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Levin, un grande Tolstoj
Si, questa è una grande storia d'amore, tra il capitano Vronskj, e la bella, ma sposata con un figlio amatissimo, Anna.
Ma il romanzo non è solo questo, voglio sottolinearlo, perchè molti si fermano qui, alla storia d'amore travagliata di questi due intensi personaggi.
Travagliata per l'epoca, perchè oggi non stupirebbe nessuno, ma, certo, nel periodo di fine ottocento, una donna di media borghesia, che lascia il marito e peggio ancora un figlio (perchè questa era l'unica condizione per la sua libertà, e cioè che il figlio rimanesse col padre) per andare a vivere con l'amante, dal quale avrà anche un'altra figlia, era davvero uno scandalo. E tanto è lo scandalo che Anna viene naturalmente allontanata dalla società che aveva sempre frequentato e dalla quale era tenuta in grande considerazione, e costretta a vivere relegata in campagna, lontanto da tutto e da tutti, e soprattutto dal figlio, e si addolora al punto da risolvere il suo dolore nell'unico modo secondo lei possibile.
Ma chi si ferma a questa sola lettura, non vede quello che c'è dietro, e si perde uno spaccato lucido e critico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia russa di quegli anni.
E poi, si perde Levin, l'altro grande protagonista di questo romanzo.
Levin, Lev o Tolstoj stesso mi ha letteralmente affascinato.
Un personaggio di grande caratura morale, di profondo senso etico e di giustizia.
"— Ecco, vedi — disse Stepan Arkad’ic — tu sei un uomo tutto d’un
pezzo. Questo è il tuo pregio e il tuo difetto. Tu sei tutto d’un pezzo e vorresti
che la vita fosse fatta di avvenimenti integrali, e questo non succede. Ecco, tu
disprezzi l’attività del pubblico impiego, perché vorresti che essa corrispondesse
sempre allo scopo, e questo non succede. Vorresti che l’attività di un
uomo avesse sempre uno scopo, che l’amore e la vita familiare fossero
tutt’uno. E questo non succede. Tutta la varietà, la delizia, la bellezza della vita
son fatte d’ombre e di luci."
Si perde le sue riflessioni sulla questione sociale e le sue preoccupazioni per il ceto povero e per i contadini, per la quale si sforza quotidiniamente di trovare una soluzione.
"E c’è una ragione al mio lavoro e alla mia fatica. Questa faccenda non
riguarda solo la mia persona, ma qui si tratta del bene generale.
Tutta l’economia domestica, la cosa principale, la situazione di tutto
il popolo deve cambiare completamente. Invece della povertà,
una ricchezza generale, un’agiatezza; invece dell’odio, la concordia
e il legame degli interessi. In una parola, una rivoluzione incruenta,
ma una profondissima rivoluzione; inizialmente nella piccola
cerchia del nostro distretto, poi nel governatorato, poi nella
Russia, nel mondo intero. Perché un’idea giusta non può non essere
feconda. Sì, questo è uno scopo per cui vale la pena di lavorare."
S perde le sue riflessioni sulla vita (quando gli nasce il primo figlio) e sulla morte (quando muore suo fratello) e sulla sua lotta interiore per trovare un senso a questa vita,
"La morte, l’inevitabile fine di tutto, per la prima volta gli si
presentava con una violenza ineluttabile, e questa morte che era
là in quel fratello caro che gemeva nel sonno e che per abitudine
invocava indifferentemente ora Dio ora il diavolo, non era così lontana
come gli era sempre parsa. Era anche in lui: lo sentiva. Se
non ora domani, se non domani fra trenta anni, non era forse lo
stesso? E cosa fosse questa morte inevitabile, egli non solo non lo
sapeva, né mai ci aveva neppure pensato, ma non sapeva e non
osava pensarci."
In lui tutto si fonde e si evolve in un travaglio psichico Interiore che influenza anche quello fisico, alla disperata ricerca din un senso o di una soluzione tangibile, ma che alla fine riesce a trovare solo nella fede nell'anima, nonostante il suo ostinato ateismo.
"Questo nuovo sentimento non mi ha cambiato, non mi ha
reso felice, non mi ha rischiarato a un tratto, come sognavo, proprio
come il sentimento per mio figlio. Anche qui non c’è stata
nessuna sorpresa. E fede o non fede, non so cosa sia, ma questo
sentimento è entrato in me egualmente inavvertito, attraverso la
sofferenza, e si è fermato saldamente nell’anima.
Mi arrabbierò sempre alla stessa maniera contro Ivan il
cocchiere, sempre alla stessa maniera discuterò, esprimerò a
sproposito le mie idee, ci sarà lo stesso muro fra il tempio
dell’anima mia e quello degli altri, e perfino mia moglie accuserò
sempre alla stessa maniera del mio spavento e ne proverò rimorso;
sempre alla stessa maniera, non capirò con la ragione perché
prego e intanto pregherò, ma la mia vita adesso, tutta la mia vita,
indipendentemente da tutto quello che mi può accadere, ogni suo
attimo, non solo non è più senza senso, come prima, ma ha un indubitabile
senso di bene, che io ho il potere di trasfondere in essa"
Soddisfatta di essere arrivata all'ultima pagina per dire che Anna Karenina non è solo una storia d'amore,ma è anche la storia di un uomo sensibile che non rinuncia a capire, che continua a farsi domande finchè non trova una risposta per continuare a vivere...la più semplice in fondo!
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Grazie per il tuo commento, di cui, scusami, mi sono accorta solo ora!
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