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DA EROI A UOMINI
C’è un nobile ateniese, esule, ammiratore di Socrate, ma soprattutto innamorato del mito di Sparta: a differenza della culla della democrazia dov’ è nato lui, garante dell’eguaglianza, Senofonte sogna la città del Peloponneso, famosa per i suoi guerrieri, dove l’educazione dei bambini consiste nell’addestramento al furto e all’omicidio di uno schiavo. L”Anabasi “ è pertanto una fuga da una realtà detestata, perché restrittiva nei confronti di chi non si sente “uguale agli altri” ma superiore per virtù e stirpe: è un 'occasione d’oro quindi quella prospettata dall’amico Prosseno che stava raccogliendo mercenari in tutta la Grecia per conto di Ciro il Giovane per partecipare a una spedizione in Asia per spodestare dal trono il fratello Arteserse. Tuttavia il motivo ideologico si nasconde assai bene fra le righe di un’ opera che delle idee politiche dell’autore si nutre assai poco. Il viaggio di ritorno per rivedere il “mare” dei diecimila mercenari greci, costretti a marciare in territori ostili, da tutti i punti di vista, dopoché nella battaglia di Cunassa del 401 a.C. morì il principe che li aveva assoldati e i loro generali furono massacrati si svolse davvero come Senofonte ce lo racconta? Pare che un'altra “Anabasi” scritta da un tal Sofoneto, per noi perduta, dia una versione molto diversa di quegli eventi, ridimensionando drasticamente il ruolo di Senofonte. Ma nel mondo antico gli storici non sono tenuti a comporre manuali degni di fede: devono essere al contrario narratori e pittori. L’”Anabasi” è di fatto un romanzo, un reportage, crudo, senza concezioni alla retorica, la cronaca di una drammatica odissea di un manipolo di disperati, destinati a morire assiderati o di fame, se non avessero imparato che salvarsi la pelle rende gli eroi uomini.