Dettagli Recensione
Io sono un gatto di Natsume Soseki
Riporto la recensione che ho pubblicato oggi sul mio blog, noterete proprio per questo, uno stile libero ^__^
Titolo originale: ??????? " Wagahai wa neko de aru "
Io sono un gatto......già il titolo mi entusiasmava, potevo non leggerlo?
Che libro pieno di parole rumorose e vuote, quanti discorsi da suocera di paese (non me ne vogliano suddette suocere ma riconoscano che le chiacchiere fini a se stesse possono essere definite inutili), allo stesso tempo però un libro pazzesco...l'ho finito stasera e mentre lo chiudevo pensavo che Soseki mi aveva giocato davvero un brutto tiro..... prima mi incastra nelle sue pagine e poi, poi mi lascia con il tormento della fine, perchè? il perchè al termine della recensione, non sono solita svelare la conclusione di un libro ma questa volta e per questo libro voglio farlo, perciò quando vi dirò di non leggere oltre, a meno che non l'abbiate già letto, non fateloooooo!
La storia è ambientata durante la fine del periodo Meiji e il principio dell'epoca moderna, che detto così ai molti potrebbe non dire nulla ma, a chi è nel settore un tintinnio nelle orecchie potrebbe darlo....questo periodo fu per il Giappone importantissimo perchè diede avvio all'era moderna giapponese, la chiusura del paese finalmente finì e i contatti con l'occidente cominciarono ad essere sempre più assidui. E' in un clima di modernismo forzato che prende avvio il nostro romanzo, dove, protagonista un gatto, vengono narrate scena di quotidiana normalità di una famiglia giapponese, attorno alla quale ruotano dei personaggi fissi che conferiscono a questo racconto di circa 510 pagine, un aria di teatralità che difficilmente annoierà il lettore.
Siamo nella casa tipicamente giapponese, di un professore di inglese che pur atteggiandosi a grande studioso (e in effetti tale è considerato dai suoi conoscenti più illustri) in realtà è un uomo pigro e malaticcio di nervosismo così cronico da dargli un curioso mal di stomaco che in nessun modo riesce a curare.... chi racconta le vicissitudini di questa famiglia è un gatto, che non avendo nome verrà chiamato dal lettore come meglio riterrà, un gatto sagace, ironico e molto critico; un felino atipicamente istruito, goloso di cultura e di giudizi. Sarà grazie a lui che con divertimento seguiremo le quotidiane vicende della famiglia del professor Kushami, sarà grazie a lui che i nostri occhi osserveranno un Giappone in preda al cambiamento, alla paura di cio' che questo modernismo gli porterà.
Ho riso moltissimo mentre leggevo queste pagine scritte con una maestria ed un senso dell'ironia che pochi libri fino ad ora mi hanno trasmesso, Soseki è un maestro nel descrivere le ambientazioni, i dettagli maniacali, tutto per riuscire a trasmettere al lettore un'istantanea il più reale possibile di questi spaccati di vita quotidiana. In un quadretto dove un professore decisamente poco simpatico ma molto buffo combatte contro il nervosismo derivatogli da agenti esterni che lo turbano (vedi i ragazzini di una scuola adiacente casa sua) e, un' indifferenza quasi fastidiosa verso le etichette classiche che l'educazione impone, il lettore si diverte, sorride sul serio. Intorno a lui poi, personaggi totalmente diversi: Meitei sfrontato, maleducato ma maledettamente indispensabile, Kangetsu il "limatore di biglie" l'uomo più scontato che ci sia, logorroico in modo atipico, "la nasona", "tofu", "Dokusen" che sembra arrivato all'illuminazione e che il gatto irriverentemente prende per i fondelli, "il nero del vetturino", gattaccio nero che si adatta perfettamente ai cambiamenti della società, e poi c'è il vero protagonista che, semplicemente, ho amato.....un gatto che sonnecchia al sole e si rilassa, che non prende topi e che fa ginnastica esercitandosi sullo steccato di bamboo che "protegge" la casa dagli invasori, un gatto senza nome ben cosciente dei limiti di questi umani e della sua superiorità di felino.
Che bel libro; mi sembrava di osservare una piazza di paese, l'ho amato e a tratti detestato per la prolissità di alcune descrizioni, di alcuni discorsi inutili perpetuati per 3 pagine, ma, devo inchinarmi davanti alla maestria di questo autore che è riuscito nonostante la lunghezza e l'abbondanza di parole a farmi finire il libro e a regalarmi una curiosità tale da portarmi alla fine del romanzo.
Una piccola puntualizzazione: quando si pubblicano critiche letterarie sulla quarta di copertina, chi le scrive, potrebbe avere l'accortezza di leggere il libro, visto che il gatto del romanzo non è nero, ma giallo e marrone a macchie. Roba da pazzi.
Ed ora la nota dolente: SE NON AVETE LETTO IL LIBRO E NON VOLETE SAPERE LA FINE, NON CONTINUATE A LEGGERE!
Non mi è andato giù che Soseki seguendo un moto di "liberazione della coscienza" tipicamente giapponese, abbia fatto annegare il gatto in una tinozza dell'acqua piovana, e non solo! Prima lo fa ubriacare, e fin qui nulla da dire, visto che il nostro gatto già aveva dato prova di cuiosità sciocca nel voler assaggiare un mochi rimastogli infilato nei denti fin quasi a soffocarlo, ma poi, perchè farlo morire affogato???? Ma come, una volta tanto che un romanzo nipponico finisce bene me lo devono comunque far terminare con una morte???? Non ci sto! No No No! Farò finta che non sia morto, così per ripicca.
E con questo vi saluto ^__^
Sayooooonara!
Romina
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