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Caligola: perversione della libertà
Caligola è il libro della dicotomia: una separazione in due parti, l’involucro vuoto di un Imperatore svuotato dal dolore e l’immagine delirante e terribile di un uomo alla disperata ricerca della libertà. Con Caligola, Camus riporta in scena il tema dell’assurdo, inteso come la condizione dell’uomo che si rifiuta di accettare il proprio destino, imperterrito nella sua febbrile ricerca di un appiglio alla vita. IN questa breve opera teatrale convivono i fantasmi, i dubbi, il dolore della vita, mentre si intrecciano, filate dal grottesco, tenerezza e amore. E’ il libro del delirio non solo del potere, ma anche della razionalità.
Opera di lunga gestazione, il Caligola ha subito numerose modifiche acquisendo, al pari della crisi intellettuale e morale dell’ autore, connotazioni politiche, filosofiche, psicologiche.
L’edizione proposta da Bompiani è quella risalente al 1941, la più complessa, la meno inquadrabile in un’ideologia, quella la cui interpretazione, avulsa da contesti storici o politici, è nelle mani del Lettore che si trova di fronte ad una delle figure più ambigue, Assurde, affascinanti e complesse che la letteratura abbia mai offerto. Nell’Imperatore Caligola si compie la commistione tra il dolore, che provoca una grottesca quanto intelligente alienazione alla realtà, e l’inestinguibile sete di libertà qui mediata dall’orrore e dalla disperazione per la morte della sorella/amante Drusilla. IL lutto non è però la causa, quanto l’occasione per riflettere sulla morte. Caligola è un uomo, ma ancor prima un Imperatore, colui che deve sostenere il peso di una civiltà, del potere.
Alla morte della sorella, il peso opprimente del vuoto, e la presa di coscienza della sofferenza e del dolore, indotti dalla morte, sommergono Caligola in un lago torbido di passioni, di delirio, di perversione e orrore. Caligola vuole vivere. Ma per lui Vita è il contrario di amare e dunque sinonimo di odiare. Ecco come la negazione del destino ineluttabile dell’uomo si trasforma drammaticamente nell’implacabile logica di un Imperatore che, anelando alla libertà, si abbandona alla perversione, all’omicidio, all’adulterio. Caligola rifugge dal nulla, dal vuoto, dalla solitudine. E i vivi, soggiogati dall’ipocrisia e maschere distorte di una classe intellettuale che ha perso la propria identità, e capace soltanto di una deprecabile assertività.
L’unica consolazione è quella del rimorso, la compagnia del senso di colpa per gli uomini uccisi, le vite distrutte. Ma neanche questo è possibile: perché la mente, indipendente, teme il senso di colpa e crea una logica tale da giustificare le azioni. Per Caligola tutti sono colpevoli di essere suoi sudditi, tutti meritano di essere puniti. E in fin dei conti l’unica libertà è quella del condannato a morte. La libertà di non dover più decidere, di abbandonarsi all’oblio. Ecco la più vistosa delle contraddizioni del Caligola di Camus: voler essere un condannato a morte, per essere liberi, ma il voler restare in vita. L’unica soluzione è l’impossibile. Troppo per un uomo che ha rinnegato la sua stessa natura, rinnegando così se stesso. Non potendo avere l’impossibile, Caligola si trova finalmente solo, annebbiato al delirio d’onnipotenza, senza più vincoli con il presente. La sua drammatica dissociazione prende la forma definitiva, la sua perversione si annichilisce e rimane il guscio grottesco di un uomo che comprende l’unica cosa che non può più avere: l’amore e la tenerezza sono le sole cose che riescono a salvarti, nessuno può riuscirci da solo. O l’aiuto o la libertà raggiungibile soltanto contro gli altri uomini. Caligo sceglie il secondo.
Ecco di nuovo l’assurdo. Ecco il delirio: l’infedeltà all’uomo e l’idolatria per se stessi. Ecco l’involucro senza umanità di quello che era un uomo. Un uomo schiacciato dal suo ruolo, dalle responsabilità. Ecco un capolavoro della letteratura.
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Commenti
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Comunque, bravo.
Tuttavia vedo che quest'opera non è fatta per me, io in questo periodo mi sono un po' infiacchito e sono alla ricerca di letture per me leggere( soprattutto dopo le mille prove della Yourcenar con Memorie di Adriano)
Comunque ti faccio tutti i miei complimenti!!!!!!!!!!!!!!!
-@cecilia: HO letto la tua recensione su La pesta, divertente e divertita ;-) Forse era troppo lungo (anche se sono soltanto 200 pagine) o forse non era il momento..... io ho iniziato da Lo Straniero e mi era piaciut moltissimo, poi ho continuato con questa opera teatrale che ho letto 2 volte in due giorni O_O anche perchè conta solo una sessantina di pagine e la prima lettura non è sufficiente
-@Amarilli: Hai ragione, sacro furore!!! Ancora non sapevo cosa mi aspettavo, 2 letture per capirlo almeo in parte, un po' faticoso ma appagante... comunque hai ragione il caldo è tartassante!
-@Alessandro: Oh giusto cielo ahahahahahahah tu continua con la leggerezza, io è ora che ricomincio con qualcosa di più pesante dopo molte letture leggere!!
@Marcella: A te un altro grazie!! Penso che per entrare nella redazione devo fare la richiesta che non ho ancora inoltrato, ci rifletterò!
@Rakovic: Guarda, per superare la mia professoressa d'italiano non ci vuole molto ;-)
Inoltre è stata la mia prima opera teatrale, bellissima! Dovrebbe costituire una sorta di ciclo assieme a Lo Straniero e Il mito di Sisifo, una sorta di trilogia sui vari aspetti dell'assurdo, trattati con 3 tipologie testuali diverse: il romanzo per Lo straniero, il testo teatrale per Caligola e il saggio per Il mito di sisifo... Non so come spiegartelo ma è come quando leggi qualcosa e anche se non capisci fino in fondo c'è una sorta di calamita di stupore e fascino che ti costringe a leggerlo, Camus sta diventando uno dei miei scrittori preferiti, certamente il più complesso tra quelli che ho letto...
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Bravissimo e bella recensione!
Io Camus non lo posso soffrire: di lui ho letto solo "La peste" e mi è bastato! Troppo triste, pesante e macabro! Ho ancora i brividi solo a pensarci... BRRR!!!