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L'amministratore
 
L'amministratore 2013-01-07 19:02:43 Maso
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Maso Opinione inserita da Maso    07 Gennaio, 2013
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Un idillio tutto inglese

Ed eccomi al secondo appuntamento di quello che potremmo considerare “Il ciclo dei libri abbandonati (e poi ripresi)”. Anche in questo caso si tratta di un abbandono dovuto, naturalmente, non al valore dell’opera letteraria in questione ma dalla presunzione alquanto infantile di poter leggere in età troppo precoce libri che possono essere assaporati a pieno solo dopo determinati trascorsi da lettore. In questo caso il romanzo di cui mi accingo a parlare appartiene allo stesso tempo a due cicli. Uno, personalissimo, è quello suddetto, l’altro è ben più conosciuto e apprezzato da generazioni, ovvero quello del “Ciclo del Barset”. “L’amministratore” è infatti il primo volume di una serie di sei che ci porta a rivivere, grazie all’abile penna di Trollope, un mondo che, se non si sapesse della sua inesistenza, si crederebbe vero tanto è ben congegnato e descritto. Elemento primario di questo volume e di tutti gli altri del “Ciclo del Barset” è sicuramente la componente ambientale/paesaggistica che funge da scenario per le vicende dei personaggi, componente che personalmente ho gustato con particolare gioia e che sembra essere posta quasi allo stesso livello di importanza di tutto il susseguirsi degli avvenimenti della trama. Il mondo in cui ci inserisce Trollope è quello tipicamente rurale e bucolico della campagna inglese del XIX secolo, dalle luci brillanti, dalle giornate limpide, dall’aria profumata di fiori. Un mondo immaginario, appunto, ma vivissimo e descritto con tanta dedizione da apparirci vero. Un piccolo mondo racchiuso in una piccola contea, quella del Barsetshire, situata in un luogo non precisato nel sud dell’Inghilterra. Il classico villaggio che potremmo vedere nei paesaggi di Constable, con piccole casette di pietra, a fianco il fienile, lo steccato bianco, la chiesetta appena attraversato il ponte, gli alberi frondosi che ricoprono d’ombra le panchine lungo il fiume. Un ambiente fiabesco quello che accoglie i personaggi che si muovono in questo relativamente piccolo, garbato palcoscenico. Personaggi bizzarri, ironici, ambiziosi, ingenui, in gran parte appartenenti al ceto ecclesiastico di provincia. Tutti con un ruolo ben preciso, tutti immersi alla perfezione nella propria piccola nicchia cittadina, intrisi di quel delizioso provincialismo estremamente rassicurante e incurante di problemi o situazioni troppo lontane per potersene preoccupare. Una trama fondamentalmente povera e stereotipata funge da struttura generale di questo breve primo romanzo. Il protagonista principale è il reverendo Harding, l’amministratore del ricovero per anziani del paesino di Barchester. Uomo amabile, buono e umile che vedrà turbata la propria tranquillità, affettiva, sociale e finanziaria, dopo che verrà messa in discussione la rendita che percepisce come amministratore del suddetto ricovero. Sostanzialmente, tra le pagine di questo piccolo romanzo ritroviamo una aperta analisi, e in alcuni casi molto caustica, ma sempre piacevole e sempre “tra le righe”, dei rapporti che intercorrono tra i vari membri della gerarchia ecclesiastica. Tutto questo alternato a piccole storie parallele, amorose o meno, tra i protagonisti minori del romanzo.
La lettura risulta tutto sommato molto piacevole. Interessante e godibile è anche l’approccio che utilizza Trollope nei confronti del lettore. Un approccio assolutamente moderno rispetto ai tempi in cui questo romanzo viene scritto, un linguaggio slegato dalle convenzioni più canoniche del romanzo vittoriano, che ci parla direttamente, che ci presenta con insolita spigliatezza ed ironia i personaggi, uno ad uno, delineandone il carattere, le abitudini, le stranezze, il modo di vestire. Tante piccole schede personali che fungono da occhi immaginari con cui il lettore può figurarsi nel modo più particolareggiato possibile il personaggio di cui segue le vicende. Questo modo inusuale di inserire i personaggi, senza sotterfugi, senza l’obbligo ormai scontato di svelarceli poco a poco, risulta nuovo e commovente nel proprio candore.
I personaggi in se, poi, sono tipici ed estremamente emblematici del secolo in cui vivono. Anche in questo caso ci si ritrova in una vera e propria galleria di caratteri e di differenti modus vivendi, influenzati dal ceto sociale di appartenenza di ognuno di essi.
In definitiva, un inizio davvero delizioso per un ciclo altrettanto piacevole da seguire, dove, aimé, i personaggi non rimarranno sempre gli stessi. “Il ciclo del Barset” continua infatti con altri volumi in cui il teatro rimane sempre la contea del Barsetshire, ma in cui i personaggi di ogni volume sono differenti, sebbene tutti appartenenti alla ristretta cerchia di cittadini del paesino di Barchester.
Consiglio a tutti gli appassionati di classici inglesi di intraprendere questo piccolo viaggio che, nonostante non millanti contenuti altissimi come tanti imprescindibili della letteratura britannica ottocentesca, ci estrania dal nostro mondo per portarci all'interno di un'atmosfera unica, fresca e frizzante come una giornata di primavera e allo stesso tempo calda e rassicurante come solo le vecchie favole sanno regalare.


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