Dettagli Recensione
Eros e Thanatos
Un cielo plumbeo ricopre Venezia. La città sospesa sul mare, tra sogno e realtà, dalla“bellezza adescatrice ed equivoca” è soffocata da una coltre rorida di malattia e di infezione. Le acque melmose della laguna ribollono, emanando un tanfo pestifero. Dalle finestre moresche delle facciate fuggono sospiri commisti all'odore pesante dell'acido felico. Pochi turisti passeggiano per piazza San Marco: mirano i colombi in volo ignari del morbo che le calli, i rii, i canali nascondono. Un mare grigio, debole, inerte sfiora la vuota spiaggia del Lido senza forze. Solo sporadici brividi di spuma.
Ecco! La funerea, lugubre gondola fa il suo ingresso sul Gran Canale. Lo attraversa lenta, solenne, inesorabile. Attracca. Una figura scura scende. I veli fittamente ricamati creano minacciose figure mosse da una gelida folata di vento (strano, siamo a maggio). Inizia la danza delle spade, sinuosa, muta e terribile. La dama senza volto non ha pietà, non risparmia nessuno. Il suo morbido bacio rappresenta la fine, è l'oblio che eterna la scomparsa. La Morte è a Venezia.
“Gustav Aschenbach, ovvero von Aschenbach (questo era diventato il suo nome ufficiale dal giorno del cinquantesimo compleanno),” è un celebre scrittore della Bassa Slesia, conosciuto e decantato in tutta Europa per la sua inflessibile moralità e per il suo elevato senso civico. Grande romanziere e impressionante saggista è l'esempio vivente della rettitudine, della probità. Nonostante il fisico debole, ha compiuti sforzi immani per creare i suoi capolavori e vi è riuscito grazie alla sua indefettibile volontà. “Perseveriamo” è il motto dello scrittore e del suo idolo, il grande Federico di Prussia. Insomma per chi vuole condurre una esistenza onesta e onorevole Gustav von Aschenbach è il modello da seguire. Un giorno, al cimitero del Nord di Monaco, la visione sinistra di uno strano individuo risveglia in lui un'insana voglia di viaggiare. Notando come il suo stile troppo sentenzioso necessiti di una rinfrescata , decide di partire per il Sud e attracca a Venezia che trova, però, umida e spenta. È sul punto di andarsene quando nella hall del suo albergo rimane incantato dalla visione di un meraviglioso quattordicenne polacco, Tadzio. I riccioli melliflui, l'incarnato eburneo, la grazia che emana questo efebico fanciullo sconvolgono l'anziano scrittore, che, per la prima volta, trova incarnata quella Bellezza alla quale aveva immolato la sua arte. Inizia così la discesa agli inferi di Gustav von Aschenbach...
Thomas Mann con questo brevissimo romanzo raggiunge l'apice dal punto di vista stilistico. La parola che in lui ha sempre brillato entra ufficialmente nell'Olimpo della Letteratura. La sua penna traccia in poche pagine una sinfonia delicata, elegante, malinconica che è musica, pittura, poesia. La morte a Venezia è un'opera d'arte totale che non ha nulla da invidiare a Wagner. La sua grandezza, la sua unicità sta nell'equilibrio e nella perfezione della forma improntata a un nuovo classicismo. Il Simposio di Platone e l' Erotikos di Plutarco scandiscono questa storia di Amore e Morte, di Eros e Thanatos attraverso immagini epiche, quali il carro alato del Sole al sorgere del mattino e l'ultima epifania di Tadzio. Tuttavia l'autore non dimentica la sua cara, inconfondibile ironia che raggiunge spesso il paradosso e la caricatura senza mai appesantire la storia e rovinare il ricamo che ha così mirabilmente tessuto.
La storia di Aschenbach sconfina nel mito, nel dramma, nella filosofia. Il graduale infiltrarsi del dionisiaco nello spirito apollineo del protagonista non può non rimandare a Nietzsche ma è soprattutto il nesso tra arte e vita che interessa al nostro autore. “L'arte è vita sublimata”: l'artista nella sua bramosia di conoscere riesce a cogliere il bello e a evocarlo mediante la parola, le note, lo scalpello, elevando la vita a una dimensione celeste. Tuttavia la passione, il fuoco interiore che lo divora, lo precludono dalla reale esistenza fatta di piccoli gesti quotidiani, da irripetibili gocce di intimità. La sua sete di vita gli impedisce di vivere perché la bellezza, la conoscenza “hanno simpatia per l'abisso, sono l'abisso medesimo”. L'arte ,allora, diviene malattia ed Eros lascia la scena al proprio gemello.
Da leggere assolutamente
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Commenti
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Lo leggo.
Pensa, proprio ieri cercavo un albergo il laguna. Venezia, che posto magnifico.
La tua recensione e' molto bella.
Lo stile di T. Mann difficilmente e' eguagliabile.
Hai scritto poesia allo stato puro penetrando un'opera che è la quintessenza dell'estetica decadente.
In più, mi hai fatto cogliere dettagli che non ricordavo ( o che forse non avevo colto! Le letture, spesso, sono così soggettive o egoriferite!).
Posso soltanto aggiungere, dalla mia, che Mann qui condensa tutta la bellezza di una Venezia agonizzante? Una bellezza ineffabile... non fosse che l'artista, lui sì, le sa trovare le parole adatte per rappresentare un gioiello che rimane incastonato nel cuore... di chi lo vede, di chi lo legge...
b
Grazie Bruno
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