prese di posizione distinte circa temi a lui attuali, talvolta con riflessioni interiori astratte e il più delle volte autocontradditorie, talvolta con sensazioni subitanee ed evanescenti e talvolta infine con impulsi violenti, folli che rasentano la patologia. Quindi hai ragione a definire Dosto. un artista, tuttavia forse perfino questa classificazione è riduttiva: di fatto è uno scrittore, un uomo universale. Alla luce di questa universalità non è impossibile tuttavia che abbia voluto dare un giudizio prettamente politico o sociale di una situazione a lui attuale, assecondando così una delle sue nature
Resta il fatto che non avendolo letto magari sto dicendo un mucchio di cavolate... :-) ma rimedierò a breve, specie dopo questa bella recensione e questa tua interessante osservazione. Ciao
In risposta ad un precedente commento

01 Mag, 2015
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Ciao Pierpaolo.
Ringrazio Te, Emilio e Todaoda per l'interesse che avete dimostrato per la mia recensione.
Certamente Dostoevskij è un enorme scrittore: credo che nessuno che abbia un minimo di discernimento possa negarlo. Certamente in molti suoi libri scava così a fondo nell'animo umano come pochi hanno saputo fare. Tutttavia in questo scritto, che ritengo chiaramente un apologo dal contenuto "politico", emerge a mio avviso una matrice che io considero reazionaria: del resto anche uno dei suoi capolavori, I demoni, è secondo me un libro profondamente reazionario per come affronta il tema della ribellione alla società zarista. Sarà per la sua epilessia, sarà perché profondamente deluso dall'esperienza decabrista, ma il suo approdo io non lo condivido.
In generale, poi, io sono convinto che ogni forma di espressione artistica sia di per sé "politica", perché non può che riflettere il pensiero dell'autore rispetto a ciò che lo circonda. Ma questa è un'altra storia, ed ognuno può pensarla ovviamente come vuole.
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