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La figlia del Capitano
 
La figlia del Capitano 2015-04-08 17:00:28 enricocaramuscio
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    08 Aprile, 2015
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Vissero tutti felici e contenti

Nella seconda metà del diciottesimo secolo la Russia di Caterina II viene messa a soqquadro da una serie di movimenti rivoluzionari che tendono a sovvertire l’ordine stabilito e che vedono come grande protagonista il sanguinario cosacco Pugacev. In questo contesto storico brutale ed irrequieto, Puskin dipinge una delicata ed incantevole storia d’amore capace di resistere ad ogni ingiustizia, sopruso, peripezia gli si pari davanti e di trionfare sul male imposto dagli uomini e perfino su un destino sempre pronto a mettere il bastone fra le ruote. Tra le mura della fortezza di Belogorsk nasce e si alimenta di giorno in giorno un tenero sentimento tra Maria Ivanovna, figlia del comandante del suddetto reggimento, e il giovane alfiere di nobili origini Petr Andreevic. Il loro legame, tanto forte ed intenso, deve sin da subito fronteggiare le più disparate difficoltà, dalla timidezza di entrambi all’opposizione dei genitori di lui, fino alle insidie del subdolo Svabrin, commilitone di Petr Andreevic, anch’egli innamorato della bella Mascia. Ma il colpo più forte ai rosei progetti dei due innamorati lo sferra lo spietato Pugacev, assaltando e conquistando la fortezza e dividendo le strade dei nostri protagonisti. Petr Andreevic tuttavia non si arrende e, forte di una sorta di benevolo occhio di riguardo di Pugacev nei suoi confronti, fa di tutto per riuscire a stringere definitivamente la bella Maria Ivanovna tra le sue braccia. Probabilmente, dal punto di vista della trama, la storia raccontata da Puskin può apparire un po’ banale e buonista, la classica favoletta a lieto fine in cui, dopo le immancabili difficoltà, vissero tutti felici e contenti. Si potrebbe porre qualche critica anche alla presentazione del contesto storico la cui visione appare unilateralmente a favore della parte “zarista”. La rivolta dei cosacchi, infatti, era dettata dalle terribili ingiustizie del sistema sociale e puntava al riscatto dalla servitù della gleba. Ma di questo non vi è neanche un accenno e gli uomini di Pugacev vengono semplicemente dipinti come dei barbari sanguinari e usurpatori a cui si oppongono i virtuosi e irreprensibili difensori della corona. La valutazione dell’opera va quindi fatta tenendo ben presente l’epoca storica in cui è stata scritta e il contesto politico e sociale in cui nacque e visse Puskin (aristocratico e figlio di un militare in congedo). Tuttavia non si può certo negare l’altissimo valore letterario di un libro scritto divinamente, con una prosa ai limiti del lirismo, un’attenta caratterizzazione dei personaggi, una grande cura dei particolari. Tutte qualità che fanno sì che quest’opera venga ritenuta, a pieno titolo, una delle pietre miliari della grande letteratura russa.

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Commenti

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il lieto fine insomma è scontato-
ottima recensione che mi invoglia alla lettura-
ciao paola
molto invogliante, Enrico!
Bella analisi, Enrico.
Anche a me il libro è piaciuto. Lo stile è, ovviamente, quello di un grande scrittore.
Bel commento, non ho ancora letto l'opera ma l'analisi che ne hai fatto mi ha incuriosita. Ciao Enrico
Grazie a tutti ragazzi...lo stile eccelso di Puskin compensa la pochezza dei contenuti.
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