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Opinione sull'opera
Il breve romanzo che anticipa i suoi capolavori trae spunto dal tardo spegnersi del giorno a Pietroburgo dove è ambientato. E’ in queste quattro notti che il protagonista sogna, s’illude e poi torna nel suo torpore dove tutto gli appare più vecchio compresa la sua stessa immagine. Alcuni tratti dell’impiegato – altro classico del romanzo russo – ricordano l’ingenuità de “L’idiota”. La sua emozione è simile a quella “innocente” di un bimbo che scopre la passione nella tristezza e la dolcezza di una donna, la sostiene nei suoi affari di cuore pur essendone innamorato. Il suo puro cuore – onnipresente e inevitabile ridondanza in un racconto d’amore - colpisce quello confuso della bella Nasten’ka (del protagonista il nome resterà un mistero), affascinata dalla timidezza (“vi dirò che alle donne piace una timidezza così; e se volete saperne di più, vi dirò che anche a me piace”) e le premure del suo cavaliere. Ma Nasten’ka è in attesa del ritorno del suo vero cavaliere che la fa attendere. Nel momento in cui la corda pare spezzarsi il suo uomo ricompare improvvisamente e l’immagine della sua mano che si divincola dal nostro eroe è quasi lirica come l’ulteriore passaggio con il bacio “forte, con passione”. In fondo il protagonista trova anche sostegno da questa avventura unica nella sua vita lodando il suo minuto di beatitudine, di certo più romantico del famoso “quarto d’ora di notorietà”
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