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LE PAROLE ... CHE PARLANO.
LE PAROLE ... CHE PARLANO.
Il primo e l'ultimo racconto iniziano con dei pensieri sulla morte, mentre lo sguardo dei protagonisti avanza attraverso il vetro di una finestra...Eh si, il tema della morte è ricorrente in molti racconti, in particolare nell'ultimo, il più lungo e che è quello che ho apprezzato di più; forse anche perchè è stato l'unico dove Joyce, un pò meno severo e freddo, ha lasciato che il racconto mi trasmettesse tenerezza , emozione e più partecipazione alla vicenda e al vissuto dei protagonisti.
Il tema della morte, come dicevo è spesso ricorrente e i morti assumono un ruolo predominante nei dettami e nei suggerimenti di vita, ancor più dei vivi.
Joyce è un vero artista nel descrivere gli argomenti dei quindici racconti e l'uso della parola è simbiotico con lo stesso argomento, a tratti semplice, a tratti ricchissimo, con metafore e dettagli particolareggiati e il racconto si snoda e realizza proprio attraverso le parole che sono il significante e il significato nello stesso momento.
I racconti sono lo specchio di una realtà, quella irlandese del primo novencento, in cui spiccano la perdita dei valori spirituali e freme un forte desiderio di cambiamento, che rimane represso e non riesce a tramutarsi in azione.
Nessun atto eroico o romantico...ma semplici sfoghi che non sfociano in null'altro...se non in spiccioli atti dannosi per coloro che vivono accanto ai protagonisti....brulichio interiore di sentimenti e di voler cambiare...ma paralisi nei comportamenti.
E lui stesso, l'autore , talora non sa osare più di tanto...sembra incapace di dire tutto...
E si limita a osservare e a rilevare l'esperienza dei protagonisti attraverso le loro parole, frasi e gesti...e la vita raccontata sembra prendere il ritmo della realtà, che ci viene proposta in modo semplice e oggettivo, mai enfatizzata o ingigantita.
Risulta chiaro che Joyce vuole proporsi come un artista che ritrae la realtà senza porre giudizi personali, ma a mio avviso qua e là serpeggia il suo tentativo speranzoso di far in modo che le sue "fotografie della realtà" diventino per coloro che leggono ( in particolare gli irlandesi) un monito alla riflessione sugli aspetti negativi della società : l'aridità dei sentimenti, la paura di cambiare, l'incapacità di riscattarsi da una realtà opprimente...e molti altri, tra l'altro a mio a avviso, sempre attuali). Un invito a capire di più...a capirsi di più...a migliorarsi
E' per questo che reputo il libro "Gente di Dublino" più che mai attuale, anche se non di facile lettura, perchè in esso , come dicevo poc'anzi, possiamo leggere e trovare speranze e delusioni di vita, realtà che intrappolano e ostacolano la felicità e il fluire armonico della vita.
CONCLUSIONI FINALI:
1) Coloro che hanno competenze linguistiche sanno che chi ha un vocabolario di 2000 parole opprime una persona che ne possiede solo 200...e James in questo supera tantissimi scrittori.
2) Dopo aver letto così tanti racconti in cui prevale l'accettazione del fallimento e un senso di prigionia, mi sovvien la voglia di leggere qualche atto eroico o romantico.
3) Una bella coincidenza: nell'ultimo racconto il protagonista è anche ...un "recensore".