Dettagli Recensione
Amore, passione, morte
Amore. Passione. Morte.
Queste le tre parole-chiave del romanzo di Goethe, classico della letteratura tedesca ed europea.
Amore. Il sentimento che inizialmente Werther prova verso la giovane Lotte e che caratterizza essenzialmente il primo libro descrive poeticamente la donna, che risulta sacra, espressione di una bellezza pura, totalizzante e inviolabile che infonde dolcezza e non desiderio nell’animo dell’amante, fino a condurlo in una dimensione idealizzata di perfezione dove illusione e realtà non si distinguono più, perché è il cuore a dare forma alla realtà e a generare felicità. “La nostra anima che cosa diverrebbe senza l'amore? Simile ad una lanterna magica senza luce. Appena si mette la piccola lampada, ecco le immagini più varie appaiono sulla parete bianca. E nonostante siano fantasmi fuggenti, essi ci rendono ugualmente felici, quando sostiamo davanti ad esse, simili ad innocenti fanciulli, estasiati dalle meravigliose apparizioni.” Compaiono qui temi prettamente romantici, come l’immaginazione e il suo carattere illusorio che tanto crucciarono Foscolo e Leopardi, combattuti come il Werther sul dilemma “verità o felicità?”, e il rapporto di ammirazione e armonia con la natura, che si ammanta di una funzione sublimatrice.
Passione. Il passaggio dall’amore alla passione avviene nel momento in cui si fa strada la consapevolezza che Lotte, promessa sposa ad Albert, non potrà mai appartenere a Werther. Si rompe così l’illusione e il sentimento puro trapassa nell’eros portatore di disordine, scompiglio, inquietudine e malinconia, che Goethe ritiene il male maggiore della sua epoca. Si tratta infatti di un’epoca in cui non c’è posto per gli animi sensibili portati alla sofferenza. La ragione sovrasta il sentimento e verso quest’ordine Goethe prova un senso di repulsione di cui Werther si fa portavoce: «O persone ragionevoli!», esclamai sorridendo. «Passione! Ebbrezza! Delirio! Voi siete così impassibili, così estranei a tutto questo, voi uomini per bene! Rimproverate il bevitore, condannate l'insensato, passate dinanzi a loro come il sacrificatore e ringraziate Dio, come il fariseo, perché non vi ha fatto simili a loro! Più di una volta io sono stato ebbro, le mie passioni non sono lontane dal delirio, e di queste due cose io non mi pento perché ho imparato a capire che tutti gli uomini straordinari che hanno compiuto qualcosa di grande, qualcosa che prima pareva impossibile, sono stati in ogni tempo ritenuti ebbri o pazzi... Ma anche nella vita d'ogni giorno è intollerabile sentir gridare ogni qualvolta stia per compiersi un'azione libera, nobile e inattesa: "Quest'uomo è ubriaco, è pazzo!". Vergognatevi, uomini sobri! Vergognatevi, uomini saggi!». Scorgendo i primi tratti dell’edonismo e dell’estetismo dei futuri Wilde e D’Annunzio, Werther si manifesta come una sorta di primo dandy letterario, rinnegando il conformismo e la razionalità, elementi per natura lontani dall’uomo in quanto tale. Ecco che dunque Lotte diventa ossessione, la vita diventa inquietudine, il cuore diventa teatro di un’incessante tormento interiore, verso cui nemmeno la natura né gli affetti lontani possono più nulla.
Morte. “Tutto quello che gli era successo di sgradevole nella sua vita attiva, lo scandalo all'ambasciata, tutto quello che non gli era riuscito, che lo aveva fatto soffrire, passava e ripassava nella sua mente. Gli sembrava che tutto questo giustificasse la sua inerzia, che fosse tagliato fuori da ogni prospettiva, incapace di compiere uno qualsiasi dei gesti coi quali si risolvono le faccende della vita quotidiana. E così, completamente abbandonato alla sua singolare sensibilità, al suo modo di pensare e alla sua passione senza fine, nell'eterna monotonia di un rapporto così doloroso con quell'amabile e amata creatura, della quale distruggeva la pace, dando l'assalto alle proprie energie e consumandole senza scopo e ragione, si avvicinava sempre più alla sua triste fine”. Quando la passione svuota di ogni senso l’esistenza, null’altro resta all’uomo che la morte della sua anima e la scelta se porre fine alle sofferenze del cuore o continuare a vivere nel tormento interiore, se annullare la passione o permettere che essa ti annulli. Werther decide di porre fine ai suoi giorni, ma esprimere un giudizio morale su di lui non è possibile.
Il romanzo sorge nel secolo dell’Illuminismo, il secolo del progresso, della fiducia, dell’ottimismo, dell’ordine e della ragione. In radicale antitesi a tutto ciò, Goethe si fa precursore della sensibilità romantica in procinto di nascere sull’onda dello Sturm und Drang, risultando innovativo e polemizzante verso una società e una cultura che sviliscono, o forse fanno finta di non vedere, la parte più eminente della natura umana. “Cos'è mai l'uomo, il tanto esaltato semidio! Non gli mancan forse le forze proprio quando ne avrebbe maggior bisogno? Sia che s'esalti nella gioia, sia che sprofondi nel dolore, non è forse trattenuto e riportato alla cupa e fredda coscienza di sé mentre aspirava a smarrirsi nella pienezza dell'infinito?”. La ragione illude e non coglie la vera essenza della vita, che l’uomo può attingere solo vivendo le passioni e le inevitabili sofferenze che esse portano con sé: la vita è instabilità ed inquietudine; dove vi è ordine non vi è l’uomo.
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Commenti
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" Ragione o sentimento?"
Adoro Illuminismo e Romanticismo allo stesso modo dei grandi che si ritrovarono a cavallo di queste due espressioni dell'animo umano.
Laura
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Recensione colta, con un senso critico che la rende parecchio interessante.