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Una pausa prima del filotto
Il giocatore è un romanzo costruito secondo uno schema consueto in Dostoevskij. E’ scritto in prima persona, il protagonista è un giovane che si trova ad intervenire in una complessa vicenda familiare, è innamorato della protagonista femminile, è in qualche modo inadeguato ad affrontare le situazioni che gli si presentano, finendo per divenire un ulteriore elemento di disordine. Anche in questo romanzo oltre a quella del protagonista-narratore, spiccano la figura di un ricco uomo di mezza età e quella di una giovane donna.
E’ come detto uno schema narrativo tipico di Dostoevskij, che ho ritrovato in sia in Umiliati e offesi sia ne L’adolescente, di recente letti.
Questa volta però, a mio avviso, lo schema non funziona sino in fondo. I personaggi principali, il Generale e Polina, ed anche lo stesso protagonista-narratore Aleksej Ivànovic, sono sbozzati male, mancano di quella carica di umanità (anche negativa) e di rappresentatività sociale che ha fatto degli analoghi personaggi dei due romanzi prima citati dei personaggi immortali. Si percepisce, in definitiva, che il romanzo è stato scritto in un solo mese per onorare un impegno contrattuale e salvarsi dalla rovina economica (proprio a causa del gioco).
Pur con questi limiti strutturali, si deve comunque dire che Il giocatore rimane ovviamente un grande romanzo. E’ grande soprattutto nel tono, che è quello del Dostoevskij gogoliano, ironico e satirico.
La componente satirica è in particolare legata alla analisi del microcosmo di piccola nobiltà cosmopolita che frequenta la città tedesca di Roulettenburg (sic!) ed alla possibilità fornita a Dostoevskij di descrivere sia il provincialismo dei russi all’estero sia i caratteri (per la verità un po’ stereotipati) dei vari rappresentanti delle nazioni europee: il rigido e formale barone tedesco, il gretto e venale marchese francese (cui si accompagna l’inevitabile cocotte), il freddo e distaccato borghese inglese. Emerge dal romanzo come Dostoevskij ce l’avesse in particolare con i francesi, che vengono letteralmente presi a pesci in faccia in varie parti del libro.
Il tono ironico, ed a tratti anche comico, raggiunge il suo apice nell’episodio della calata a Roulettenburg della nonna, che viene presa dalla smania del gioco e dilapida il suo capitale sotto gli occhi attoniti della famiglia che contava sulla sua morte e sulla conseguente eredità. La figura della nonna, che pure è presente solo una piccola porzione del romanzo, è senza dubbio, secondo me, la più riuscita tra i vari personaggi, proprio per il fatto di essere quella più aderente al tono complessivo del racconto.
Il giocatore può essere considerato in definitiva una sorta di commedia di costume, e la sua trama, opportunamente riadattata, potrebbe servire da spunto per il cinema italiano, se ancora esistesse un cinema italiano.
Certo un autore come Dostoevskij ci ha abituato a ben altro spessore narrativo: come accade anche in molti altri autori, tuttavia, le necessità della vita portano a convogliare il talento su testi vendibili, e forse è proprio questo che ha avuto in mente il nostro mentre dettava ad Anna Grigorievna Snitkina (sua futura moglie) questo romanzo. Prendiamolo quindi come una pausa che Dostoevskij si è preso prima di sparare quell’incredibile serie di colpi maestri che va da Delitto e castigo a I fratelli Karamazov.