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SULLA SCIA DI JANE AUSTEN
M. Yourcenar affermava che " è conoscere male un autore averne letto un solo libro: le armoniche dell'opera ci sfuggono" . Ebbene, questa è la mia prima lettura di A. Trollope, uno scrittore tanto famoso (soprattutto nella sua Inghilterra) e con una produzione vasta e, pare, di omogenea qualità. "La Canonica di Framley " dovrebbe essere un testo rappresentativo dell'autore (sia qualitativamente che quantitativamente (siamo a oltre 650 pagine).
Lo stile è inconfondibilmente inglese, collocabile in quella gloriosa tradizione in cui l'eleganza e la bellezza della scrittura si armonizzano col 'piacere di narrare' , che significa 'piacere di leggere' per chi ne fruisce. L'accostamento è a Jane Austen. Trollope, però, nel rappresentare la società del proprio tempo, l'Età Vittoriana, ricerca una prospettiva di realismo, benché esso risenta ancora della luce del Romanticismo, che in Inghilterra brillò lungamente.
Il romanzo è ambientato nella campagna inglese dell'Ottocento, che non è difficile immaginare splendida, come appare nei dipinti dei paesaggisti dell'epoca. I tempi, però, stanno cambiando, e gli alberi secolari, vanto e delizia di una società nella cui dimensione non tutto era asservito al denaro, rischiano di scomparire a vantaggio di colture più redditizie: la scure sta per abbattersi, un po' come si avverte nel Giardino dei Ciliegi di Cechov.
Qui viene rappresentato l'intreccio di destini di personaggi delle classi sociali alte e medio-alte: la borghesia affaristica, l'aristocrazia suadente e volitiva, ed il clero anglicano nelle sue gerarchie.
Ci accostiamo al romanzo come ad una fiaba per adulti e, nel contempo, ad una rappresentazione sociale dell'Età Vittoriana: vi sono sicuramente buoni sentimenti e buone maniere, ma gli interessi affaristici e di carriera non vengono certo oscurati, tanto da indurci a riflettere su intrecci ben presenti ancora oggi. Date, poi, le condizioni del clero anglicano, viene messa in luce la connivenza fra 'carrierismo ecclesiastico' e potere politico.
I personaggi sono accuratamente delineati, ognuno ben contestualizzato nella propria categoria sociale. A primeggiare per caratteri positivi sono le figure femminili (non tutte).
Ovviamente la 'fiaba', con tanto di 'Cenerentola' (il personaggio di maggiore spessore umano e modernità), pone la sua morale, che conduce il lettore ad una riflessione che coinvolge gli aspetti pubblici e quelli privati delle nostre vite.
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E' un libro molto ben scritto, da leggere senza fretta, per armonizzarsi con l'ambiente, ancora 'a misura d'uomo' (e di donna), per chi non viveva nell'indigenza.
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