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L'uomo affacciato a guardare la vita
“Ricominciare un'altra volta? Ma non servirebbe a niente. Sarebbe di nuovo tutto così... tutto avverrebbe di nuovo come è avvenuto. In quanto certuni son costretti a smarrirsi, perché una via giusta per essi non esiste affatto.”
Del padre, il console Kroger, ricorda il fiore all'occhiello della giacca, simbolo di un carattere preciso ma profondo; della madre l'impulsiva sensualità...
Ma di sé? Cosa ricorda di sé Tonio Kroger, mentre ripercorre il cammino della sua vita, tornando da uomo maturo nella propria città natale?
Ricorda quando, appena ragazzino, leggeva il “Don Carlos” di Schiller... eppure adorava un compagno di studi come Hans Hansen, che con quel libro non aveva nulla a che fare. Ricorda come seguiva con gli occhi la bionda Ingeborg Holm, che di lui nemmeno s'accorgeva. Ancora, ricorda la quadriglia, che mai era riuscito a ballare come si deve: avrebbe preferito restare a guardare gli altri invece di dover subire l'impeccabile galateo del maestro di ballo Knaak...
Nel 1903, Thomas Mann ha solo 28 anni (ma ha già pubblicato “I Buddenbrook”).
Scrive “Tonio Kroger”, classificato come romanzo breve e che tuttavia, per pienezza di contenuto, non ha nulla da invidiare a mastodontici capolavori dell'800 europeo.
La storia di Kroger è il pretesto per avventurarsi nell'incolmabile solco che divide il borghese europeo del diciannovesimo secolo dall'uomo che, nello stesso momento storico, non riesce a non vivere di ricerca dell'arte e della bellezza: il primo ha indubitabilmente un'esistenza, per quanto già omologata, mentre nel caso del secondo è da discuterne; il primo può avere persino un corredo genetico che a Kroger (di madre “meridionale” affascinante e contraddittoria) non appartiene. Ma la domanda – una delle più belle ed inquietanti di sempre – viene di conseguenza: se valga la pena affrontare la vita dotati di un'intelligenza e sensibilità superiore, o sia al contrario auspicabile l'inconsapevolezza e la tendenza ad irregimentarsi propria di un intelletto più limitato... e forse, per questo, più sereno.
Non a caso Tonio Kroger, nel suo peregrinare attraverso i paesi del mondo, continuerà a dialogare per lettera soltanto con l'amica Lisaveta Ivanovna, anch'ella un'artista (cui riconoscerà il merito di averlo inquadrato come nemmeno lui stesso ha saputo fare). E tuttavia i suoi interrogativi continueranno a rivolgersi alle vite borghesi di Hans e di Ingeborg, i lieti fantasmi di un passato ancora presente (se è permesso l'evidente ossimoro).
Strane sensazioni quelle destate da “Tonio Kroger”: specie all'inizio, si ha l'impressione di seguire uno stile letterario che disperatamente si aggrappa all'800 (secolo magnifico per la letteratura), ed invece, in prosieguo di lettura, ci si accorge di essere al cospetto di un iniziatore delle successive tendenze.
Merito anche di una scrittura profonda: Thomas Mann è maestoso nel compiere dei salti temporali tra un capitolo e l'altro, tralasciando il superfluo. Infatti al lettore non sfugge l'essenza del racconto di una vita spesa sul filo della contemplazione più che delle gesta; una vita che si lascia attrarre dalle storie di uomini diversi, “costretti a smarrirsi”, guardati da lontano e, tuttavia, con una punta d'invidia...
“Intorno c'era buio e silenzio. Ma da sotto risonava smorzato e cullante, su verso di lui, il dolce e grossolano valzer della vita.”
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Commenti
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In questo i classici differiscono dai romanzi contemporanei, nella loro modernità, le loro tesi sono vere oggi come allora! Bel commento, complimenti! Lo voglio leggere anch'io!
Ahimè: Torless mi manca, Laura. Mi farai sapere.
Vorrei sapere quanti dei frequentatori di questo sito non si sono mai fatti questa domanda, Claudia. Per me, sono pochissimi.
Ciao a tutti. Ciao Annamaria.
Inoltre Musil non mi è piaciuto, ahimè!!
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