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Cos'è la peste?
Difficile parlare de “La peste” di Albert Camus senza fare cenni al pensiero esistenzialista del filosofo (se non proprio all’esistenzialismo) oppure all’epoca in cui venne concepito il romanzo.
Ma non farlo significherebbe omettere molto. Si può vedere il romanzo come sintesi del pensiero di Camus, o al contrario, dal romanzo trarre il profilo di un scrittore definito “dell’assurdo”. Ma perché dell’assurdo? In cosa e dove consiste questa assurdità?
Ecco, allora, che romanzo e pensiero si fondono in un unico elemento e l’uno diventa indispensabile all’altro.
Non avere tra le mani i dovuti strumenti (momento storico, ambito filosofico…) toglie molte delle bellezze al romanzo, le cui frasi e i cui personaggi assumono bellezza e profondità solo grazie a queste conoscenze. Non è una spiegazione al romanzo (non ce ne possono essere), ma è come possedere una mappa, delle coordinate grazie alle quali muoversi in un territorio dove il pensiero prende forma in immagini.
Orano, città dell’Algeria, anni ’40. La città (già la particolarità è significativa) è “senza uccelli, senza alberi, senza giardini, senza battiti d’ali, senza frusciare di foglie…” In effetti come immaginare un luogo simile, dove la primavera è annunciata dai fiori portati da fuori? Che luogo è questo? Dove siamo?
È evidente che non possiamo essere in una città reale, ma in un “luogo neutro” come anticipa lo scrittore fin dalla prima pagina. Magari un luogo dell’animo. O meglio, della mente.
La città, comunque, è colpita dalla peste, che prima uccide topi a migliaia, ma poi diffonde il suo virus anche agli uomini.
Bernard Rieux, medico, ci racconta di questo diffondersi della malattia e della sua lotta per debellarla. Vivrà questi giorni e questa lotta a fianco di Jean Tarrou, un intellettuale che ha rinnegato una sua precedente professione forense, e Raymond Lambert, un giornalista che dopo aver pensato di scappare dalla città rimane per sostenere le ricerche del medico.
L’epidemia dilaga fino al punto da costringere le autorità a isolare la città, a chiuderne le porte.
Nonostante la peste, molti continuano indifferenti la loro vita, nelle loro bassezze, nei loro godimenti. Altri invece, vengono colti dalla paura e si rinchiudono in casa.
La prima domanda che verrebbe da chiedersi, in maniera abbastanza elementare e sommaria, è Ma cos’è questa peste? E infatti quello che si chiesero molti alla prima pubblicazione del romanzo, dando poi una superficiale spiegazione allegorica con ciò che era accaduto pochi anni prima in seguito al dilagare del nazismo in Europa. Ma l’intenzione di Camus non era quella di fare un libro storico. Avrebbe scelto altre strade, altre riflessioni, sicuramente più efficaci. Lo scrittore stesso invitava a non tradurre così rapidamente il significato del romanzo, a guardare oltre.
Più che tentare di capire cos’è la peste (io ho una mia idea, ma non è interessante che dica la mia: il bello della letteratura è che in ognuno si formi il proprio pensiero) proviamo a vedere cosa non può essere. È un qualcosa che non ha a che fare né con l’amore, né con l’amicizia, né con la vita, né con la solidarietà tra gli uomini. Verrebbe da dire che stiamo parlando della morte, ma non è proprio così, sebbene sia un concetto alquanto vicino.
A riguardo trovo significativa una frase del romanzo: “La peste aveva tolto a tutti la facoltà dell’amore e anche dell’amicizia; l’amore, infatti richiede un po’ di futuro, e per noi non c’erano più che attimi”.
Un mondo senza futuro, una vita senza futuro cos’è? Non è esistenza. È buio. Davanti. Cosa fare, allora, rassegnarsi? Lottare. Ecco, l’unica via è lottare. È rischioso, come lo è per il medico che per curare un malato o per trovare la giusta medicina si espone al contagio. Ma non è ancor più rischioso affidare la propria vita al caso, alla possibilità di contrarre o meno una tale malattia? Ecco allora l’assurdo, si vive per lottare. Ed è la forza che ci fa andare avanti. Rieux fissa questa idea dicendo “Quello che odio è la morte e il male… noi siamo insieme per sopportarli e combatterli”. Insieme. Basta solo questa parola a dare unità al tutto, a indicare la strada non per il singolo uomo, ma per l’intera “esistenza”, una strada forse che non porta a nulla, ma che di certo fa poggiare saldamente i nostri passi sul senso del vivere, dell’esistere.
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Commenti
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Grazie per la recensione interessante ed invitante :)
Sai, secondo me ogni libro ha un suo… tempo, per così dire. Non è che si tratti di anni, penso a settimane, a volte. Forse La peste non adatto q "quel" tuo tempo. tutto qui.
buone letture.
Per alcune cose sono stato un po' superficiale, o poco chiaro… ma sono già logorroico di mio quando parlo di libri e per una recensione è bene non esagerare.
buona settimana.
Ottima recensione Alfredo.
Mi è venuta voglia di leggere Camus!
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Anche se odio questo libro con tutta me stessa, ti faccio i miei complimenti!!!