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Storia di un misogino "indotto"
“Volete fare di noi soltanto degli oggetti del desiderio fisico: bene, in quanto oggetto del desiderio vi renderemo schiavi.”
L'amore, di cui tanto si parla, è il vero grande assente di questo romanzo breve. Non nel senso che non lo si nomini (anzi!), quanto perché ne esce totalmente negato. Ad additarlo come sentimento “falso”, inesistente, come paravento di ben altra realtà nei rapporti tra i due sessi, è un certo Pozdnysev. E' nello scompartimento di un treno dalle lunghe percorrenze che egli – all'unica persona disposta ad ascoltarlo – confesserà di essere un uxoricida, e racconterà perché il suo delitto sia stato in realtà il punto culminante di una parabola segnata da inconsapevolezza e disillusione.
Ogni possibile punto di incontro tra donna e uomo esce demolito da quest'opera di Tolstoj. Il rapporto tra i due sessi, nell'opinione esternata dello scrittore russo, si regge su tutto tranne che sulla comunanza di sentimenti: su un desiderio esclusivamente carnale, di possesso, che la donna spesso subisce, e che allora, non potendo far altro, cerca di volgere a suo vantaggio; su consuetudini sociali ciniche e massificanti, che invogliano e preparano l'uomo all'amore mercenario e ad un culto dello sviluppo della propria personalità assolutamente sbagliato.
Donna e uomo, secondo Tolstoj, non hanno la capacità di instaurare un rapporto che si basi sulle leggi di natura (le stesse che osservano gli animali, quando finalizzano i loro contatti alla perpetuazione della propria razza). E, nel rabbioso racconto di Pozdnysev, questa deriva appare quasi irrecuperabile, come se gli esseri umani abbiano imboccato già da tempo la strada sbagliata.
Ci sono due cose che colpiscono, in questa breve lettura:
- le osservazioni del protagonista inanellano un'impressionante serie di luoghi comuni sulla donna e sul suo rapporto con l'altra metà. Dunque, viene subito da chiedersi, è pensabile che ciò accada ad uno scrittore della levatura di Tolstoj? La possibile spiegazione finisce per capovolgere la visuale: è da ritenere che alla fine del 1800 queste opinioni non fossero affatto comuni, e che lo siano diventate proprio per la bravura dell'autore nel coglierle e proporle. In questo modo, il romanziere russo diviene un precursore, un narratore di eccezionale modernità. E tuttavia, v'è da dire, oggi le stesse opinioni appaiono come luoghi comuni perché in gran parte superate (soprattutto dal percorso di emancipazione femminile, che ha mutato la prospettiva del rapporto tra i sessi): ciò che appare pesare sulla piacevolezza del libro;
- le conclusioni esposte da Tolstoj (e confortate da un'ampia postfazione al romanzo, scritta successivamente, in risposta ad alcuni interrogativi provenienti dai lettori di allora) oggi verrebbero definite “fuori moda” o, peggio, retrograde. Solo un'operazione di contestualizzazione può rimettere il narratore russo entro un orizzonte di protesta verso i nuovi costumi che si diffondevano (e che comunque hanno prevalso, come è evidente ai tempi d'oggi).
In definitiva, un romanzo che pare necessariamente legarsi al suo periodo storico. Assolutamente da sconsigliare agli innamorati di ogni tempo!
Piccola postilla: certamente da consigliare è invece l'ascolto del brano da cui lo scritto trae il titolo (in quanto la moglie di Pozdnysev lo suona accompagnata dal virtuoso violinista che eleggerà a suo amante). La “Sonata a Kreutzer”, di Beethoven, è un piccolo gioiello della musica classica: per quanto ci è dato sapere dall'ultima moglie di Tolstoj, lo scrittore russo, ascoltandola, ne veniva fortemente influenzato, al punto da accentuare la sua predisposizione affettiva verso la consorte.
Commenti
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Il titolo stesso del libro riconduce alla bellissima sonata per violino e pianoforte, di Beethoven. Hai fatto bene a ricordarcelo.
Di Tolstoj avevo letto solo qualche brano di Guerra e pace, in precedenza. Penso però che la "seconda chance" gli sia dovuta, Valerio... Fermi restando i gusti di ognuno, naturalmente.
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