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Le deformità
“Fu un'unanime acclamazione. Tutti si precipitarono verso la cappella. Ne fecero uscire in trionfo il fortunato papa dei folli. Ma fu allora che la sorpresa e l'ammirazione raggiunsero il loro culmine. La smorfia era il suo vero volto. O piuttosto l'intera sua persona era una smorfia.”
Quasimodo il “gobbo”, il “guercio”, lo “sciancato”. Quasimodo “brutta scimmia”. Quasimodo in tutti gli appellativi che possono venire in mente al sottobosco parigino, nell'unico giorno dell'anno aperto all'ingiuria, alla bestemmia, alla dissacrazione delle autorità civili e religiose.
E' il giorno della Festa dei folli quello in cui si apre una delle maggiori opere della letteratura europea, che permette a Victor Hugo di esordire in modo “pirotecnico” (forte di una enorme padronanza delle scene corali) e di introdurre i primi personaggi di questa storia, imponente come la cattedrale da cui prende il nome.
Personaggi come la zingara Esmeralda, il capitano Phoebus, lo sfortunato ed esilarante poeta Gringoire (che, “eliminato” in alcune trasposizioni cinematografiche dell'opera letteraria, è invece il primo a prendere per mano il lettore e guidarlo alla scoperta di Parigi e delle sue bellezze e contraddizioni). Così come personaggi veri e propri divengono la borghesia, il clero, la nobiltà, il volgo: perché Hugo ha la capacità di far vivere una categoria o una massa come siano singoli protagonisti.
Dalla Festa dei folli ci si trova catapultati in un attimo alla Corte dei miracoli, il luogo nel quale tutti i diseredati della città si radunano e mutano in una cosa sola (all'insegna del motto per cui l'unione fa la forza); là dove il povero Gringoire, in quanto estraneo, evita l'impiccagione per un pelo.
E' a questo punto della storia che il suo autore – anticipando una tecnica narrativa oggi diffusissima – torna indietro nel tempo attraverso successivi flashback, e ricorda chi sia Quasimodo, come sia diventato il campanaro della cattedrale e tutt'uno con essa, e quanto debba per questo all'arcidiacono Claude Frollo. Per poi riprendere il corso del racconto.
“Notre-Dame de Paris” è un classico romanzo ottocentesco: grandiosità delle scene ma anche capacità introspettiva, ricercatezza dello stile e velocità di sviluppo al tempo stesso. Se è vero che la scrittura di Hugo è spesso indiziata di ridondanza, ci si dovrebbe chiedere quanto ciò contribuisca alla grandiosità delle sue opere, e, al loro interno, dei personaggi principali.
Maestoso è il ritratto dell'arcidiacono Frollo, che – lungi dell'essere l'inguaribile malvagio dipinto dal disneyano “Il gobbo di Notre Dame” – è una figura complessa, descritta benissimo da Hugo fin dalla giovinezza del personaggio: prete erudito ma anche appassionato alchimista, studioso solitario ma fratello premuroso, fustigatore di costumi ma salvatore del bestiale Quasimodo.
Già: Quasimodo. La gente lo vede camminare assieme al prete, come il cane con il suo padrone, e distingue in fretta ciò che li rende comuni: l'uno è deforme nel corpo, l'altro nell'anima. Hugo colpisce nel segno quando spinge al massimo questo elemento di identità-opposizione tra le due figure e disegna un unico personaggio, una sorta di paradossale Giano bifronte. Perché ha in mente la successione di eventi che porterà Quasimodo a sopprimere questo collegamento con un eclatante gesto di ribellione. Il gobbo di Notre-Dame, sciancato e guercio, deforme e sordo, guadagna il centro della scena nei momenti finali della vicenda, e un posto d'onore tra le figure più note della letteratura ottocentesca.
“(...) per coloro i quali sanno che Quasimodo è esistito, Notre-Dame è oggi deserta, inanimata, morta. Si sente che qualcosa è scomparso. Quel corpo immenso è vuoto; è uno scheletro; lo spirito lo ha abbandonato, se ne vede la dimora, ecco tutto. E' come un cranio in cui vi siano ancora le orbite, ma più nessuno sguardo.”
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Commenti
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difficilissimo commentare certi colossi
No, non è facile commentare libri del genere, Silvia: in effetti, tra tanta grandiosità rischi di perderti.
A Laura, Emilio e Mian dico che è una storia assolutamente da leggere: l'ho iniziata convinto di conoscerla già, soprattutto grazie a quel che avevo visto di ispirato al libro, e mi sono accorto che invece non ne sapevo nulla. Una bellissima lettura.
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Bravo.
Saluti
Riccardo