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Un Classico...a metà
Di solito i lettori amanti dei Classici, mettendosi di fronte a una nuova avventura letteraria, partono già con una certa disposizione d'animo, pronti a lasciarsi mettere in discussione dalla tematica del romanzo e ansiosi di ricevere un certo arricchimento. Ecco, in cio' Ivanhoe tradisce un po' la sua missione di grande classico, deludendo le aspettative. Se possiamo riconoscergli, da un lato, un'ottima struttura narrativa, possiamo rimproverargli dall'altro un certo senso di perenne "manchevolezza". Come già espresso da altri utenti prima di me, i personaggi sembrano svuotati dall'interno, mossi da un'animosità quasi programmata, fin troppo fedeli a sé stessi e al proprio ruolo, servi, più che protagonisti, delle dinamiche del romanzo. Fatta eccezione per alcune pagine più felici, che vedono in azione quelle che sono a mio parere le figure più interessanti (l'ebrea Rebecca e la vecchia Ulrica), tutto il libro é appesantito dai ridondanti scambi di cortesie tra i cavalieri, dalle onnipresenti professioni di onore e coraggio, dai reciproci riconoscimenti di valore, dalle dichiarazioni di ostilità dei sassoni verso gli odiosi oppressori normanni. Ecco, tutto cio', privo com'é di quell'invisibile forza sotterranea che attraversa altri veri Capolavori della letteratura, finisce per stancare anche il lettore più paziente, e Ivanhoe si dimostra un romanzo che riesce ad accontentare pochi. Faticoso e pedante per un pubblico giovane, ma debole e poco approfondito per un lettore maturo. Forse non erano ancora giunti i tempi in letteratura, delle grandi analisi psicologiche dei personaggi, e risulterebbe quindi fuori luogo rimproverare eccessivamente l'autore di « superficialità », ma devo proprio ammettere che, a dispetto della sua grande fama, non riesco proprio ad annoverare Ivanhoe tra i romanzi immancabili nella mia biblioteca!
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