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UN ATTIMO DI SOGNO "OVVIAMENTE" DA VIVERE!
Letto nell'edizione economica della Newton Compton, questo romanzo breve (o racconto lungo, che dir piaccia) è avvincente e pieno di vita perché va a scavare il cuore del lettore, va a introiettare dentro il suo animo quelle domande esistenziali che sono tutto Dostoevskij, tutto Tolstoj e tutta la letteratura russa dell'Ottocento e che hanno ampi squarci di lirismo morale che fanno sembrare, di queste pagine, come se le avesse scritte Manzoni (per la dolcezza e la responsabilità coscienziosa dei principi) o Svevo per l'introspezione ordinata dei pensieri (anche se qui, mai sconfitti).
La vicenda è semplice e questa semplicità gioca a favore non solo della comprensione lineare ma anche nel fare emergere quelle domande che sono il nucleo del romanzo stesso.
Pietroburgo, una Pietroburgo in cui non c'è quasi nessuno e che comunque, anche nelle poche persone immaginabili, è deserta per un giovane sognatore che esce di casa e va a zonzo, a mane e a sera, non conoscendo nessuno. Questo giovane sognatore è un emarginato!!!
Tale condizione non è una sua volontà ma frutto del destino. Un giorno, però, incontra una ragazza piangente presso il lungofiume e in seguito a una vicenda la conosce.
Qui c'è la parte meno riuscita, a mio giudizio, del racconto, ovvero le battute iniziali tra il sognatore e la ragazza.
Questa ragazza è Nasten'ka e i dialoghi sorti con lei saranno, appunto, "le notti bianche", quelle insonni, dell'innamoramento.
La ragazza chiede al sognatore dapprima che egli non si innamori di lei, poi spera che lo faccia, poi ... (beh, non voglio svelare oltre...).
Il fatto è che la vicenda è ben strutturata e la soluzione dell'intreccio è quella attesa, ma questi lunghi dialoghi (d'altronde resi con due registri linguistici giustamente diversi) fanno risaltare la scrittura dostoevskiana, limpida e scavante. L'amore, l'autonomia, il rapporto sogno-realtà sono analizzati con piacevole autenticità.
Altri due punti voglio considerare.
All'inizio, sebbene la città sia deserta di uomini è piena di vita. Al sognatore i palazzi "parlano". Fino alla conclusione? Da scoprire!
Inoltre, altra traccia da tener presente, l'anonimato dei personaggi, tanto che il protagonista, a mio giudizio, è l'unico che ha un nome, anzi un soprannome: Nasten'ka.
Nasten'ka, dunque, è la protagonista de Le notti bianche e non il sognatore.
Il sognatore, il promesso, la nonna (della cui importanza dovremmo trattare a parte ma che è sicuramente un personaggio pienamente "russo", di quella saggezza spesso essenziale nei romanzi) sono personaggi secondari.
Le scelte le fa Nasten'ka, gli altri le assecondano, le subiscono, le condividono.
Nel racconto si parla di letteratura, si parla di fantasia (nell'immaginarsi in Italia essendo alla periferia di Pietroburgo), si parla del Barbiere di Siviglia. Lo sguardo è felicemente inzuccherato di europeismo.
Ordunque, è sicuramente una lettura che farà riflettere. Una lettura che sembrerà avere dei vincitori e degli sconfitti, forse, ma che, a mio parere, è la consapevolezza di avere vissuto un sogno. E non è questa, forse, la massima aspirazione di un sognatore?