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IL DEMONE CHE è IN NOI
“Ci sono degl'istanti, non più di cinque o sei secondi ogni volta, in cui lei avverte la presenza dell'eterna armonia pienamente raggiunta.In quei cinque secondi io vivo tutta una vita, e per essi sono pronto a dare la vita perchè ne vale la pena”
Mai lettura per me fu più complessa e inquietante.
Una perfetta miscellanea di complicati temi(politica, idee rivoluzionarie, l’ancestrale lotta tra bene e male, il delitto), che danno vita a un’opera affascinante, a tratti folle, incentrata sulle emozioni di un’intera folla di personaggi.
Ma chi sono questi fantomatici demoni? Difficile stabilirlo.
Dostoevskij non ci aiuta, non ci da una definizione certa, di certo possiamo intuire che non sono le persone(anche se alcuni di loro sono dei veri e propri esempi viventi di nequizia), possono essere le idee che pervadono il nostro spirito e offuscano la nostra ragione, possono essere le vicende di un passato oscuro che si presenta di nuovo ai nostri occhi, possono essere le nostre dissolutezze, i nostri vizi…non possiamo stabilirlo, il demone può essere una fissazione positiva o una gioia negativizzata.
A prima vista la trama sembrerebbe semplice e lineare, c’è un ragazzo ingenuo e svagato, tal Stephan Trefamovic, che s’innamora perdutamente della dispotica ed eccentrica Varvara Petrovna.
A questa storia il magistrale Dostoevskij unisce altre storie, altri personaggi, fino a far diventare questo romanzo un’insieme di voci, di personaggi, di pettegolezzi che si susseguono pagina dopo pagina, in un’atmosfera misteriosa e inquietante.
Tra questa moltitudine di personaggi due spiccano per complessità: Petr Stepanovic Verchovenskij e Stavrogin
Petr Stepanovic(Dostoevskij si ispirò per questa figura letteraria a un tal Sergej Necaev, seguace del rivoluzionario e filosofo russo Michail Bakunin) è uno dei personaggi più infidi che si possano incontrare, un mistificatore dalle mille parole, un personaggio abbietto, che dice di voler fare la rivoluzione, ma che in realtà non crede in nulla, a parte sé stesso.
Stavrogin è il più profondo e il più complesso di tutti…fin dall'inizio si distingue per la sua cattiveria, è il male allo stato puro, è molto temuto e amato, sa essere violento, ma anche freddo, tranquillo, sorridente, affascinante nella sua malvagità.
Gli altri personaggi sembrano esser fatti apposta per far emergere la sua figura, di lui si parla spesso con un senso di mistero o d'attesa, lui è presente anche se fisicamente non appare in tutte le scene.
Stavrogin è affascinante come solo il Male sa essere, è in grado di essere gentile, di essere cortese, affabile con gli altri, ma sotto quel sorriso e quel fascino si avverte l'oscura presenza del Male.
Scrive il narratore: "Se qualcuno l'avesse colpito sulla guancia, egli, secondo me, non lo avrebbe nemmeno sfidato a duello, ma avrebbe senz'altro, lì sul posto, ucciso l'offensore: era appunto di quelli, ed avrebbe ucciso con perfetta coscienza, e non in un momento d'esaltazione”.Anche in preda a una collera feroce è in grado di rimanere freddo, di conservare il suo “sangue freddo”, un calcolatore nato, questa è la giusta definizione per lui.
Lui è l’emblema, il simbolo dei demoni, in lui troviamo il male, le tenebre, il mistero, la morte, tutti racchiusi in lui, nel suo animo di persona profondamente cattiva ma pericolosamente irresistibile.
Romanzo difficilissimo, che contiene dentro di sé tantissime sfaccettature, impossibili da catturare a una prima lettura.
Molti i temi proposti, che rappresentano un modo per scrutare attentamente in noi stessi, nelle nostre ansie e nelle nostre utopie.
E’ un romanzo dove molti personaggi sembrano in preda a una follia latente, ma dove la pazzia ha sempre un significato sostanziale, l'introspezione di se stessi, l'emancipazione del proprio essere e il desiderio di liberarsi da un passato oscuro e nebuloso.
Ma a questi aspetti positivi si unisce un qualcosa di laido, non solo nei personaggi volutamente descritti dall’autore in modo negativo, ma anche in quelli positivi, che nascondono dietro a una facciata di bonomia presunzione e sconsideratezza.
Un romanzo affascinante, che nonostante le sue ottocento pagine si legge in brevissimo tempo grazie allo stile scorrevole e pulito di Dostoevskij, un libro che ha bisogno di un’attenta analisi e di diverse riletture per poterne assaporare al meglio la sua grandiosità, ma che lascia dentro un turbamento dei sensi tale da non poter quasi più respirare.
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Un libro da rileggere.
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Ferruccio