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filosofeggiare
All' inizio non avevo molta voglia di leggere questo libro. Avevo letto distrattamente la pagina iniziale del romanzo di Hesse, ritenendo la descrizione del grande albero del convento di Mariabronn troppo noiosa, e l' avevo accantonato dicendomi che “si, forse un giorno lo leggerò..”.
È stato così infatti, ho ripreso la lettura del romanzo e mi è piaciuto.
Narciso e Boccadoro sono la rappresentazione letteraria di una contrapposizione che affascina da sempre, quindi niente di nuovo dal punto di vista del cuore del romanzo, del perno su cui si regge l' intero libro.
Narciso è spirito, è logos e ragionamento che si oppone continuamente ma con equilibrio al suo opposto Boccadoro, che invece è governato da istinti quasi primitivi, è eros, è natura.
Pur essendo così distanti, pur affrontando la vita in modi così diversi Narciso e Boccadoro sono continuamente attratti l' uno verso l' altro. Hesse insiste in modo particolare su Boccadoro, sul suo modo personale di affrontare la vita cercando prima di emulare Narciso, poi accettando sempre con maggiore forza la sua vera natura.
Lo segue nei suoi vagabondaggi in giro per un' Europa medievale prima florida e poi tormentata dalla peste, mentre l' abate Narciso vive al sicuro tra le mura del suo convento.
I protagonisti di questo romanzo rimangono nella mente, non nel cuore. È un libro che apre le porte alla speculazione filosofica, solo superficialmente parla della vita e dell' amore di questi due grandi uomini.
Il difetto(o il pregio?) di Herman Hesse è che ogni parola ha un significato preciso. Non si può saltare nessuna frase, nessuna parola deve sfuggire al lettore perchè i dialoghi tra i due protagonisti, il filo stesso dei loro singoli pensieri è tutto un succedersi di ragionamenti e riflessioni di natura puramente speculativa. Nei romanzi di Hesse bisogna rimanere sempre sull' attenti perchè perdere una frase significa perdere una rivelazione a sé stessi e al mondo, non so se mi spiego.