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L'idiota
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L'idiota 2013-08-09 15:18:50 Todaoda
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Todaoda Opinione inserita da Todaoda    09 Agosto, 2013
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La staticità di un dipinto allo scorrere del tempo

Sono convinto che sia completamente inutile sforzarsi anche solo di commentare, figuriamoci recensire, uno dei più famosi e importanti romanzi del '800, poiché aggiungere qualcosa di nuovo alle migliaia di revisioni già prodotte nel corso degli ultimi cent'anni sarebbe un impresa quanto mai improba in cui solo il più arrogante dei critici letterari potrebbe cimentarsi, figuriamoci qualcuno che legge per hobby. Forte delle mie convinzioni dunque mi limiterò ad elencare qualche estemporanea considerazione formulata durante la lettura, certo che quanto dirò risulterà totalmente banale.
E' un romanzo "teatrale". Usando questo aggettivo non mi riferisco ai contenuti della trama o allo stile affettato, caratteristica quest'ultima vera e del tutto giustificabile dalle consuetudini del tempo in cui venne ideato, mi riferisco bensì all' architettura dell’opera; l’impressione è che Dostoevskij, scrivendo forse il suo romanzo più celebre, ha scelto fin dal principio di impostarlo all'insegna dell'ordine e della rigidità: non vi sono variazioni temporali, se non quelle dettate dalla cronologia degli eventi, non vi sono rimandi, antefatti, o spiegazioni a posteriori, tutto si svolge in ordine, preciso, pulito. L’intera vicenda potrebbe essere suddivisa in tante piccole e singole scene, tutte ben delineate e tutte ben distinte le une dalle altre. Ogni capitolo una scena diversa, ogni capitolo un episodio differente, esattamente come i tempi di una pièce teatrale, tempi che qui non sono aggrovigliati o confusi ma precisi ed immobili, e non semplicemente tratteggiati ma dipinti con contorni ben marcati.
Le scene dunque sono statiche, nonostante i personaggi del romanzo compiano azioni, ciò è possibile poiché il loro agire è il medesimo degli attori su un palco, che si muovono sì, ma solo nell’ambito della scenografia di quel momento.
L’azione non è assente ma è appena accennata, il più delle volte sottintesa tra un capitolo e l'altro, poiché ciò che preme all'autore non e' tanto divulgare i fatti che costruiscono la singolare vicenda del Principe/Idiota, ma la causa: cosa vi e', o vi è stato, dietro a questi fatti, e con essa la psicologia dei personaggi.
La psicologia, l'introspezione, non è forzata, non è giustapposta alle scene attraverso la descrizione dei protagonisti, ma è soltanto lambita dalla trama nei dialoghi e nelle interazioni che questi implicano.
Il narratore e' assoluto, anzi più che assoluto: totale, tanto che si prende la libertà di dialogare anche con il lettore, esattamente come talvolta fa la voce narrante, e fuoricampo, a teatro.
Dunque, leggendo l'Idiota, non ci si trova difronte un testo dalla trama avvincente intercalato da una profonda introspezione psicologica, al contrario ci si trova difronte a dei panorami, dei magnifici quadri, dentro i quali, o davanti ai quali, si svolge una scena, per lo più un dialogo e grazie a questo dialogo il lettore apprende cosa e' accaduto prima, e cosa potrebbe accadere dopo, quando cioè tra una scena e l’altra è calato il sipario, quando tra un tempo e l’altro gli attori si sono ritirati dietro le quinte per un rapido cambio di costume.
In questo sta la grandezza del romanzo: tutto viene evinto attraverso le interazioni tra i singoli soggetti, attraverso quello che dicono e quello che non dicono, attraverso la loro postura, attraverso i loro gesti (attenzione l’autore che nei panni della voce narrante si pone dopo i fatti accaduti e ce li descrive inizialmente a grandi linee, non è un eccezione al meccanismo dialogo/sipario sopra descritto, ma un semplice stratagemma per introdurre il lettore, anche se ormai parrebbe più opportuno chiamarlo spettatore, per introdurre il lettore alla vicenda.) e i personaggi, quei complessi, stupendi, realisticamente ridicoli se non addirittura fastidiosi, attori del dramma, al pari delle scene e della storia, li si scopre pian piano: attraverso le cose che dicono e come le dicono, attraverso le cose che pensano e come le pensano e nessuno, nessun lettore, riesce farsi un idea della complessità di quei caratteri fintanto che gli attori/protagonisti stessi non se ne fanno una e ancora però quell' idea non e' un assoluto ma un semplice punto di vista, del tutto soggettivo e del tutto personale.
Quanti leggendo del Principe Myskin han pensato che in realtà e' il più saggio di tutti per poi subito dopo ricredersi e considerarlo un idiota? Tutti, vero? Esattamente come han fatto gli altri protagonisti del romanzo, esattamente come le persone con cui lui ha a che fare; ed e' naturale che sia così perché noi lo vediamo attraverso gli occhi degli altri e a seconda di chi siano gli altri, noi lettori, ci facciamo un'idea differente.
E se nell'incessante dipanarsi della vicenda sta la grandezza del romanzo, nella rappresentazione singolare e totale dei personaggi sta la grandezza dell'autore che riesce a fare di sé un narratore assoluto, che potrebbe descrivere e giudicare vita, morte e miracoli di ogni singolo interprete del dramma, eppure se ne tiene fuori, lasciando agli altri, ai suoi "attori",così come ai suoi lettori, tale compito e ognuno percepisce il romanzo nella maniera che meglio s'accorda alla propria indole, e ognuno si fa un'idea dell'accaduto nella misura in cui si trova più d'accordo con un personaggio rispetto ad un altro. Proprio come accade tutti i giorni nella realtà.
In queste caratteristiche, e solo in queste due, sta la bellezza del romanzo. Dire infatti che la storia in se sia originale, al giorno d'oggi, sarebbe mancare di obbiettività e dire poi che i fatti narrati siano importanti, con quanto accadeva in quel periodo nel mondo attorno alla loro vicenda... e con quanto accade ancora oggi, sarebbe a dir poco ingiusto.
Certo, qualcuno potrebbe sempre obbiettare, e a ragione, che l'autore, scrivendo delle peripezie amorose di giovani benestanti che patiscono le intromissioni della viva forza dei sentimenti di alcuni soggetti provenienti dai ceti inferiore, in realtà ha raccontato di una società Russa in subbuglio, dove il malcontento delle classi medie fa da contrappunto al progressivo disfacimento dell'aristocrazia ereditaria, dove un principe in rovina in una società dominata dai bassi istinti può essere ancora definito nobile solo grazie alla bontà dei suoi sentimenti, dove il valore del singolo individuo conta più dei valori della gente con cui s'accompagna, della gente di cui, solo per nome ma non per scelta, fa parte. Potrebbe obbiettare questo, potrebbe obbiettare che, dunque, per estensione raccontando della singola vicenda ha parlato di tutta la Russia. Certo, e potrebbe anche aggiungere che l'intento di Dostoevskij non era quello di creare un romanzo che descrivesse i profondi cambiamenti politici, economici e sociali che aveva vissuto l'Europa con la rivoluzione francese, e che presto avrebbe vissuto anche la Russia, ma quello di narrare una vicenda a suo modo e a suo tempo singolare, punto e basta. Certo... E sarebbe assolutamente lecito pensarla così ed entrambe le obbiezioni sarebbero oggettive e più che giustificate, tuttavia, parlando soggettivamente, davvero qualcuno non pensa che la vicenda in sé sia piuttosto banale? Che al giorno d'oggi tutti quei comportamenti, pensieri, timori, dettati dall' etichetta, dai costumi del tempo, dal galateo, non siano leggermente superati? Tutte le missive tra i protagonisti, i viaggi per confrontarsi a quattr'occhi, gli appuntamenti segreti tra spasimanti, stabiliti tramite intermediari fidati e malfidati, e il dramma finale dell'incomprensione... oggi con un paio di messaggini non sarebbe forse tutto risolto?
D'accordo e' una battuta, tuttavia a qualche mese dalla lettura dell'Idiota permane la sensazione che si tratti ne più ne meno di una romanzo invecchiato male, che, pur narrato in maniera eccelsa, racconta di una vicenda del tutto superflua.
Cosa pretendo, direte voi, e' stato scritto nell'ottocento, all'epoca aveva un senso. Vero, ma e' anche vero che si è di fronte a quella che viene considerata una delle opere più importanti di uno scrittore immortale; i suoi pensieri, le sue considerazioni e in fin dei conti i suoi romanzi non dovrebbero dunque trascendere il tempo e il luogo, così come le opere e i pensieri di Shakespeare, Goethe o Tolstoj, per citarne qualcuno a caso? In "Memorie del sottosuolo"', ne "la mite" e le "notti bianche" Dostoevskij ci riesce, riesce a trascendere il momento e ad eternalizzare le sue parole, ma se ci riesce in tre racconti non sarebbe lecito aspettarsi un simile risultato nella sua opera più importante?
Forse sono influenzato dal fatto che considero Dostoevskij uno dei pochi scrittori, assieme ad Hemingway (anche se sono consapevole che paragonarli e' piuttosto bislacco) e pochi altri, che riesce meglio nei racconti che nei romanzi; che per quanto scriva in maniera strabiliante entrambi i generi, nei romanzi la bellezza delle sue parole sia spesso mimetizzata dall'eccessiva prolissità dei paragrafi; forse sono anche influenzato dalla rinomanza dell’autore e del titolo, forse perfino da qualcos'altro che non sono riuscito ancora a capire e tantomeno esprimere, ma in fin dei conti se devo essere sincero con me stesso considero l'Idiota una mezza delusione.
NOTA
Mi rendo conto con questa recensione di cadere nel vizio tipico del critico letterario il cui solitamente smisurato ego, allorchè riscontri qualche difettuccio in un conclamato capolavoro, lo spinge a sottolineare la singola imperfezione come l'ennesima ignominia di un illeggibile obrobrio, mi rendo conto di stare irrimediabilmente peccando di presunzione, se non addirittura, qui, di lesa maesta, tuttavià non riesco proprio a soprassedere alla delusione che ho provato leggendo un'opera tra le più importanti della storia della letteratura e scoprendo che in realtà i contenuti lasciano alquanto a desiderare. Se vi riesce più facile accettarlo quindi, ammesso che dobbiate e soprattutto che ve ne freghi qualcosa, considerate, come spiegavo all' inizio, questa mia recensione, solo alla stregua di un' opinione personale, soggettiva e del tutto estemporanea. (Che fa dell'oggettività raggiunta attraverso lunghe riflessioni il suo punto di forza... ma sempre del tutto personale ed estemporanea! :-) )

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