Dettagli Recensione
Sono un uomo ridicolo
“Tutto è indifferente.”
Quando hai deciso che la tua vita non vale niente, aspetti solo un cielo stellato che ti convinca a farla finita. Non ti aspetteresti mai che una bambina in lacrime qualsiasi possa risvegliarti dal sonno della realtà. In una sera come tutte le altre, ormai pronto a togliersi la vita, un uomo viene inspiegabilmente toccato da un dolore che decide di non aiutare, ma che porterà nel cuore. Un dolore che lo fa sprofondare in un sogno rivelatore: il suicidio si è compiuto, ma il protagonista viene trasportato in un mondo fantastico di amore, felicità e libertà. E’ il paradiso terrestre dell’età dell’oro, mitico periodo in cui l’uomo avrebbe conosciuto la felicità ignorando il male. E’ la negazione dell’homo homini lupus hobbesiano.
“Io li ho pervertiti tutti!”
Un uomo che ha vissuto sulla Terra non può credere che esista un mondo senza sofferenza. Quale felicità può esistere senza il dolore? Certo solo un surrogato, non la vera felicità. E quando l’età dell’oro decade tra delitti e menzogne? Il fondamentale problema di quest’opera, ossia il tragico rapporto con il male, viene risolto dall’uomo ridicolo nel modo più antico di tutti: “La cosa principale è: ama gli altri come te stesso, ecco che cosa è importante, ed è tutto, non occorre proprio nient’altro: sarebbe subito possibile mettere tutto in ordine. Ma questa è soltanto una vecchia verità, che è stata ripetuta e letta un miliardo di volte, ma che non ha messo radici! ‘La coscienza della vita è superiore alla vita, la conoscenza delle leggi della felicità è superiore alla felicità’, ecco quello che si deve combattere.”
L’uomo può essere felice anche sulla Terra, nel momento in cui, superato il “Tutto è indifferente”, sarà in grado di praticare quotidianamente la benevolenza verso l’altro, l’amore etico che è l’unica potenza in grado di liberare l’umanità dallo sterile dolore.
La felicità perfetta di Dostoevskij non è esclusivamente pura filantropia, ma un cammino interiore di sublimazione del dolore personale verso una più alta finalità: risolvere il senso drammatico della libertà e trovare il coraggio di essere liberi, liberi di essere felici. Solo così l’umanità potrà uscire dalla pazzia che imperversa per il mondo e lo obnubila, al punto che solo in sogno si può conoscere una Verità così semplice ma così trascendente che chi la possiede è un uomo ridicolo:
“Sono un uomo ridicolo. E ora mi danno anche del pazzo. Potrebbe essere una promozione se per loro non rimanessi comunque un uomo ridicolo. Ma ora non mi arrabbio più, ora li trovo tutti gentili, perfino quando ridono di me, anzi proprio allora li trovo particolarmente gentili. Se non mi sentissi così triste guardandoli, io stesso mi metterei a ridere con loro, non di me, ma per piacere loro. Mi sento triste perchè essi non conoscono la verità, mentre io si. Oh che terribile peso è essere il solo a conoscere la verità! Ma essi non lo capirebbero. No, non lo capirebbero.”
Ma l’uomo ridicolo ha visto la Verità. La sua anima è piena. La sua vita ha un senso. La bambina non deve piangere più.
Nulla è indifferente.
L’amore è libertà. La libertà è felicità. L’età dell’oro non è Utopia, perché l’età dell’oro è dentro l’uomo, pronta ad esplodere.
Commenti
10 risultati - visualizzati 1 - 10 |
Ordina
|
10 risultati - visualizzati 1 - 10 |