Dettagli Recensione
Un'epoca in un libro
Qualsiasi tentativo di elogio si possa rivolgere ad un’opera letteraria del calibro de “I miserabili” denota di per se, a parer mio, un’assoluto sovraccarico di presunzione. Questo lo si intuisce immediatamente di fronte alla mole culturale di questo lunghissimo romanzo, ed è inevitabile chiedersi quale comune mortale possa permettersi realmente di darne un’opinione appropriata. A scapito della mia integrità morale, decido coscientemente di peccare di quella sopracitata presunzione e lancio il mio misero parere a proposito del capolavoro indiscusso di Victor Hugo.
Premessa: questo è il mio primo approccio all’autore. Conseguente consiglio: mi sembra un ottimo inizio, per chi volesse affrontare l’intero corpus delle opere di Hugo credo che un principio così eclatante sia perfetto e dia fin da subito la misura su chi ci troviamo di fronte. Nientemeno che un genio, ma questo non è nemmeno necessario che lo dica.
“I miserabili” non possiede una trama, possiede un mondo e un’epoca. È di per se il racconto dettagliato, veritiero ed appassionante della prima metà del XIX secolo, definirlo “spaccato” è quanto di più calzante si possa trovare per denominare questo romanzo. Lo spaccato di una società messa a nudo e analizzata minuziosamente dall’occhio acuto di Hugo, dalla sua mente apparentemente onniscente. Uno spaccato in cui si muovono una miriade di personaggi di tutte le estrazioni sociali, di tutti i ceti in cui era suddivisa la società francese dell’Ottocento, attraverso i quali conosciamo la vità nelle campagne, la vita di personaggi miserevoli che conducono la propria esistenza sotto la cattiva stella della povertà, che navigano attraverso la moltitudine di persone conducendo vite al margine, intrisi, in certi casi, di buon cuore, in altri di pura perfidia. Personaggi gretti in via di redenzione morale, come Jean Valjean, si alternano a personaggi oscuri e malvagi che svelano a poco a poco la loro malignità, perloppiù legata al soldo, come i Thenardier. La magnifica figura di Cosette prende poi il sopravvento, strappata alla povertà e alla schiavitù fino a giungere ad un ideale di purezza muliebre tipica del romanzo ottocentesco. La gruppaglia di mendicanti, ladroni e fuorilegge ci prende per mano e ci porta a visitare i bassifondi malfamati della periferia di Parigi. L’ispettore Javert, con il suo granitico senso del dovere e della giustizia, ci impone il suo modo di pensare e ci fa contemporaneamente implorare una sua presa di coscienza. Tantissimi altri personaggi, caritatevoli, giusti, ingenui ci fanno commuovere, tanti altri, gonfi di risentimento verso le istituzioni e di coraggio e buona volontà per volerle cambiare, ci rapiscono con monologhi che rimangono indelebili nella memoria come fari indiscussi del libero pensiero.
Tutto questo inframmezzato da accuratissimi capitoli di carattere prettamente storico, che riepilogano in modo assolutamente prezioso gli episodi salienti e incisivi della storia “recente” della nazione francese: l’avvento di Napoleone e la sua sconfitta, nella celeberrima parte dedicata per intero allo svolgimento della battaglia di Waterloo, la grande insurrezione parigina delle barricate contro il sovrano fantoccio salito sul trono dopo il decadimento degli ideali imperiali. Ma troviamo anche dettagliatissimi capitoli che raccontano della vita all’interno degli ordini monastici, dei circoli politici cittadini e di tanto altro.
Insomma, come si può evincere, una quantità spropositata di preziosissimo materiale storico cui attingere, sullo sfondo, o, forse, con un ruolo altrettanto importante a quello delle vicende più strettamente narrative. Un’opera emozionante da ogni punto di vista la si guardi, qualcosa di immenso che prevede un prima e un dopo. La sensazione di aver vissuto qualcosa di straordinario dopo la conclusione de “I miserabili” è terribilmente concreta da essere quasi palpabile. Credo si subisca una sorta di cambiamento che eleva i canoni di valutazione letteraria nel lettore che porta a termine questo lungo viaggio. Viene considerato un classico, ma non è un classico qualunque, e forse, mi si perdoni, non per tutti. Le parti storiche sono particolareggiate ai limiti della manìa e non faccio fatica a credere che molti lettori si perdano facilmente d’animo e di spinta davanti a dieci pagine di strategie militari analizzate al centimetro. È normale, ma è importante dargli una chance poiché la sensazione di portare a termine un così imponente percorso è veramente impagabile, sempre nel rispetto della propria idea di “lettura” come qualcosa di piacevole, libera da obblighi verso qualcosa che non incontra il proprio gusto.
In definitiva, se volete rivivere un'epoca, se la state cercando in un blocco di carta stampata, questo è indubbiamente ciò che cercate.
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Commenti
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Bravo!
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questo classico manca ancora al mio bagaglio, spero che il 2013 sia l'anno buono per iniziarne la lettura!
ora più che mai !!!!