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Ivanhoe
Quasi duecento anni e non sentirli,come se lo avessero scritto ieri,per la straordinaria capacità narrativa,comune a molti autori britannici dell’epoca,che scaturisce dalla talentuosa penna d’oca dello scrittore scozzese,limpida,scorrevole,per la fluidità dinamica degli eventi ,per l’azione incalzante,per il coinvolgimento che si prova nelle scene,e per la tangibilità delle ambientazioni. Da tenere in considerazione poi,per comprendere in pieno il valore di quest’opera,forse la più significativa di Scott,che si tratta a pieno merito della matrice di un nuovo genere,il romanzo storico,dove per la prima volta uno scrittore,come si specifica in una lettera introduttiva e in svariate note sparse nelle pagine,supportato da un approfondito e accurato studio di un determinato momento storico,ne ambienta in esso nel modo più coerente possibile,una trama che si adatti quindi in modo pertinente agli usi e costumi e agli avvenimenti del periodo preso in considerazione,in questo caso l’alto medioevo britannico,un centinaio d’anni dopo la presa dell’isola da parte delle popolazioni normanne. Per la prima volta quindi,e in maniera rivoluzionaria la letteratura scopre una nuova ramificazione che successivamente riscuoterà notevole successo,fondendo l’utile al dilettevole,l’apprendimento degli avvenimenti storici,al puro intrattenimento. Mi sono sempre domandato quindi,preso in considerazione quello che ho appena menzionato,come mai il caro Sir Walter Scott,a parte il merito già citato di essere riconosciuto come il padre del romanzo storico,non venga mai accostato ai grandi scrittori dell’800,e in questa mia 3^ lettura dell’Ivanhoe,ho cercato di trovare una risposta a questo quesito. La risposta a mio parere,si trae dai protagonisti ,un ibrido tra il super’uomo illuminato e l’eroe romantico che proprio in quell’epoca si sta’ definendo,quindi ancora un embrione informe,esclusivo strumento della trama; non si discute la fedeltà e la destrezza d’armi di Ivanhoe,il coraggio e la magnanimità di Re Riccardo cuor di leone,la perfidia e l’arroganza di Brian de Bois-Guilbert,l’equità e il senso di giustizia dell’arciere Locksley,meglio noto come Robin Hood,l’estrema nobiltà d’animo e la religiosità dell’ebrea Rebecca,e così via,ma tutti nell’insieme mancano di profondità, troppo coerenti al loro ruolo per essere reali,come dei mediocri attori che recitano una parte di un copione,senza pathos,debolezze,sfumature implicite dell’animo umano,senza passione e vitalità,mancano di sangue e non trasmettono emozioni,insomma un gran copione,ma attori mediocri,poco più che marionette. Fa riflettere anche la tematica principale del romanzo,l’integrazione di un popolo conquistatore con le popolazioni aborigene native,lo scontro tra le differenze culturali,il violento invasore che sottomette il debole natio con la violenza e la discriminazione razziale,che sfocia nel sogno di un’integrazione pacifica e rispettosa, fa riflettere,in considerazione della storia coloniale britannica del IXX secolo!
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Commenti
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Eva@ insisti con Marcy insisti che puoi farcela io gli ho fatto leggere Marai ;)
Lascia perdere me che mi ci faccio sopra della sana auto-ironia e cerco di convincere il mio amore quanto sarebbe bello se lui fosse un vampiro guerriero con le zannone, i muscolacci e la voglia di menar le mani a tutti le creature cattive della terra (non ti dico la sua faccia! è solo da vedere!! uahauahauahuaahauahahah)... !!! ma no no, per te di leggero c'è ben altro: già letto tutto Pennac, Benni o che ne so...Frascella???
Katiiaaaaa..ma la Kinsella è più per noi, su :)))
Io ad esempio ho letto tutti quelli vecchi di Severgnini, scritti davvero bene e ideali per farsi due risate alle spalle degli italiani e delle loro manie.
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Ma vale sempre la mia proposta: giuro che non ti propongo vampiri, maghi o uncini!! :))))))