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La Marshalsea: vita in una prigione per debitori
Non ho scelto a caso il mio nickname Qlibri. Little Dorrit (la piccola Dorrit nella traduzione italiana) è il romanzo di Dickens che ha consacrato la mia totale devozione allo scrittore inglese di cui si è celebrato, da poco a Londra, il bicentenario della morte. Il romanzo alla sua prima uscita fu accolto in malo modo dalla critica dell’epoca che lo giudicò “ il peggiore” nella vasta produzione di Dickens. Solo in epoca contemporanea è stato rivalutato e ricollocato sul podio che gli spetta di diritto come uno dei migliori in assoluto del romanziere. La piccola Dorrit incentra la sua narrazione sulla presenza psico-fisica della Marshalsea, la prigione per debitori che all’epoca di Dickens si trovava nel quartiere di Southwark, nelle vicinanze del vecchio ponte di Londra. Qui venivano rinchiuse tutte quelle persone che non erano riuscite a pagare i propri creditori e quindi erano costrette a subire l’umiliazione della reclusione che, in alcuni casi, poteva essere anche a vita. Dickens, all’età di 12 anni era stato costretto a lavorare presso una fabbrica di lucido da scarpe proprio perché suo padre fu rinchiuso per debiti in questa prigione e l’evento lo impressionò a tal punto che la Marshalsea divenne una presenza di spessore in molti dei suoi romanzi, in questo in particolar modo. La Marshalsea, gestisce sommessamente il destino della famiglia Dorrit. I personaggi principali sono: William Dorrit il capostipite, sua figlia Amy (i suoi fratelli si fanno vivi ad intermittenza) e Arthur Clennam, il fidato amico di famiglia. Una trama abbastanza semplice a dispetto di altri suoi testi ma articolata, come al solito, dalle numerose comparse. I temi toccati nel romanzo sono svariati; uno fra tutti è la famiglia che viene descritta come ingombrante e soffocante ma assolutamente da sopportare a causa dell’apparenza tanto cara ai vittoriani. Amy, ragazza buona e dolce, dimostra una totale adorazione del padre che non viene mai messo in discussione anzi, egli è visto come vittima di una società crudele; Amy annulla se stessa per essere alle “dipendenze” del padre che con il suo vittimismo accentra le sue attenzioni monopolizzandole la vita e disperdendole anche i pochi sogni d’amore e di cambiamento che si affacciano in lei. William Dorrit è in realtà un uomo fallito che però è riuscito a costruirsi un’identità fittizia all’interno della stessa prigione tanto da meritarsi il nomignolo di “ padre della Marshalsea”; con questo ruolo pseudo borghese cerca di elevare la sua misera condizione divenendo talvolta insopportabilmente snob nei confronti di chi gli sta intorno e cerca di aiutarlo. Arthur Clennam è la figura nobile del romanzo, un cavaliere antico pronto a salvare dal male del mondo la piccola, sventurata Amy, vista per quello che è realmente: una ragazza sola, condannata ad un triste destino. Amy ama segretamente Arthur ma questi, provando per lei stima, amicizia e rammarico non se ne accorge, aumentando inconsapevolmente le sue pene. Il romanzo è diviso in due parti: Povertà e Ricchezza. Ad un certo punto della narrazione si ha un cambio di situazione ed è bello vedere le reazioni dei personaggi a tale evento. Chi resta fedele a se stessa è Amy che non può dimenticare le sofferenze degli anni bui della prigione, essa, ormai, ha formato il suo carattere irrimediabilmente. Suo padre invece si perde…e riesce a vedere tutto con lucidità solo in punto di morte. La morte di William Dorrit è una delle scene più toccanti del romanzo. Sullo sfondo della storia principale abbiamo un galeotto in fuga, un’eredità cospicua, un viaggio in Italia, un amore giovanile divenuto ridicolo e che ritroviamo in scenette grottesche, una madre e un figlio lontani ma solo in apparenza e molto altro. Romanzo con retrogusto amaro, una storia di famiglia commovente e tormentata che resta nel cuore e nella testa, un Dickens che non si dimentica.
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