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Anna Karenina, il romanzo di tutti
(IL TESTO CONTIENE SPOILER)
Anna Karenina è considerato un monumento della letteratura mondiale, uno di
quei libri che se ci si vuole inoltrare nella foresta della letteratura
bisogna assolutamente conoscere.
Questo successo si deve a tanti fattori. Lev Tolstoj non ha una penna
qualunque, e nemmeno degli occhi qualunque. Ha una profondità tale che
riesce a penetrare tutte le pieghe dell’anima, descrivendo con chiarezza le
contraddizioni, le luci e le innumerevoli ombre della mente umana. Egli
comprende la follia, rendendola un qualcosa di non poi così lontano anche
dalle nostre vite. Agli occhi di chi legge persino la pazzia, diventa così
chiara e trasparente che s’inizia a pensare che niente poteva andare
diversamente.
La protagonista del romanzo è una gran dama della Russia innevata dell’800,
una creatura fragile e affascinante, bella e infelice. E’ una donna che pur
avendo dentro di se una vitalità forse rara, la reprime diligentemente, come
vuole la società, incanalando tutte le sue energie nella cura del figlio, e
sopportando a testa china le angustie del suo matrimonio arido.
Tuttavia nella mente umana si può insabbiare tutto ma mai cancellare nulla.
Perciò, in una delle tante feste mondane, Anna perde il controllo e inciampa
negli azzurri occhi di Vronski. I due, dimenticandosi delle regole imposte
dall’aristocrazia russa, che accetta di buon grado un tradimento, ma mai l’amore
vero, fuggono insieme, annullando completamente il loro precedente passato.
Il mondo di cui parla Tolstoj è ipocrita. In esso è concesso (quasi
incoraggiato) tradire ma senza amare. E’ un mondo falso, svuotato dalle vere
emozioni. Per questo Anna e il suo amante decidono di tirarsi fuori. Ma a
quale prezzo? Davvero l’amore può compensare la perdita di un figlio? L’esclusione
dalla società? Lo sfumare di tutti i sogni e le ambizioni? In Vronski, che
per la donna ha buttato via una brillante carriera militare, inizia a
serpeggiare quel male di vivere che per il precursore dell’esistenzialismo
moderno, Seneca, è la maledizione per eccellenza: la noia. E forse niente
più della noia può uccidere anche l’amore più forte. La giovane donna, a cui
la vita è sfuggita completamente, è ossessionata dall’idea che l’amante la
abbandoni, e lo tormenta con insensate crisi di gelosia: egli è tutto ciò
che le rimane e non può permettersi di perderlo. La situazione, giunge a una
soluzione finale catastrofica: in preda a una delle tante paranoie
nevrotiche, riflettendo sulla bruttezza del mondo e sull’inutile falsità di
tutte le cose, in una stazione si butta tra le rotaie di un treno, dopo
essersi fatta il segno della croce. La fine della storia di Anna è di una
tragicità dolorosa, che non lascia al lettore nemmeno un piccolo appiglio su
cui potersi aggrappare. E’ struggente la dinamica del suicidio poiché Anna,
pochi secondi dopo l’aver compreso la stupidità di quel gesto tenta di
alzarsi, ma l’impatto violentissimo con il treno le impedisce di farlo. .
Volle alzarsi, rigettarsi all’indietro, ma qualcosa di enorme, di spietato,
la colpì alla testa e la trascinò.
Dunque, la risposta è chiara. Non si può scappare. Non si deve scappare. Un
albero non ha vita se privato delle sue radici.
Non a caso i severi occhi di Tolstoj offrono ai lettori, parallelamente, l’esempio
di un amore giusto e sano: la storia della dolce Kitty e di Lev, l’alter ego
dello scrittore. E’ un amore lontano dal peccato, riconosciuto dallo stato e
soprattutto da Dio. Proprio in Dio, secondo Lev, si può trovare l’unico
conforto sicuro alle atrocità della vita.
Anche quello di Stiva e Dolly, seppur esasperato dai ripetuti tradimenti del
marito, è un matrimonio che non conduce alla perdita di se stessi.
Anna Karenina è il libro delle madri, degli amanti, dei traditi, dei
traditori, degli eremiti, degli uomini in carriera, dei poveri, dei ricchi.
E’ il libro della tenerezza e della violenza, della razionalità e della
follia. E’ il libro di tutti. Per le sue innumerevoli ma probabilmente
necessarie digressioni la lettura non sempre è scorrevolissima. Ma ne vale
la pena. Aggiungo che per la sua complessità è un libro da RI-leggere. Una
lettura dopo l’altra si colgono più dettagli, riflessioni che prima ci erano
sfuggite e il disegno di Tolstoj si fa più chiaro, da ogni angolazione.
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