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Il migliore dei mondi possibili?
"Che cos'è l'ottimismo?" diceva Cacambò.
"Ahimè!" disse Candido "è la smania di sostenere che tutto va bene quando si sta male".
Con queste parole Voltaire, uno dei capisaldi del grandioso Illuminismo francese, si contrappone per bocca del protagonista alla filosofia di Leibniz. Secondo l’ottimismo metafisico da quest’ultimo propugnato e incarnato da Pangloss (nome che vuole essere una presa in giro ai seguaci di Leibniz), precettore di Candido, l’uomo vive nel migliore dei mondi possibili, coinvolto in una serie di avvenimenti che tendono necessariamente al bene. Questa convinzione, all’inizio fortemente radicata nel protagonista e a lungo difesa, deve tuttavia fare i conti con un incredibile susseguirsi di accadimenti in cui il caso manifesta instancabilmente le sue infinite possibilità capovolgendo ogni certezza. Se dunque il bello diventa brutto, il ricco diventa povero, addirittura il morto torna vivo, allora risulta palese che l’inspiegabilità delle cose umane non segue alcuna regola cosmica definita; di conseguenza ogni discorso metafisico o pseudo-tale si rivela puro concetto che svuota la mente degli uomini.
In questo breve racconto filosofico dal ritmo veloce come lo scorrere della vita, l’acuto Voltaire demolisce con spirito satirico la sterilità del cieco ottimismo leibniziano, ponendone le falle sotto gli occhi di tutti; non per questo tuttavia egli propone un’esaltazione del pessimismo. Tutt’altro. Il sottile gioco d’intelligenza messo in atto dall’autore francese è finalizzato alla presa di coscienza dell’innegabile esistenza del male; questa amara consapevolezza deve essere però affrontata con un ottimismo più ragionato e produttivo, mirato a riconoscere che, pur non essendo il migliore possibile, il nostro è l’unico mondo possibile. La conclusione, memorabile, di Candido rivela il modo di vivere più adatto: “dobbiamo coltivare il nostro giardino”.
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