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' Illusioni perdute '
Isabel, " inquadrata nella cornice (...) della porta, colpì il giovane come un bel ritratto di signora " .
Questo romanzo di H. James, ambientato negli anni '70 dell'Ottocento e pubblicato poco dopo, è un capolavoro, un libro bellissimo per stile, struttura narrativa, approfondimento psicologico, tutto pervaso da quel sottile senso dell'umorismo, tanto diffuso nella letteratura inglese, come pure dall'arte della conversazione, che spesso caratterizza il romanzo britannico. Un testo scritto veramente per chi ama il piacere della lettura e non disdegna la riflessione.
Capiamo come H: James, americano, amasse smisuratamente la cultura inglese, tanto da trasferirsi in Inghilterra e assumerne la nazionalità.
Protagonista della storia,che si dipana per circa sei anni, è Isabel, una ragazza americana orfana, che viene accolta in Inghilterra dalla facoltosa zia: in casa era considerata " l'intelletto ", ma anche una persona (troppo) originale. " Ella aveva un desiderio insaziabile di pensare bene di sé "; riteneva che "fosse necessario essere fra i migliori ";" aveva una speranza infinita di non dover fare mai nulla di male" e sosteneva che " se c'è una cosa al mondo che amo (...) è la mia indipendenza ".
Con queste premesse, dopo aver rifiutato il matrimonio con un giovane e affascinante Lord ed essere diventata ricchissima per un'inattesa eredità, non c'è da stupirsi che tutti si chiedano che cosa farà della sua vita e a quali vertici sarà capace di giungere.
La vicenda si sposta poi a Firenze e a Roma, dove Isabel frequenterà l'alta società degli stranieri, fra gran dame e uomini raffinati. Tra loro, un campione dell'estetismo sostiene che "bisogna fare della propria vita un'opera d'arte": in questo forse anticipa G. D'Annunzio. Ma la penna di James s'intinge volentieri nella piacevolezza dell'umorismo, sempre in modo lieve e per questo più gradito.
L'ambiente paesaggistico italiano è descritto meravigliosamente, con pennellate di generosa fascinazione. Ma c'è anche dell'altro: un dotto straniero sostiene che " l'Italia , comunque aveva guastato molta gente; lui stesso (...) riteneva che sarebbe stato un uomo migliore se non avesse trascorso lì tanta parte della sua vita. Faceva diventare pigri e dilettanti e mediocri; non offriva nessuna disciplina per il carattere ". Così ci vedevano e così sostanzialmente ci considerano.
L'ultima parte del libro, in particolare, presenta colpi di scena di altissima abilità letteraria: 'tutti i nodi vengono al pettine' , in modo sbalorditivo e, nel contempo, convincente: ciò che solo un grande scrittore riesce a fare.
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Commenti
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E' un libro che si legge agevolmente. Ha una scrittura lieve, con quell'umorismo ' inglese ' che non disturba l'andamento della vicenda.
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