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Bianca follia
Salpando dal porto di Nantucket in una fredda giornata di dicembre i marinai del Pequod erano convinti di intraprendere un normale viaggio a caccia di nobili ed inermi leviatani, allo scopo di riempire la stiva della nave di barili colmi di pregiato e remunerativo olio di balena. Nessuno poteva sospettare minimamente quale fosse il reale intento del loro capitano, il folle e vendicativo Achab, deciso a trasformare un affare commerciale in un regolamento di conti con i suoi fantasmi e le sue ossessioni. Nessuno, tranne il primo ufficiale Starbuck, si rese conto del pericolo cui si andava incontro quando Achab, comparendo per la prima volta al cospetto della ciurma saldamente piantato sulla sua gamba d'avorio e con gli occhi iniettati di sangue, palesò con insana enfasi il suo vero obiettivo: trovare, combattere e uccidere il leggendario Moby Dick, un niveo e combattivo capodoglio, astuto e feroce, che in tanti cercavano di ammazzare rimettendoci chi qualche arto come Achab, chi addirittura la vita. Presi dal carisma del capitano e dallo spirito d'avventura che suscitava l'impresa, gli uomini risposero positivamente alla richiesta di fedeltà del loro pazzo condottiero giurando, in un'orgia di alcool, follia e adrenalina, di abbracciare fino in fondo la sua causa e di combattere Moby Dick fino alla morte. Ma da quel momento in poi un'infinita serie di presagi nefasti accompagnerà il viaggio della baleniera e quella intrapresa si rivelerà ben presto una strada senza uscita. Ricca di simbolismo, l'opera di Melville è fortemente emblematica di una concezione pessimistica della condizione umana. La lotta contro la balena bianca è una dura e implacabile metafora delle continue battaglie che da sempre l'essere umano conduce contro la natura, contro i propri limiti, contro se stesso e le proprie ossessioni, battaglie dalle quali non può che uscire ridimensionato e sconfitto. Simbolica anche la scelta del candido colore della balena, il bianco, una tinta comunemente associata alla santità, all’innocenza, alla gioia, alla luce, che qui invece assume un significato spettrale, diventa simbolo di orrore, di morte, di gelo, infonde nell’animo un panico maggiore del rosso, lo spaventoso colore del sangue. Bianco è il mare che incute timore nei marinai, bianche le ali degli uccelli marini portatori di cattivi auspici, bianche le cicatrici di Achab. Un colore che compare nel libro in maniera ricorrente, e sempre con accezione negativa. I diversi aspetti dell'animo umano poi vengono ben rappresentati dai vari personaggi che compongono l'equipaggio: alla follia, alla megalomania, alla brama di dominio personificate dal capitano fanno da contraltare la saggezza, la prudenza, la razionalità di Starbuck; al meccanico coraggio del secondo ufficiale Stubb si contrappone la viltà del tamburellista Pip; il narratore Ismaele incarna la voglia di conoscere il mondo e di comprendere l’animo umano, il misterioso Fedallah la metafisica capacità di prevedere il futuro. Inoltre l’eterogenea composizione della ciurma, formata da uomini di ogni razza e religione, appare come un invito alla perfetta coesistenza e integrazione tra culture differenti. Contenuti quindi di tutto rispetto e stile indubbiamente degno di lode che in alcuni passaggi, soprattutto nel finale, raggiunge alti picchi di virtù letteraria, ai limiti del lirismo. Peccato che la piacevolezza della lettura venga messa a dura prova da lunghi e tediosi monologhi riguardanti le tecniche di pesca, la lavorazione dell’olio di balena o la conformazione fisica dei leviatani. Dissertazioni pesanti e di scarso interesse per il lettore, che occupano una buona metà del romanzo e non sembrano avere altra funzione che mettere in evidenza la ricca competenza dell’autore in quest’ambito. Un’inutile sfoggio di cultura che appesantisce notevolmente un’opera dal valore comunque innegabile che sottolinea quanto sia pericoloso lasciarsi trascinare dall’insana tracotanza di certi personaggi carismatici (vedi leader politici), perché spesso la follia di una sola persona rischia di far affondare tutti coloro che ciecamente gli vanno dietro.
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Da buon lettore quale tu sei, hai riconosciuto la grandezza dell'opera, pur avendola trovata di non agevole lettura. Concordo con quanto hai detto.
Personalmente, con alcuni grandi libri, adotto il sistema di una 'lettura verticale' di alcune parti 'indigeste' ; ad esempio, in "Guerra e pace", per le pagine dedicate a Napoleone e alle sue imprese; in "La montagna incantata" di T. Mann, per le disquisizioni filosofiche di due personaggi minori. Anche se, in questi due casi, tali digressioni penso abbiano la funzione di dare al lettore la sensazione del fluire del tempo. Ritengo che privarsi di letture così imperdibili, per alcuni passaggi noiosi e non indispensabili, sia privarsi delle più grandi soddisfazioni che la lettura possa dare.
prima o poi lo leggo :-)
Il libro mi attira molto da sempre e credo che prima o poi lo prendero', magari adottando la tecnica di Emilio che mi pare un interessante compromesso :-)
@Marcella: non conosco Billy Budd, ma Moby Dick più che poco scorrevole l’ho trovato poco interessante, secondo me a tutte quelle nozioni noiose non dovevano essere dedicate più di cinquanta pagine, e non trecento…comunque ci sono poi delle parti, specie il finale, che ripagano della sofferenza :-) grazie per gli apprezzamenti!
@Silvia e C.U.B.: si dai, venite anche voi a caccia di balene armate di lenza, arpione e una buona dose di caffè :-) thank you!
Ho ho letto, sempre ripartendo dall'inizio, più volte questo romanzo, ma non so perché a tre quarti puntualmente lo abbandono!
L a tua rece super interessante è un nuovo stimolo, ma cambierò certamente edizione!!!
Chissà...
Buone letture
Mariangela
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