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Il castello
 
Il castello 2014-12-18 20:29:08 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    18 Dicembre, 2014
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L'illusione di una prospettiva

Leggi “Il castello” di Kafka e, se conosci Dino Buzzati, ti balena per un attimo l'idea di assistere ad un meraviglioso riflesso... E' come essere, rispetto a “Il deserto dei tartari”, dall'altra parte dello specchio.
In quest'ultimo romanzo, il giovane tenente Drogo è rinchiuso in una fortezza militare, nell'attesa spasmodica di affrontare un nemico che, nella visuale del suo binocolo, non appare mai. Mentre l'attesa si prolunga di giorno in giorno, per settimane, mesi, anni...
Al contrario e allo stesso modo, l'energico agrimensore K. giunge nel villaggio da forestiero, ed aspetta ogni giorno di fare ingresso in quel castello che domina dall'alto il paesino, tanto da ridurlo a sola sua appendice. E' K., stavolta, a provare ad entrare... senza riuscirci. Come se l'avanguardia dei Tartari sia finalmente arrivata, ma – beffa delle beffe – non riesca a trovare il modo di assalire la fortezza.
Ancora una volta la burocrazia. Che già aveva fermato l'altro famoso K. di Kafka – il bancario de “Il processo” – sino a ridurlo strumento nelle mani di una giustizia tanto impersonale quanto inesorabile. Adesso è altrettanto precisa nel respingere l'agrimensore K. quanto più egli prova a farsi ammettere nella ristretta cerchia dei lavoranti al Castello.
E sì che, per quel che risulta, era stato proprio il Castello a chiamarlo, giacché c'era bisogno di un agrimensore. Poi, tra portinai, sottoportinai, telefonisti, burocrati di alto livello (come l'ineffabile Klamm), sindaci e aiutanti di sindaci, anche questa minima certezza svanisce: forse di un agrimensore, in quel posto, non c'è affatto bisogno... forse il buon K. non risalirà mai da quel “sottobosco” di rassegnati contadini, calzolai, irascibili maestri di scuola, coriacee ostesse e servitori d'osteria che a prima vista doveva aver considerato così lontani da sé.

La materia con cui Franz Kafka plasma i propri incubi non è la paura: è la frustrazione. La ripetizione continua di un tentativo che finisce per avvitarsi in una spirale, per perdersi in un labirinto, in un luogo al quale il fallimento stesso si attacca come un qualcosa di fisico, prendendo i volti di persone che parlano parlano parlano, e sembrano sapere tutto quello che i protagonisti kafkiani non sanno... ma in realtà ne sanno anche meno. E' quanto basta, però, perché agrimensori e bancari si smarriscano, perdano il loro tempo, fino ad esaurirlo del tutto.
All'uscita dei labirinti kafkiani non c'è una soluzione (per quanto lontana), ma un orologio che suona il rintocco: perché quella – in verità (e grazie ad un'altra illusione dello scrittore praghese) – non è l'uscita, ma il pieno centro del labirinto, dal quale nessun K. riuscirà mai ad evadere...
Intanto, nel loro inesorabile scorrere, il tempo e l'attesa calano come fitta nebbia, tanto alle pendici di un castello quanto nel bel mezzo del deserto... L'uomo e la sua esistenza, in tutto questo, non sono che un trascurabile accidente...

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Consigliato a chi ha letto...
"Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, "Il processo" di Kafka.
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Commenti

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siti
19 Dicembre, 2014
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Ciao Rollo, i miei preferiti in un unico commento. Che belle letture e che piacere leggere di tali illusioni...Perfetto!!!
Bel commento Rollo, mi hai convinto ad inserirlo tra i libri di prossima lettura!
Pochi autori sono diventati un'antonomasia (l'aggettivo kafkiano, che tu stesso hai utilizzato più volte nel tuo bellissimo commento)... Kafka è uno di questi...
Sempre stimolante leggerti :-)
Ciao,
Bruno
Rollo, bella analisi di questo interessante e molto originale libro.
Ho letto le altre opere da te citate, mi manca proprio Il castello!
Bella analisi, Rollo. Che coincidenza aver letto Kafka nello stesso periodo!
Non mi piace Kafka dai tempi delle scuola.....(sarà che il poco amore verso i miei docenti di lettere si rifletteva nei libri che mi obbligavano a leggere :-)!!!), ma il tuo commento mi ha incuriosito, così l'ho inserito nella mia wish list! Bravo e grazie per i consigli!!
Grazie a tutti.

A MrsRiso ed Elvio devo senz'altro dire che, non avendo letto granchè di Kafka, "Il processo" può rappresentare l'opera che più appassiona all'autore. Certo anche "Il castello" è un'opera rappresentativa della "filosofia" di Kafka: va ricordato che anch'essa è incompiuta, come tutte le opere di Kafka... Solo che qui, mente nel Processo il finale è totalmente delineato, è proprio la parte finale a lasciare spazio all'immaginazione (non troppo spazio, per la verità).

Che dire a Silvia, invece? Leggendo quest'ultimo, tra i tre romanzi dello scrittore praghese, troverai senz'altro più Processo che America...

Mentre ad Annamaria svelo che la coincidenza era nelle statistiche: leggo spesso Kafka... Non appena mi riuscirà, recensirò qualche racconto (la Metamorfosi è il mio preferito, ma consiglio anche Nella colonia penale, che ha una sua geometrica inquietudine).

Ringrazio ancora tutti voi: mi lascia soddisfatto riuscire ad attirare qualcuno verso questo particolare scrittore del recente passato...
Complimenti Rollo, davvero! Il romanzo è incompiuto, ma di autori come Kafka varrebbe la pena leggere anche la lista della spesa :-)
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