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Il volto crudele dell'Amore
In La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj (Einaudi – traduzione di Leone Ginzburg) i rapporti umani sono strani, eterei, variabili: fanno paura, annoiano, diventano l’unico motivo per cui vivere o l’unico motivo per uccidere. Tolstoj ci parla di un amore che si nutre di illusioni, di miraggi immacolati, di un’idea irraggiungibile di perfezione che conduce ineluttabilmente all’assassinio e alla morte, quando ogni illusione viene distrutta. Se l’amore non fosse così perfetto, così puro nella mente degli uomini, non si proverebbe il dolore della scomparsa, con La sonata a Kreutzer visitiamo le tappe più crudeli del declino di una storia d’amore: l’inconsapevolezza, la pura sofferenza causata dalla discrepanza tra desiderio e realtà, quando il dolore è ancora camuffato e si stenta a comprenderlo; il silenzio, l’ombra che separa insofferenza e realtà, l’attimo in cui si manifesta la fine di una storia che vive solo della reciproca indecisione. E alla fine, la fredda consapevolezza e quindi la morte dell’amore che porta all’omicidio, nel caso del protagonista. Breve, profondo, tagliente come una lama, come solo i grandi libri sanno essere, di una bellezza dolorosa e affascinante, rassegnata e brutale com’è l’amore, com’è a volte la vita.
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Quella del protagonista più che monomania mi sembra gelosia portata alle estreme conseguenze ma tutt'altro che infondata. Le corna, insomma, c'erano tutte...
Gelosia portata alle estreme conseguenze o monomania, cambia poco. Non è la storia di uno che torna a casa, trova la moglie a letto con l'amante e la ammazza. E' la storia di uno che si è costruito la propria delirante certezza e in base a questa arriva all'omicidio. Ma ripeto, la cosa interessante è come Tolstoj descrive questo processo, non quella che mi sembra un'interpretazione post-femminista della morale di Tolstoj. Se volessimo vedere tutto in questa luce, ci rimarrebbero veramente pochi grandi libri da leggere.
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