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Un autore troppo spesso dimenticato
“Certi uomini forti non sono soli nella solitudine, ma io, che sono debole, sono solo quando non ho nessun amico”
Così dice il personaggio principale esprimendo, in una breve ma intensa frase, tutto il suo essere.
Victor Baton, protagonista de “I miei amici” è un ex soldato ferito durante la prima “Grande Guerra”, che vaga per i quartieri di una Parigi poetica, immerso in una spaventosa solitudine.
Lo sviluppo del libro consiste negli incontri - visti e raccontati da Baton - che il protagonista farà con diversi personaggi, cercando in ognuno di loro un’amicizia o un amore; provando a suscitare in essi moti di compassione e tenerezza per la sua figura e la sua vita solitaria. Sognerà grandi amicizie o rapporti d’amore idilliaci, restandone sempre deluso. Victor sembra aspirare ardentemente ad una dimensione sociale, ma i suoi continui tentativi di fuggire alla solitudine in realtà si trasformano in un continuo processo di emarginazione; per questo “I miei amici” può essere considerato un capolavoro dell’inazione.
Non è difficile definire Baton un eroe dostoevskijano per la sua inettitudine e la sua mediocrità, alla continua e disperata ricerca dell’amore e dell’amicizia, senza mai riuscire a soddisfare il suo bisogno d’essere capito amato ed accettato.
Ciò che fa di quest’opera un capolavoro è la capacità dell’autore di unire uno stile di scrittura “povero” ad un’ ossessiva descrizione dei dettagli e dei piccoli gesti, apparentemente insignificanti, che riescono a descrivere – più della storia stessa- la povertà e la solitudine del protagonista. Un esempio di questa capacità descrittiva la possiamo trovare fin dalle prime pagine del libro, di seguito riporto una citazione:
“Appena uscito dalle lenzuola mi siedo sul bordo del letto. Le gambe mi penzolano a partire dal ginocchio. I pori delle cosce sono neri. Le unghie dei piedi sono dure e taglienti: un estraneo le troverebbe brutte.”
Tutti i dettagli che ci vengo forniti, a partire dalle ginocchia penzolanti fino alle unghie dei piedi,
ci danno una chiara immagine del protagonista di abbandono, trasandatezza e solitudine, ed è proprio per questa sua capacità che Emmanuel Bove era stimato da Samuel Beckett che di lui diceva: “ Nessuno come lui ha il dono del dettaglio che colpisce”. Nonostante fosse apprezzato dalla critica dell’epoca e nonostante annoverasse fra i suoi estimatori personaggi del calibro di Rilke, Gide, Saint-Exupéry, nell’arco del tempo è stato dimenticato. Infatti nel 1945, anno dell’uscita del suo nuovo romanzo “Le piège” (La trappola), dove denuncia il collaborazionismo della Repubblica di Vichy con il regime nazista, molti editori come Gallimard decidono di rifiutarlo, proprio per i temi trattati che avrebbero rovinato la gioia della liberazione e la voglia di dimenticare. Solo nella metà degli anni ’70, grazie all’intuito di alcuni intellettuali alcune opere di Bove vengono rieditate.
In conclusione l’opera di Bove “I miei amici” è un romanzo che lascia nel lettore un senso di tristezza e solitudine, tuttavia necessarie per comprendere la psiche di Baton.
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Laura
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