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Il nuovo mondo
Nel diciannovesimo secolo non mancavano certo motivi per sbarcare in America dalle coste europee (primo tra tutti, la ricerca di un lavoro). Ma la speranza era per ognuno dei derelitti la stessa: l'opportunità di un nuovo inizio.
Karl Rossmann, sedicenne praghese, viene spedito attraverso l'oceano dai suoi stessi genitori, per timore di uno scandalo: la sua tenerà età l'ha esposto alle attenzioni di una serva smaliziata, poi scopertasi in attesa di un bambino.
Sin dallo sbarco a New York, la parziale conoscenza che Karl ha della natura umana e l'insufficiente attenzione per quanto gli accade attorno risultano limiti da colmare al più presto, per evitare stenti e cattive sorprese. La fortuna sembra arridergli quando, prima ancora di lasciare la nave, viene riconosciuto da uno zio di cui nemmeno aveva ricordo, per giunta senatore degli Stati Uniti. Ma in breve le cose si ribalteranno, e Karl si ritroverà per compagni di viaggio altri due emigrati, Delamarche e Robinson, gente senza arte né parte che tuttavia sa come trarre profitto della dabbenaggine altrui (una sorta di acuta rivisitazione del Gatto e la Volpe).
Karl – che è un po' meno sprovveduto del Pinocchio di Collodi – proverà allora a “difendersi”...
Sebbene il romanzo sia tra i più noti “incompiuti” della letteratura mondiale, ne appaiono chiari gli intenti: Kafka – utilizzando il classico schema che sottopone il protagonista ad una serie di disparate disavventure – racconta l'iniziazione del giovane Karl, costretto dagli eventi a trovare la sua strada in un nuovo mondo (che, non a caso, è proprio il Nuovo mondo). Ciò appare chiaro sin dal primo capitolo – dove il monologo del senatore Jakob anticipa le difficoltà alle quali il nipote dovrà far fronte (e che lui, in un primo momento, cercherà di evitargli) – mentre l'incompiutezza del libro lascia un unico dubbio: se Karl riuscirà o meno nella conquista del suo spazio e della sua maturazione (la risposta è positiva secondo quel che sappiamo da Max Brod, il fraterno amico di Kafka che ha conservato e sistemato la sua produzione quando lo stesso Kafka gli chiese di bruciare ogni suo scritto una volta che fosse morto, a causa della sua penosa malattia).
Individuato come s'è detto il tema del romanzo, resta corposa e interessante l'ulteriore traccia sulla contrapposizione tra i membri di una certa società borghese e gli individui della classe operaia (particolarmente evidente nella parte in cui Karl lavora come “ragazzo dell'ascensore” all'albergo Occidentale).
Alla fine c'è da dire che “America” non sembra opera del miglior Kafka. D'altra parte, non pare portare slancio al racconto la traduzione del germanista Ervino Pocar (per la collana “I meridiani” della Mondadori), appesantita com'è da una antiquata costruzione sintattica.
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Commenti
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:-)
Tra Collodi e Kafka, io tifo Collodi.
E' un romanzo che ho spesso tenuto presente, ma non mi sono mai deciso a leggerlo soprattutto per la sua incompiutezza. Vedo che non e' ai livelli del miglior Kafka.
Però ha ragione Cristina: questo Kafka non è il massimo (sebbene alcuni sprazzi facciano intendere ciò che arriverà più avanti, soprattutto con "Il processo" e taluni racconti).
A Silvia ed Emilio consiglierei di leggere quest'opera a "completamento", cioè dopo aver letto qualche libro più rappresentativo dello scrittore praghese...
A proposito... piccola dritta: se andate a Praga, perdete mezza giornata per il museo dedicato a Kafka... secondo me ne vale la pena...
E' poco pubblicizzato, in una zona non centralissima (forse perchè ha a che fare con i "luoghi" di Kafka, non ricordo), ma non mi è parso turistico: in realtà, anche con strumenti interattivi, cerca di raccontare lo scrittore ricreando le sue visioni... ed una sezione espone alcune lettere scritte di pugno dal buon Franz.
Secondo me, lo ripeto, è da vedere.
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la tua presentazione è davvero esaustiva!