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Un Picaro nell'India del VI secolo a.C.
È la ricerca dell’assoluto ciò che induce Siddharta ad abbandonare la casa paterna. Un percorso di conoscenza attraverso il dolore, che lo porterà inizialmente a spogliarsi degli inutili orpelli della vita, per raggiungere quella purezza di spirito che è il fine ultimo del suo viaggio.
Svuotarsi dei desideri, privarsi del cibo, delle bevande, di ogni gioia e di ogni sofferenza, è la condizione unica per risvegliare il grande mistero che giace in fondo all’ essere. È così che Siddharta giunge alla mortificazione del suo corpo, per esaltare il suo spirito, seguito dal fedele Govinda. Egli è il grande Samana, il grande pellegrino, che tuttavia non riesce ad abbracciare nessuna dottrina, neanche la dottrina del Buddha, perché essa gli impedirebbe di scendere a fondo nel suo io e di conoscere la vera natura del suo essere, di giungere all’illuminazione.
Rimasto solo, Siddharta prosegue il suo viaggio che lo allontana dal proposito di esaltare il suo spirito, mortificando il suo corpo e giunge dunque a conoscere i piaceri dell’amore tra le braccia dell’etera Kamala. Sperimenta la vita nella ricchezza nel lusso e nella lussuria per lungo tempo, fino al giorno in cui il suo spirito risorge e gli impone di lasciare quei luoghi dove ha vissuto nell’ozio e nella prepotenza troppo a lungo.
Solo l’incontro con Vasudeva sollecita la consapevolezza di Siddharta, che capisce quale grande errore sia voler scindere nell’uomo la sfera spirituale da quella materiale. Solo il giusto equilibrio tra corpo e spirito può rendere l’uomo parte armoniosa dell’universo. Ed è il fiume, a questo punto della narrazione, che assume un ruolo fondamentale. Il fiume, con il suo scorrere, rappresenta simbolicamente la vita e tuttavia è proprio il suo scorrere a sovrapporre il presente al passato, proiettandosi verso il futuro. Piani temporali che suggeriscono l’idea dell’eternità. Hesse ha certamente assimilato le teorie filosofiche di Eraclito, con il suo principio del panta rei, insieme allo stesso paradosso di Zenone che dimostrava il principio del non movimento, per non parlare delle moderne teorie bergsoniane del tempo come un unicum tra passato presente e futuro.
Non è solo, tuttavia, la componente filosofica a fare di questo romanzo un grande saggio sui valori della vita. Non è meno importante la tendenza moralistica e didascalica che riguarda più da vicino il rapporto padre-figlio. Con dolore e amarezza Siddharta dovrà rassegnarsi a lasciar partire il figlio nato dalla sua unione con Kamala. Solo in quel momento realizzerà quanto doveva aver sofferto prima di lui suo padre, nel momento in cui egli aveva deciso di lasciare la casa paterna. Suo figlio, come lui stesso, anni prima, compirà errori, soffrirà nelle sue peregrinazioni nel mondo. Non ci sarà protezione, né riparo, né rifugio. È l’esperienza che porta alla conoscenza, è il libero arbitrio la massima facoltà che si concede all’uomo.
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Grazie Anna Maria, bellissima la tua interpretazione...
Pia
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