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Non c’è salvezza nel grande gioco del potere
Indubbiamente Conrad è un grandissimo narratore, probabilmente uno dei più grandi. E' incredibile pensare che l'inglese fosse per lui una lingua appresa, addirittura la terza dopo polacco e francese. Forse proprio lo sforzo che presumibilmente doveva fare per rendere in inglese le sue sensazioni fa sì che il suo linguaggio sia così ricco e suggestivo.
Ne L'agente segreto si rivela anche un maestro della suspance: sa creare tensione ed attesa, sa rallentare in modo sublime le azioni che si svolgono nelle scene centrali del romanzo, tanto da rendere quasi insopportabile la lettura, tanta è l'ansia che si crea intorno a quello che sta accadendo; usa una tecnica narrativa che non segue esattamente lo svolgersi temporale degli avvenimenti per permetterci di scoprirli a tempo debito. Non intendo entrare in particolari raccontando pezzi della storia, che va innanzitutto gustata per quello che è -un bellissimo thriller- ma posso assicurare che alcuni capitoli sono davvero memorabili, per l'avanzare lento dell'azione, sempre accompagnato dall'introiezione nella psicologia dei personaggi in essa coinvolti; su tutti, il capitolo XI, che da solo merita la lettura del libro. Non stupisce che Alfred Hitchcock abbia tratto dal libro il film Sabotaggio (Sabotage o The Woman alone, 1936) anche se non si tratta di uno dei suoi capolavori e “tradisce” il romanzo.
Il fascino maggiore del libro deriva comunque, come spesso capita negli autori più grandi, dalla stratificazione dei livelli che lo compongono. Quello della storia in sé è naturalmente il più immediato da percepire, ma a questo si accompagna subito quello dell'atmosfera generale del libro, che è cupa e torbida come la storia. Tutti i personaggi che si affacciano nella storia sono brutti, grotteschi, a volte deformi, inadeguati rispetto al ruolo che intendono assumere, quando non decisamente malvagi. Tutti sembrano essere semplici pedine di un gioco molto più grande di loro, di cui è impossibile capire le regole, chi le ha stabilite, ma anche ribellarsi ad esse. In questo senso Mr Verloc, il protagonista, è esemplare: pur essendo un personaggio decisamente negativo, responsabile di nefandezze e codardia, pure fa quasi pena, e Conrad si premura di descrivercelo nella sua intimità familiare come un marito premuroso. Abbastanza paradossalmente rispetto all'andamento della storia quasi ci si affeziona a questo pasticcione, vittima predestinata dell'azzardo con cui conduce l'esistenza. Quasi caricaturali, poi, sono i tratti del gruppo di anarchici frequentato da Verloc, ciascuno fortemente tipizzato ma tutti caratterizzati da una infinita distanza tra ideali sbandierati e comportamenti concreti. Infine, una menzione particolare merita Mrs. Verloc, che da figura apparentemente sbiadita e secondaria si trasforma, all'acme del romanzo, nel vero deus ex machina.
Anche la città in cui si muovono questi personaggi, Londra, è sempre umida e nebbiosa, sporca, fatta di vicoli solitari e bui oppure brulicante di gente ignara ed indifferente ai drammi che si stanno consumando.
Se questi sono i punti di forza del libro, non è possibile tacere anche quelli che secondo me ne sono i difetti. Dal punto di vista della storia credo che Conrad avrebbe potuto finire prima: gli ultimi due capitoli sembrano posticci, e corrono il rischio di trasformare una storia perfetta in un melodramma. Mi piacerebbe chiedere all'autore cosa lo ha spinto a scriverli: forse il bisogno di portare sino alle estreme conseguenze il senso di mancanza di qualsiasi possibilità di riscatto che il libro trasmette. Secondo me ha ecceduto (ma chi sono io per affermare ciò?)
C'è poi la valutazione “politica” del libro, che indubbiamente ha il grandissimo pregio di denunciare il cinismo e l'amoralità del potere, ma che, come detto, riduce chi a questo potere si oppose, in quell'epoca storica, a poco più che macchiette o a soggetti dotati dello stesso cinismo ed amoralità (è il caso del professore, personaggio che non a caso chiude il libro). Ritengo che la storia del pensiero rivoluzionario a cavallo tra '800 e '900 non possa essere ridotta alla caricatura che ne fa Conrad, anche se questa è ovviamente perfettamente funzionale al messaggio disperante che il libro ci vuole trasmettere.
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