Dettagli Recensione
Una grande mente
Sir Arthur Conan Doyle è stato un versatile scrittore scozzese di grande importanza artistica, considerato il fondatore, insieme ad Edgar Allan Poe, di un sottogenere letterario importante come il giallo deduttivo.
Il personaggio del geniale investigatore Sherlock Holmes è ancora oggi, a distanza di 128 anni dalla sua creazione, il più celebre tra tutti i detective della letteratura poliziesca.
È curioso il fatto che il rapporto tra Doyle ed il personaggio da egli stesso creato sia stato, secondo varie fonti, difficile e burrascoso. Pare infatti che l’autore non apprezzasse particolarmente il fatto che la fama del detective letterario avesse superato quella del suo ideatore. Il clamoroso successo di Holmes ha infatti messo in ombra altre produzioni di Doyle, appartenenti a generi che il nativo di Edimburgo apprezzava maggiormente, come i romanzi di avventura o quelli fantastici.
Ne “Uno studio in rosso”, datato 1887 e primo dei quattro romanzi incentrati sulla figura di Holmes, viene descritto il casuale incontro tra Sherlock ed il Dottor Watson, medico reduce dalla guerra in Afghanistan e narratore della vicenda, considerato l’alter ego dello scrittore.
Entrambi in cerca di una casa, si ritrovano, grazie ad una conoscenza comune, a condividere un appartamento all’indirizzo 221B di Baker Street, Londra.
Watson capisce subito di trovarsi di fronte ad un individuo singolare, e la sua curiosità aumenta quando scopre che Sherlock collabora con la polizia in qualità di investigatore privato ed è anche sostenitore di coraggiose teorie sul metodo scientifico e sulla deduzione intuitiva applicate alla criminologia.
La storia è divisa in due parti. La prima sezione verte sull’incontro tra i due protagonisti ed arriva alla scoperta del colpevole, mentre la seconda mira ad analizzare, attraverso un lungo flashback, i motivi che hanno spinto l’assassino a compiere il delitto.
Se nella prima parte spicca la personalità eccentrica, sarcastica, carismatica ed imprevedibile di Holmes, nella seconda emergono numerosi approfondimenti esotici, culturali e religiosi.
Doyle utilizza uno stile accattivante, divertendo il lettore con un raffinato sense of humour rigorosamente britannico e sfruttando le differenze tra i due protagonisti. Emblematico è il rapporto che i due personaggi hanno con le proprie deduzioni. Holmes, quando intento a riflettere, passeggia, parla da solo, lascia fluire le proprie osservazioni senza mai dimenticarsi niente, mentre Watson deve necessariamente riordinarle e scriverle su carta. E così dopo aver conosciuto Sherlock sente il bisogno di appuntarsi l’elenco dei rami del sapere in cui il detective sembra non avere segreti, nel vano tentativo di inquadrarlo meglio.
“Uno studio in rosso” è un giallo senza tempo, così come lo sono Holmes e Sir Arthur Conan Doyle, che ha avuto il merito, come tutti i precursori, di anticipare i tempi ed indirizzare i propri successori.
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Sherlock Holmes è invece il primo vero investigatore, creato per essere verosimile, che agisce sul campo e verifica di persona, il capostipite del giallo deduttivo.
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