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Don Chisciotte e l'uomo buono
Se c'è una cosa veramente eccezionale del libro è la caratterizzazione dei personaggi. Don Chisciotte è uno dei pochissimi personaggi che adombrino il nome dell'autore; attualmente solo un altro nome, a mio parere, ha questa forza: Sherlock Holmes (e, detto per inciso, la dualità Sherlock/Watson è assai simile a Chisciotte/Sancho).
La caratterizzazione di Don Chisciotte e Sancho Panza è talmente ben costruita che davvero i personaggi sono tridimensionali. Si pensi solo che è forse l'unico personaggio letterario di cui vi sia una ricorrenza festeggiata in Spagna. Un uomo che ha passati i cinquanta anni, mai sposato e, forse, come dice Vladimir Nabokov nelle sue lezioni, vergine, parte per il mondo del seicento, irriso da tutti. E' l'uomo buono fatto persona(ggio), il genitore di quel principe Myskin che Dostoevskij narrerà ne 'L'Idiota'. L'esperimento è mettere un uomo buono e un uomo ignorante nel mondo del primo seicento barocco, epoca di grandi invenzioni e scoperte (la vittoria della razionalità sul mito).
Il libro è percorso da i più svariati eventi (non c'è solo l'episodio dei mulini) ma alla lunga fiaccano parecchio la lettura. I nostri eroi si trasformano sotto i nostri occhi, Don Chisciotte è sempre più ab-battuto, sempre più saggio e rassegnato (seppure sia pur sempre un cavaliere errante!), Sancho sempre più intelligente e furbacchione ma sempre più innamorato del suo 'padrone'.
A una lettura attenta il libro diventa un vero caos, sembra che l'autore non l'abbia mai riletto se non quando si accinge a scrivere la seconda parte (nella quale tenta di giustificare le grossolane omissioni): cavalli che scompaiono per poi riapparire senza spiegazioni sotto il sedere di Sancho; soldi (tanti soldi) trovati ma di cui non si farà più menzione; Dulcinea il cui nome è spesso mutevole nella prima parte e che Sancho riconosce come una contadina del suo paese (Aldonza Lorenzo) per poi, nel momento di cercarla, non sapere dove cercarla perché, dice, non l'ha mai veduta ecc... Come romanzo, quindi, seppure il primo romanzo moderno, è assai confuso e a tratti ripetitivo, eppure ci sono, dentro, idee geniali, come il finto Don Chisciotte scritto da un plagiatore (mai veramente scoperto: forse Alonso Fernández de Avellaneda) che, viene il dubbio, abbia dato origine alla seconda parte del romanzo solo perché Cervantes potesse riappropriarsi dell'opera, e che appare indirettamente nella narrazione della seconda parte (purtroppo mai in carne e ossa, che occasione mancata!) e con Don Chisciotte che dice chiaramente che sa di essere scritto (!!!).
Insomma, un libro che è un viaggio in quella che ancora adesso si chiama letteratura, che ha l'aspetto di una favoletta ma racchiude tutte le narrazioni dei tempi a venire. Un libro da studiare e un personaggio che tutti, in fondo, teniamo chiuso da qualche parte dentro di noi.
Ma è anche un libro su un periodo storico, il 1600 (El Siglo De Oro) in cui la Spagna vive il suo Rinascimento, la sua modernità, e in cui la visione si fa materialistica, disincantata, e ogni 'magia' si risolve in imbroglio. Non esistono maghi, né eroi, ma solo furfanti pronti a divertirsi alle spalle degli sprovveduti, dei sempliciotti, dei creduloni. E' l'epoca degli adulti contro l'epoca (passata) dei bambini e questo, Don Chisciotte, lo sa benissimo. In fondo la sua ricerca tende verso la morte, verso un'Arcadia impossibile.
E' molto curioso che all'inizio del libro il suo nome sia incerto; è descritto come personaggio patetico, grigio, anziano, "forse si chiamava Quesada". E' solo alla fine, dopo un febbrone da cavallo e, soprattutto, dopo aver percorso chilometri e chilometri si polvere amara, che sappiamo il suo vero nome:
"- Signori - disse Don Chisciotte -, andiamo piano, perché ormai nei nidi di ieri oggi non c'é più passeri. Io fui pazzo e or son savio: fui Don Chisciotte della Mancia, e ormai, come ho detto, son Alonso Quijano il Buono."
La cosa, per me, molto buffa è che nella fine NON si dice che Don Chisciotte sia guarito. Lo deducono il curato e le persone attorno per i ragionamenti che fa. Ragionamenti che ora sì sono di persona 'sana' (che ironia!). Sembra quasi che il personaggio in realtà DEBBA morire, in qualche modo Cervantes non riesce a sbarazzarsi di lui se non facendolo ammalare di punto in bianco, senza nessuna avvisaglia, senza nessun preavviso. Come Arthur Conan Doyle, che non riesce a liberarsi del suo personaggio che infatti farà 'morire' presso le cascate del Reichenbach per poi, tre anni dopo, resuscitarlo, così Don Chisciotte sopravvive nonostante il volere del suo autore. Ma era 'necessario' che Don Chisciotte morisse, altrimenti altri plagiatori si sarebbero impadroniti del personaggio (si ricorda qui che la data di morte di Cervantes e di Shakespeare è stata designata dall'UNESCO come il giorno del libro e, non a caso, del diritto d'autore).
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Complimenti per i collegamenti culturali e letterari contenuti nella recensione.
E... sul collegamento a sorpresa (?) a Pinocchio, si potrebbero dire tante cose...
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