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Uomo nuovo o anima "candida"?
“Io vi reputo il più onesto e il più giusto uomo di questo mondo; il più onesto e il più giusto di tutti: e, se dicono di voi che la vostra intelligenza... cioè se dicono di voi che siete malato di mente, sbagliano. Ebbene, io credo che chi dice queste cose si sbagli. Perché, certo, voi non sarete del tutto sano di mente (spero che non vi offenderete, io parlo dal punto di vista dell'opinione generale) ma, in voi, l'intelligenza propriamente detta è più evoluta che in tutti quelli che vi criticano, fino a toccare punti che questa gente non sogna nemmeno”.
Chi è veramente Lev Nikolaevic Myskin, tornato dopo vari anni e quasi dal nulla (solo si sa che ha vissuto per lungo tempo in una struttura medica) nella città di Pietroburgo?
Basta lo stravagante modo di vestire (che oggi definiremmo “casual”, e che cento anni fa gli sarebbe valso il titolo di straccione) a fare del ventisettenne principe Myskin un idiota?
O forse è ritenuto tale perché non sa nascondere ciò che pensa e prova?
O piuttosto perché, per queste sue caratteristiche, mostra di non saper stare in società, di non saper affogare se stesso nelle convenzioni e nei riti di cui essa vive?
E allora perché i medesimi che a volte vedono idiozia – come i membri della famiglia Epancin, composta dal generale Ivan Fedorov Epancin, dalla moglie Elizabeta Prokof'evna e dalle tre avvenenti e intelligenti figlie – in altri momenti scorgono nel principe un'ammirevole semplicità, l'irrinunciabile capacità di essere sempre e comunque se stesso, e iniziano a palpitare per la sorte di quest'uomo a suo modo sorprendente?
E Nastasja Filipovna – l'attricetta di teatro il cui fascino è pari solo ad una spavalderia che deriva dal profondo disprezzo di sé – cosa ha realmente in comune con quest'uomo?
Come può accadere che, vedendola per la prima volta attraverso il ritratto presente in casa Epancin, il principe Myskin se ne innamori? E perché, quando si tratterà di scegliere tra lui, l'arrivista Ganja (segretario degli Epancin) e il becero Rogozin, Nastasja Filipovna farà una scelta imprevedibile e, a suo modo, spettacolare, che chiuderà la prima delle quattro parti di cui il romanzo è composto?
Bisogna essere un grande scrittore – e sapersi tale – per poter ambire alla stesura di un libro del genere.
Lanciarsi a scrivere semplicemente la “storia di un uomo buono”, come spiegò Dostoevskij a un amico che – di fronte a tanta abbondanza di temi e psicologie – gli chiedeva lumi sul senso del romanzo. Era tutto quello che aveva intenzione di fare, a suo dire, con “L'idiota”.
Essere capace di buttar giù 500 pagine nelle quali non si rintraccia quasi alcuna azione, ma solo interazione tra i diversi protagonisti. Interazione giocata in ambienti chiusi (stanze sfarzose, o ordinarie, o misere, ma sempre stanze) della Pietroburgo del tempo; l'ambientazione perfetta di una piece teatrale... e tuttavia – strano a dirsi – non sarebbe facile immaginare una trasposizione di quest'opera in teatro, come se il tutto sia, comunque, difficilmente catalogabile.
Creare infine decine di calibratissimi personaggi che – come in un sistema planetario legato da insondabili (ma perfette) leggi di gravitazione – si muovono attorno a due figure in particolare: il principe Myskin e Nastasja Filipovna. Il primo brilla per la sua “diversità” (non a caso in esso alcuni hanno visto analogie con la figura di Cristo); la seconda, nella imponente costruzione dello scrittore, brilla per la sua presenza (nella prima parte) e per la sua pesantissima assenza (nelle restanti tre parti del romanzo). Solo sul finale il duetto (e il duello) si ricompone... e gli altri personaggi si defilano e lasciano il palco a questi due “giganti”, affinché tutto possa compiersi nella migliore tradizione della grande letteratura ottocentesca.
“Povero idiota, che cosa sarà di te adesso?”.
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Dostoevskij è un autore splendido, ma per leggerlo occorre trovare un periodo di tempo sufficientemente lungo in cui riesci a mantenere la concentrazione. Se subentrano fattori che ti portano ad interrompere e distroglierti e a seguire un ritmo frammentario, si fa fatica ad andare avanti ed è un verro peccato.
recensione difficilissima, ti confesso. Sai quante altre cose si sarebbero potute evidenziare?... Forse, per avere un vero quadro di questo libro, bisognerebbe leggere tutte le recensioni sinora fatte: non ce n'è una, tra le precedenti, che non sia valida... a maggior testimonianza del valore del libro.
Quanto a Nastasja Filipovna, capisco la tua ammirazione: se un personaggio letterario si misura dalla capacità d'attrazione che esercita in sua assenza, allora - come ho scritto nella recensione - questa donna potrebbe essere il n.1 in assoluto... Una figura magnificamente tragica, all'altezza dei più bei personaggi shakespeariani... non so se sei d'accordo.
E invece, Myskin? Mentre leggevo questo libro avevo presente un interessante giudizio dato di recente su questo sito (purtroppo non ricordo da quale utente), secondo cui il personaggio di Don Chisciotte sarebbe il "padre putativo" del principe Myskin. Alla fine della lettura, posso dire che capisco il paragone.Tuttavia il principe mi ha ricordato un'altra figura: è lui ad essermi sembrato il padre di Forrest Gump, un personaggio cinematografico di un film che in verità non mi ha entusiasmato, ma che, è innegabile, ha una sua "nobiltà" (il personaggio, intendo).
A Pierpaolo (scusami: in precedenza avevo scritto Bruno):
quanto dici è vero, specie se - come in Dostoevskij - i personaggi sono molti e non "di passaggio", nel senso che ciascuno di loro contribuisce ad arricchire il quadro d'insieme. Tuttavia posso dirti che "L'idiota", non avendo una vera e propria "azione" (che invece si ritrova in "Delitto e castigo") si presta maggiormente ad una lettura "diluita": una volta che si sono identificati i personaggi e le loro caratteristiche, il riprenderlo in mano garantisce di ripescare il filo del discorso in pochi minuti.
Perfetto finale Rollo dalla molteplice interpretazione, no so perchè ma mi viene in mente Marquez "L'ebbrezza del potere cominciò a decomporsi in raffiche di disagio"
A Emilio:
Anche a me il personaggio del principe è sembrato assolutamente particolare. A un certo punto ti trovi a parteggiare per lui... ma alla fine ti rendi conto che non è la giusta ottica, nel senso che non è ciò che Dostoevskij sembra cercare.
A Cristina.
Si, anch'io avevo notato l'assonanza (con l'italiano, anche se conosco sia la parola che il significato di "mischino" in siciliano). Tuttavia credo che la cosa sia del tutto casuale: non conosco il russo ma non credo che vi possa essere un'etimologia comune.
complimenti comnque rollo, rileggerò la tua rece dopo averlo letto.forse capirò!
bravo
ciao paola
Attenzione ai classici, però: la loro "insidia" (in realtà, la loro bellezza) è che, dalla propria angolazione, ognuno riesce a trovarci ciò che altri non avevano visto...
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