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Ragione e... Ragione
"L'abbazia di Northanger" si apre con una brevissima introduzione dell'autrice sulle vicissitudini editoriali del suo piccolo manoscritto. Il libro venne infatti terminato nel 1803, acquistato immediatamante da un editore, ma pubblicato solo tredici anni più avanti. L'autrice ci vuole quindi rendere partecipi delle sue lecite perplessità sulla vicenda e lo fa in tono neutro, compassato. Il dubbio però sulla sua vera posizione , forse un po' critica, ci rimane. In effetti l'ipotesi non è smentita nel prosieguo della lettura, poiché di una sottile vena critica il romanzo è permeato fin dalle prime pagine. Quello che l'autrice ci vuole offrire è uno spaccato delle incogruenze, della superfacialità e dell'ipocrisia dell'epoca. Si ha quasi l'impressione di assistere ad un'opera teatrale: una commedia nella quale si muovono personaggi di cui l'ingerenza narrante Austiniana ci induce a burlarci . Il lettore non può quindi fare a meno di percepire un vero distacco da una storia nella quale agiscono e parlano donne e uomini volutamente e ferocemente stereotipati.
Non possiamo e non dobbiamo affezionarvici.
Il ritratto della piccola nobiltà dell'epoca che ne esce è terribile: individui totalmente ripiegati su stessi, ciechi a tutto tranne che ai propri sentimenti. Si salvano in pochi o forse non si salva nessuno.
Incomunicabilità, vanità e affettazione sono probabilmente i veri protagonisti di questa parodia di un mondo che si nutre di inezie e sopravvive di ipocrisia.
Il peso di un punto di vista così estremo viene però addolcito dai toni morbidi e ironici dell'autrice, che punzecchia e critica, ma lo fa con una dose generosa di inconfondibile e autentica eleganza.
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