Anna Karenina Anna Karenina

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Jari Opinione inserita da Jari    13 Marzo, 2024
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Desiderio e vita

Complesso, potente, straordinario affresco di una Russia spesso rurale, ma anche cittadina, Anna Karenina è un romanzo, citato da tutti, rappresentato al cinema svariate volte, che si potrebbe definire corale, tali sono i personaggi che lo popolano. Su tutti spiccano forse, oltre ad Anna e Vronsky , Kitty, Konstantin Dmitri? Levin, Alexei Alexandrovich Karenin, Dolly e Stepan "Stiva" Arkadi?, le cui vite, angosce, tormenti si intrecciano in più di mille pagine che pare si leggano come a guardarsi in uno specchio. Già perchè il romanzo, attualissimo e per questo classico senza tempo, parla di e ad ognuno di noi, racconta la vita e i segreti che caratterizzano tutti noi, quasi che fossimo anche noi appunto protagonisti delle storie che si susseguono. Amore struggente, senso di colpa, morte, religione, arte, morale comune, politica, economia, filosofia: Tolstoj parla di tutto questo attraverso i suoi personaggi meravigliosamente caratterizzati a tutto tondo, con tutte le loro fragilità ma anche virtù. E' una storia d'amore quella che lega Anna a Vronsky? Certo, ma non ci si ferma mai alla superfice, non ci si dilunga mai sugli aspetti sentimentali del loro rapporto, e quando lo si fa sono ben visibili i sentimenti contrastanti che divorano dall'interno Anna, perennemente in conflitto fra un amore incondizionato e i vincoli morali che impone la società, il matrimonio e soprattutto il senso di colpa per quel suo figlio che solo una mattina, in segreto e per pochissimi struggenti momenti, è riuscita a vedere dopo l'abbandono della casa coniugale. Era l'unica via d'uscita quella scelta da Anna per mettere fine ai suoi tormenti? Forse, ma Tolstoj non prende posizione e fa finire in maniera quasi straniante il romanzo, incredibilmente direbbe qualcuno, con Levin che cerca nella metafisica il senso della sua esistenza, mentre Vronsky nelle ultime pagine nemmeno quasi lo si vede se non per i riferimenti all'impresa che sta per intraprendere. Leggere questo romanzo per la prima volta mi ha fatto quasi rinascere e per questo lo consiglio a tutti, e a tutte le età.

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    27 Marzo, 2021
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Tanti amori quanti cuori

"Anna Karenina" è stato il libro di svolta nella mia vita da lettrice. Come in una stazione di cambio, imbattendomi nella scrittura di Tolstoj ho intrapreso la lettura dei classici e in generale la lettura della buona letteratura. Mi facevano paura, li consideravo noiosi, preferivo Dan Brown a qualsiasi autore classico (con rispetto parlando di Brown che mi ha intrattenuta con piacere nei suoi libri) e che cosa mi perdevo. Infatti poi ho subito recuperato una buona parte di loro, e ora, dopo sei anni, all'improvviso ho sentito una gran nostalgia di questo mio primo amore. Ho ritrovato, con la rilettura, un'opera ancor più monumentale da come me la ricordavo e ora posso affermare che è uno dei libri più belli che ho mai letto e il mio preferito in assoluto di Tolstoj.
Un classico è un libro che non smette mai di dire quel che ha da dire e questa regola calza alla perfezione ad "Anna Karenina" e sono certa che, se ora lo ricomincerei a leggere per la terza volta, a fine lettura, avrò scoperto una nuova meraviglia e il libro mi avrà trasmesso una nuova freschezza. Infatti, nel futuro non escludo di farlo. Cosa ho scoperto ora? Innanzitutto ho scoperto di amare Anna, di comprenderla, di provare empatia verso di lei, e di odiare Levin, che prima avevo amato. Levin il bigotto, il moralista, il geloso e il misogino, mille volte meglio Vronskij, ed infatti è il più ambito tra le donne e Levin in fin dei conti, una seconda scelta per quanto gli si voglia dar profondità di sentimento a Kitty. Ho amato la struttura complessa del libro alla quale ho potuto prestare attenzione, tutti i presagi che accompagnano i capitoli portando all'epilogo finale, le magnifiche descrizioni sia rurale che cittadine, la complessità dei personaggi, che subiscono mutamenti, tranne Stiva che rimane il solito perditempo fedifrago ma con una sua onesta e dignità - in effetti non mi è dispiaciuto come personaggio, un buon amico che mantiene viva la festa. E Anna! Il personaggio principale -si fa per dire - che prima avevo odiato, ora ho amato follemente e se è stata abbandonata da tutti, incompresa, in me, lettore, ha trovato appoggio, compassione, perdono e tenerezza. Tolstoj ha tratteggiato questa figura in un modo così vivido e superbo che per me è decisamente, assieme a Edmond Dantes, il personaggio più affascinante della letteratura che ho letto fino ad ora. La contraddistingue eleganza, femminilità, amore materno, intelligenza, civetteria, passionalità e dedizione totale all'amante: alzo le mani davanti a lei e all'autore così bravo nel far ciò. Il suo monologo interiore nella scena che precede la sua fine, intriso di cinismo, disillusione, follia, disperazione e desiderio cieco di vendetta è stato per me il punto culmine dell'intera lettura e l'ho trovato molto moderno, quasi un flusso di coscienza perché i pensieri erano spezzati da altri come l'osservazione di una insegna o di un passante o di altro ancora.
Ho notato anche le sue varie idee comuni con altri libri come per esempio "Suonata a Kreutzer" e "La Confessione" - soprattutto per la parte finale dedicata a Levin e alla sua domanda sull'esistenza. Devo dire che la presenza di Levin l'ho trovata abbastanza ingombrante nel libro questa volta, seppur funzionale alla storia e al messaggio di Tolstoj, infatti Tolstoj è Levin e non Anna, che alla fine condanna, perché per quanto moderno rimane pur sempre un moralista di prim'ordine. Un libro cult per me che non smetterò mai di consigliare e che è impossibile non piacere.
"Ed ella aprì lo sportello. La tempesta e il vento le si precipitarono incontro e litigarono con lei per lo sportello. Il vento pareva che aspettasse soltanto lei: cominciò a fischiare gioiosamente e voleva prenderla e portarla via, ma ella con una mano si aggrappò a una fredda colonnina e, trattenendo il fazzoletto, scese sulla banchina e passò dietro la vettura. Il vento era forte sulla scaletta ma sulla banchina dietro alle vetture c'era calma. Con delizia, a pieni polmoni, ella spirava la nevosa aria gelata e, stando ritta accanto alla vettura esaminava la banchina e la stazione illuminata."

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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    19 Settembre, 2019
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Anna ti amo

E niente, ho letto questa opera 3 volte e non ci posso far nulla: quando si arriva alla descrizione del viso e del corpo di Anna, mi viene un languore, un senso di smarrimento, un desiderio che mi pare di avere la protagonista affianco a me nella stanza.
Credo che ci siano pochi esempi di perfezione di una descrizione delle caratteristiche fisiche di un personaggio come quello di Anna.
Ho come la sensazione che l'autore abbia conosciuto una donna con tali sublimi fattezze e poi ne abbia voluto omaggiare la beltà, trasportandola nelle pagine di questo capolavoro senza tempo.
E' abbastanza facile capire come mai il marito e l'amante di Anna perdano completamente la testa appresso a questa donna, che pare stare al mondo per donare da una parte la bellezza di cui è fatta, ma proprio perchè incarnazione di un ideale di donna quasi impossibile da raggiungere, ecco che per i due protagonisti divine quasi impossibile uscirne fuori in maniera normale, dopo che sono stati soggiogati dal suo fascino.
E' un libro che viaggia su due piani: da una parte mette a nudo tutte le ipocrisie e violenze dell'epoca, dall'altra vuol essere un racconto in cui si esalta il potere ammaliante di una splendida donna verso coloro che la bramano.
Gli scrittori russi, attingono a piene mani, nel grande calderone dei desideri umani. Nell'incapacità delle persone di riuscire a dominare i propri desideri.
Questo tarlo che corrode.
Anna va incontro al suo destino, perchè anche lei non è capace ha porre a freno le proprie aspirazioni che sono quelle di una donna libera nella testa, ma incatenata dalle morali sociali.
Da come ho potuto vedere io l'evolversi della vicenda, in Anna non ho trovato un inclinazione all'amore, bensì un talento smisurato a rendere quasi impossibile la vita alle persone che le gravitano attorno.
Però sarà questo lato oscuro della protagonista, unita alla sua ineguagliabile bellezza, che ogni volta che penso a lei, non posso che immaginarmi il mio ideale di donna, angelo e demone.

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Il lupo della steppa
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    02 Aprile, 2019
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Una lettura semplicemente imperdibile

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.»

Poter delimitare in confini ben determinati un romanzo quale Anna Karenina è semplicemente impossibile perché questo pilastro della letteratura russa è tanto un testo d’amore quanto, al contempo, anche molto molto altro.
La prima impressione che colpisce il lettore è senza ombra di dubbio la profonda stratificazione che ogni circostanza e che ogni personaggio presenta. Qualsiasi sia la voce narrante (che con perfetta maestria si alterna e interseca con l’altra dando vita ad un caleidoscopio di situazioni tra loro diverse e eguali e tutte riconoscibili nella realtà), per il conoscitore è impossibile non figurarsi nella mente i luoghi, i pensieri, le emozioni, le titubanze e le verità intrinseche in esse. A ciò si aggiungano le minuziose descrizioni, la stupendovele attualità e l’innata freschezza che vi sono racchiusi. Sinceramente? Tutto sembra tranne che trovarsi innanzi ad un capolavoro classe 1877 che si dipana tra Mosca e Pietroburgo.
L’attenzione del narratore si focalizza in particolar modo sulle condizioni socioeconomiche della Russia imperiale di Alessandro II, una fase storica e uno Stato dove tanti sono i cambiamenti, dove le famiglie più ricche risentono dell’abolizione del feudalesimo e dell’emancipazione dei servi, dove l’apparenza è e resta fondamentale tanto che anche il solo contrarre debiti è naturale pur di mantenere il proprio status.
E poi ci sono loro, l’amore indiscusso e senza confini pronto a correre ogni rischio e ad assumersi ogni responsabilità anche a discapito degli altri, dei costumi, dei figli, degli agii e delle esteriorità delle consuetudini dei balli e dei ceti più alti, dei luoghi comuni, tanta è la forza di un fiume in piena che si porta con sé, e l’animo umano. L’animo di ogni individuo, l’animo con tutte le sue fragilità, le paure, le debolezze, i timori, le sconfitte, con tutti gli orgogli e le delusioni ma anche con la forza e il coraggio di redimersi per dar spazio al pentimento, alle seconde possibilità.
A ciò si sommi uno stile narrativo corposo in perfetto stile russo ma tuttavia di una fluidità disarmante, elemento quest’ultimo che, son sincera, non ho ravvisato in autori quali Turgenev o ancora Dovstoevskij i quali, pressoché contemporanei a Tolstoj, sono soventi avere un’impostazione egualmente compatta, consistente, ma con una scorrevolezza diversa, più lenta, più farraginosa.
Il risultato è quello di un’opera impeccabile emblema del realismo. Un testo, ancora, la cui ispirazione è nata da “I racconti di Belkin” e da un fatto realmente occorso a cui l’autore ebbe modo di assistere: è inoltre da quest’ultimo considerato, nonostante le stroncature della critica al momento della sua pubblicazione, come il suo primo vero romanzo.
Anna Karenina è un libro senza tempo, coinvolgente, travolgente e empatico. Fa soffrire il conoscitore, ne favorisce l’immedesimazione e al contempo lo induce a riflettere. Anna è una donna del presente e del passato. È una donna che ha perso la sua “collocazione”, che si è vista mutare di ruolo rispetto alla prima disposizione con cui lo spettatore ha modo di conoscerla, è una donna coraggiosa che ha sfidato le regole, i precetti, le abitudini del tempo per crearne di suoi nuovi sino a rischiare di rimanerne essa stessa vittima. Ha osato, è andata oltre quello che era il suo secolo, è saltata nel futuro per poi tornare nel suo presente a dover fronteggiare quella colpa come una barriera/ostacolo invalicabile al raggiungimento della felicità. Una prima coppia a cui se ne contrappone una seconda, composta da Levin e Kitty, che invece quella felicità insieme riesce a raggiungerla e viverla. Con qualche turbamento interiore, con molte ponderazioni, con qualche rinuncia (in particolare Kitty è riuscita a dimenticare Vronskij e rinunciando a lui è riuscita a rinunciare a quella bellezza esteriore, quei pregi mondani, a quegli ideali poetici, a quei lidi incontaminati di salotti, balli, merletti a cui era abituata e in cui era cresciuta, alla sua giovinezza, per diventare una donna adulta, matura), ma vi riescono.
Con lauto ritardo giungo alla scoperta di questo indimenticabile scritto, uno scritto che ho rimandato per anni e per la cui odierna lettura devo ringraziare (vita natural durante) la nascita di una nuova amicizia e un inaspettato regalo di compleanno. Se non fosse stato per questa concomitanza di fattori probabilmente avrei rimandato ancora e ancora perdendomi e privandomi della conoscenza di una delle colonne portanti più belle, significative e memorabili della letteratura.

« – Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l'amore... tutt'e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt'e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l'altro. E quelli che comprendono solo l'amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c'è un tale amore non ci può essere nessun dramma. Vi ringrazio umilmente per il piacere, i miei rispetti; ed ecco tutto il dramma. E per l'amore platonico non ci può esser dramma, perché in un tale amore tutto è chiaro e puro, perché...
In questo momento Lévin si ricordò dei suoi peccati e della lotta interna che aveva vissuta.»

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siti Opinione inserita da siti    21 Giugno, 2018
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Saper leggere

Saper leggere significa dunque conoscere? Conoscere significa saper leggere?
Prendo Anna Karenina, mai letto Tolstoj, e letto, rispolvero la biografia, impellente il bisogno di conoscere, inizio a farmi un’idea della sua produzione non per titoli ma per temi e a capire, ma ormai il romanzo è già letto e il danno è fatto: nella mia memoria di lettrice vi si stamperà con queste prime impressioni che, nel tempo, mi appariranno ovvie, scontate, spicciole e del tutto incongruenti rispetto alla complessità dell’autore che ancora non conosco per lettura diretta e integrale. Diamo tempo al tempo; allo stato attuale questo è il mio sentire.

È un romanzo fresco e moderno per stile e per contenuti eppure è ambientato a fine Ottocento tra Mosca e Pietroburgo, con ampie digressioni sulle condizioni socio-economiche della Russia imperiale di Alessandro II in un’epoca di grandi trasformazioni, una per tutte l’abolizione del vecchio retaggio feudale della servitù della gleba e la conseguente emancipazione dei servi. La modernità risiede nella sua fruibilità nonostante si presenti con la corposità, in termini prettamente numerici circa le pagine, tipica dei romanzi russi; ma è il contenuto che più mi sorprende e con esso la capacità del russo di indagare l’animo umano con rispetto e correttezza riuscendo a consegnare al lettore un ampio ventaglio di casi umani, di sentimenti, di emozioni, di punti di vista, di affascinanti misteri individuali, quali tutti noi siamo. Sono stata impressionata in modo favorevole da questo complesso lavoro di rappresentazione dell’umanità, ho ammirato la capacità dell’autore di dare al lettore la possibilità di farsi una sua personale opinione senza sentirsi influenzato dagli eventi anche quando essi si ponevano con tutta la loro carica emotiva, non sempre positiva. Esco dalla lettura con Levin e Kitty nel cuore, il trionfo della normalità e della semplicità, con un senso di noia rispetto ad Anna pur dispiacendomi il suo destino e la sua parabola di vita, con un misto di rispetto, di commiserazione per suo marito e ancor più per i due figli di Anna, con la consapevole e intelligente rassegnazione di Dolly e con un senso di meraviglia circa la restituzione dei delicati equilibri tra i due sessi soprattutto quando essi sono uniti nel vincolo matrimoniale. Ho spesso pensato che Tolstoj abbia espresso in queste pagine una piena consapevolezza dello schiacciamento sociale subìto dal gentil sesso nel contesto rappresentato e che abbia parteggiato per le donne. Non so se ciò corrisponda al vero, questo ho captato e questo riporto. Mi è piaciuta inoltre l’economia dello scritto, il suo andamento per quadri giustapposti, funzionali a interiorizzare le singole vicende tra esse connesse da una fine rete parentale o dalla frequentazione o dall’appartenenza sociale. Insomma un romanzo perfetto al quale mi sembra difficile attribuire imperfezione alcuna. Non so se ho saputo leggerlo e se una conoscenza più approfondita dell’autore sarebbe stata più funzionale alla lettura, in ogni caso la piacevolezza non può essere dettata da questo aspetto, l’opera si fa amare per la sua essenza che è quella di ogni classico che trascende lo spazio e il tempo per essere sempre apprezzato.

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Lyda Opinione inserita da Lyda    06 Marzo, 2018
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Passione o costruttività? Ah l'amore...

L’incipit la dice lunga: in una breve frase si riassume l’amore in tutte le sue sfaccettature tra persone con legami di sangue e non, ovvero la famiglia.
“Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre, ogni famiglia infelice lo è a modo suo”
Ma “Anna Karenina” non è solo il più grande romanzo d'amore di tutti i tempi visto che nelle oltre mille pagine l'autore tratta e analizza approfonditamente una vasta gamma di argomenti esistenziali tipo la religione, la morte, il rapporto tra fratelli e sorelle, l'amore filiale e altro ancora.
Il romanzo avanza percorrendo in parallelo due diverse storie d’amore, ciascuna a suo modo esemplari, quella tra la Karenina e il Conte Vronsky, travolgente e passionale, ribelle, libera e alla fine infausta, l'altra tra Levin e Kitty, sorella minore di Dolly (la cognata di Anna), sicuramente uniti da un legame più puro – anche se non perfetto – incanalato nella semplicità e nella costruttività.
Per intraprender qualcosa nella vita familiare, sono indispensabili o un completo dissidio tra i coniugi o un amorevole accordo. Quando invece i rapporti tra i coniugi sono indefiniti e non c’è né l’uno né l’altro, nessuna cosa può essere intrapresa. Molte famiglie rimangono per anni nei vecchi luoghi, uggiosi ormai per tutti e due i coniugi, soltanto perché non c’è né pieno dissidio né accordo.”
Le prime righe del XXIII capitolo della parte settima riportano a mio avviso una vera perla di saggezza, spesso dimenticata anche ai giorni nostri, giorni di maggiore consapevolezza e cultura psicologica generale: la non scelta, il rimando, ovvero quando deliberatamente optiamo per la via più facile, quella di non affrontare le cose per non andare incontro a grane.
Non è semplice e sicuramente doloroso quando un rapporto d’amore si esaurisce e termina del tutto ma pur dopo l'eventuale periodo dei ripensamenti o dei tentativi di riconciliazione, è assolutamente necessario e doveroso risolvere il legame, sia a livello emotivo che pratico e legale.
Dovendo ripartire da zero occorre farlo sul pulito, con rapporti e limiti ben indicati per il futuro di tutti, altrimenti le nuove opportunità, non potendo poggiare su fondamenta solide, saranno perse o non godute a pieno.
E' la psiche umana che detta legge, sapere che non si torna indietro è molto importante, che la felicità potrà arrivare percorrendo vie ancora intonse e mai viste prima.
Dare avvio a un’opera – di qualsiasi opera si tratti! – su ceneri ancora ardenti o comunque su pianali non ben ripuliti, dopo il primo naturale entusiastico e corroborante appagamento dell’animo, potrebbe portare una certa malinconia o disagio, e nei casi peggiori, una vera e propria infelicità, meglio detta l'insoddisfazione del desiderio appagato.
E quindi Anna Karenina “ben presto sentì che nell’animo suo s’era destato il desiderio dei desideri: la malinconia.”  
Perché Anna aveva commesso l’errore che fanno molti esseri umani, ovvero si era figurata completa felicità nell’appagamento di un forte desiderio, affrettando conclusioni e non considerando che avrebbe potuto scontrarsi con pesanti ostacoli (un divorzio non concesso e l’emarginazione da parte della società) oltremodo non riflettendo sul fatto che la serenità interiore deriva da uno status complesso e non così facilmente perseguibile, almeno in certe inconsuete situazioni.
Tirando le somme, questo classico della letteratura russa così tanto amato da alcuni quanto ritenuto faticoso e pesante da altri, a me è piaciuto moltissimo e senza alcun dubbio, a chi non lo avesse ancora assaporato, lo consiglio, eccome! Piccola postilla: meglio rileggerlo anche da adulti, e non perché sia poco adatto a un pubblico giovane e acerbo ma sicuramente perché il fatto di aver già provato o almeno ‘fiutato’ determinate esperienze di vita (tema dell’amore, della morte con i lutti che inevitabilmente ci avvicineranno, prima o poi) aiuta a comprendere molte cose e situazioni e il lettore potrà sempre ritrovarsi, apprendere maggiormente e/o beneficiare di argomentazioni che lo faranno riflettere e ancora crescere.

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Jane Eyre, Madame Bovary
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GaiaCioni Opinione inserita da GaiaCioni    12 Giugno, 2017
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l'altra faccia del beau monde

Da sempre convinta che Anna Karenina raccontasse esclusivamente la storia del declino esistenziale di Anna Karenina, e delle sue travagliate vicende amorose, mi son ritrovata a leggere il pilastro della letteratura russa per antonomasia, dovendomi ricredere su tutto.
La trama non converge unicamente attorno all'eroina che tutti conosciamo, certo, la sua complicata personalità viene sviscerata in tutte le forme, il lettore fa la sua conoscenza a tutto tondo, ma il personaggio dell'affascinante Anna non è l'unico che spicca: la peculiarità del romanzo, e difatti la caratteristica che più mi ha colpita, è stata appunto l'intensa, ma efficacie descrizione dei protagonisti, questi ricordano a tutti gli effetti persone in carne ed ossa, come noi, esseri umani con le proprie debolezze, illusioni, rimorsi, gelosie e bassezze varie.
La mancanza di eroi o cattivi che si possano mettere a fuoco mi ha senza dubbi impressionata: ogni personaggio muta il proprio stato d'animo a seconda della situazione e del carattere estremamente sfaccettato che l'autore ha conferito alle proprie creature.
Il lettore non riuscirà ad inimicarsi o affezionarsi ad essi, la stessa Anna non si può considerare vittima, ne quanto meno carnefice, Tolstoj permette al lettore di contestualizzare, lasciando al prossimo il compito di giudicare.
Un'opera essenziale, disincantata, estremamente moderna, scevra da orpelli o patetismi, alle volte irritante.

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Nuni83 Opinione inserita da Nuni83    26 Mag, 2017
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L'amore così come lo viviamo davvero

Che si tratta di un capolavoro l'avrete letto ovunque ma devo dirlo anche io. Si tratta di un'opera meravigliosa quindi non bisogna farsi scoraggiare dal numero di pagine. E' il primo libro che ho letto di questo autore e ne sono rimasta affascinata.

Mentre leggevo avevo in mente una sola domanda: ma come è possibile che un uomo abbia avuto la capacità di capire così bene l'animo umano, di descrivere i sentimenti, le paure e le sensazioni femminili, e di scrivere di animi di uomini e donne così diversi tra loro. I personaggi sono tutti disegnati alla perfezione, le storie tutte drammaticamente reali.

Tolstoj descrive ogni personaggio come se stesse parlando di se stesso, con la stessa conoscenza e capacità di descrivere le emozioni quasi come le avesse provate. Ma si tratta di emozioni talmente diverse tra loro e provate da uomini e donne completamente opposti da non poter essere le sue.

Ho letto molte recensioni su questo libro e ho scoperto che a molte persone il personaggio di Anna non piace, così come non piace la coppia Anna - Vronkji, invece a me son piaciuti tanto. In realtà tutti i personaggi sono talmente reali e attuali che ognuno di loro ha la sua ragione di essere. La vita è fatta di persone come quelle descritte in questo libro ed è per questo che l'ho adorato.

Gli uomini hanno la brutta abitudine di etichettare le persone per le azioni che compiono, questo libro ti insegna che le scelte altrui meritano il massimo rispetto, ogni scelta porta con sé dolore e sofferenza. Conformarsi alla società, così come non conformarsi, restare o andare, cercare ancora o accontentarsi.

L'amore è il protagonista di tutto il testo, l'amore che nasce nei modi più inaspettati e che finisce o facciamo finire.

Mi ha sorpreso l'abilità di Tolstoj nel descrivere l'allontanamento tra Anna e Vronskj, due persone che ad un certo punto, e come spesso accade, parlano per chiarirsi ma senza capirsi e non capendosi si allontanano ancora. Il sospetto che si insinua nella mente di Anna e la stanchezza di Vronskj.

Tutto in questo libro è perfetto!

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Delitto e Castigo di Dostoevskij
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AngieJ Opinione inserita da AngieJ    06 Settembre, 2016
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La soglia dell'amore

Nella recensione della mia edizione di "Anna Karenina" c'è scritto: "Anna Karenina non è sorretto da nessuna chiave di volta". E credo che questa piccola frase sia il senso di tutto il romanzo e la chiave per capire che non si tratta di un semplice libro, ma di una storia meravigliosa che è un capolavoro, una trama finissimamente intessuta dal genio di Tolstoj: perchè sì, solo un genio può partorire qualcosa di simile.

La trama, fondamentalmente, è molto semplice: Anna Karenina, donna straordinariamente affascinante e intelligente, giunge alla consapevolezza che il suo matrimonio con Aleksjéj Aleksàndrovic' (un uomo che si rivelerà ammirevole, sotto ogni punto di vista) è sempre stato un fallimento. E lo scopre, perchè tutto il suo amore più spassionato inizia a riversarsi presto verso il conte Vrònskij, un personaggio che, personalmente, ho amato alla follia. Vrònskij matura per lei lo stesso sentimento e abbandona il corteggiamento di Kitty, ragazza squisita, che a sua volta lo amava perdutamente e che, per lui, aveva rifiutato la richiesta di Lévin, una sorta di imprenditore di successo. Lévin è il personaggio che Tolstoj aveva scelto per parlarci di sè stesso: sempre combattutto dai suoi dilemmi personali sul raggiungimento del suo scopo, realizzare la sua vita nella maniera che lui riteneva perfetta, e follemente innamorato di Kitty, un amore combattuto e difficile ma che, alla fine, trionferà.
Anna lascerà il marito e l'amatissimo figlio per vivere la sua nuova vita con Vrònskij e la figlia che avrà da lui,sempre rifiutata,, mentre Lévin sposerà Kitty, che inizierà ad amarlo, superata la delusione dell'amore per Vronskij spezzato dall'incontro di quest'ultimo con la bella Anna.
Ma cosa succederà è imprevedibile e Tolstoj sarà abilissimo a confezionare nel lettore la più ferrata delle certezze: le loro, sono vite comuni e allo stesso tempo straordinarie, mescolate da quell'amore che è folle e disinteressato, che si spinge oltre fino all'impensabile.

E' un libro complesso, studiato, articolato fino al dettaglio: può sembrare a volte, lento e frenato in alcuni tratti, ma l'incalzare della storia lo rende inequivocabilmente meraviglioso.

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Jane Eyre, La signora dalle camelie
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    10 Luglio, 2016
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Ha detto tutto Tolstoj...



Ci sono libri di cui si può parlare, che si possono commentare, recensire, dire quanto siano belli o brutti, interessanti, intensi, ecc...e poi ci sono i "Libri" come questo...davanti ai quali bisogna stare muti, in silenzio, perché qualunque cosa si dica sarebbe superflua, inutile, offensiva...
Ha detto tutto lui, Tolstoj...e noi non possiamo fare altro che ringraziarlo per averci donato tanto.
C'è, per me, una frase, pronunciata da Anna a Levin, che racchiude un po' tutto il senso del romanzo e dell'animo di Anna.
Mi ha colpito come un pugno in faccia:
"Dite a vostra moglie che le voglio sempre bene. E ditele ancora che, se non può perdonarmi, le auguro di non doverlo mai fare. Per perdonare, bisognerebbe aver vissuto quello che ho vissuto io...Dio la preservi da ciò."
Se proprio mi è concesso vorrei fare una considerazione di tipo puramente personale, non oggettiva...sono felice di aver letto questo libro adesso e non 5, 10, 20 anni fa...perché non l'avrei capito, non l'avrei amato, non mi avrebbe fatto male tanto quanto me ne ha fatto adesso.
I libri sono lì e aspettano...aspettano il momento giusto per essere letti, per alcuni arriva, per altri non arriverà mai, ma quando succede non ce n'è per niente e nessuno, senti che qualcosa dentro di te è cambiato per sempre e non sarai mai in grado di spiegare ad alcuno come e perché...succede e basta!!!

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Manui Opinione inserita da Manui    24 Ottobre, 2015
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Amore passionale e/o sterile?

Avvertenza spoiler.

Ho finalmente finito di leggere Anna Karenina . Un libro durante il quale ho sofferto, mi sono annoiata e mi sono commossa. La storia segue le vicende sentimentali di tre coppie che si amano a tre livelli diversi. Dolly e Stepan rappresentano la coppia comune che rimane all'interno degli schemi sociali imposti indipendentemente dai loro sentimenti e azioni. Levin e Kitty che rappresentano l'unione perfetta, fortemente desiderata, quasi senza macchie. E in ultimo Anna e Vronskij vittime di un amore passionale al di fuori delle convenzioni sociali di cui saranno vittime. Accanto all'intrecciarsi dei personaggi, Tolstoj descrive magistralmente la società della Russia della seconda metà del XIX secolo, indugiando su aspetti che oscillano dall'economia, alla società, alla vita campestre.
Durante tutto il tempo mi sono chiesta cosa volesse dirmi Tolstoj attraverso la figura di Anna per la quale, come tutti i personaggi eccetto Vronskij, ho provato un'iniziale fascinazione per poi maturare una crescente sensazione di fastidio ai suoi pensieri e alle sue azioni. Da dove viene fuori questo amore passionale verso Vronskij? Il suo abbandonare tutto è davvero un grande gesto di libertà? Chiaramente Anna è una vittima del sistema sociale in cui è cresciuta. Ha commesso il diffuso errore di sposare un uomo che non amava e con cui non ha potuto fare altro che costruire un rapporto di convenienti distanze. E' forse da questo errore che nasce in lei l'amore per Vronskij? Cosa tiene realmente uniti questi due personaggi se non il rifiuto della società di cui fanno parte? Un rifiuto ribelle che li porta a compiere gesti estremi e ingenui (il tentato suicidio e la partenza per la guerra di Vronskij, il suicidio di Anna). Il senso di fastidio che inevitabilmente è cresciuto in me è stato suscitato dall'assenza di una reale condivisione di vita tra i due personaggi, entrambi vittime dello sterile fascino dell'altro. Entrambi appassionati a tutto (vita sociale, arte, affetti) ma irrimediabilmente annoiati dalla vita. Raramente nelle recensioni si trova menzione dell'amore di Anna verso il figlio che abbandona, con inevitabili sofferenze ma senza nemmeno pensarci troppo e del suo mancato amore per la seconda figlia, frutto appunto della sua sterile seconda vita. Come perdonare Anna per tutto questo? Probabilmente non sono dotata della stessa compassione che ha Tolstoj, o forse è proprio quello che Tolstoj voleva suscitare nel lettore, avvicinandolo di più alla figura di Levin.
La profondità e le ingenuità di quest'ultimo commuovono tutti, come anche gli errori di valutazione di Kitty. Levin e Kitty sono i perfetti protagonisti del romanzo ottocentesco, quasi mai si macchiano di meschinità e cercano di amarsi e condividere una vita di cui non capiscono tutte le logiche ma a cui si donano con tutti se stessi. In ultimo vorrei spendere un pensiero per Dolly che a tratti ho amato nella sua semplicità e praticità. Il grado più basso dell'amore: una donna tradita che trova la sua personale compensazione nell'amore per i figli e la famiglia in senso più ampio. Nessuno di noi vorrebbe trovarsi nella sua situazione e nessuno di noi vorrebbe perdonare un tradimento che in realtà continua perpetuarsi. Nonostante questo Tolstoj le dedica ampio spazio riportando i suoi pensieri e le sue evoluzioni interiori in varie occasioni e, in maniera conclusiva, nel viaggio in carrozza quando va a trovare Anna. Una donna in grado di avere un forte senso dell'amicizia e della famiglia, nella quasi lucida commiserazione di se stessa e della sua situazione di donna tradita.
Rimarrà in me il ricordo del coraggio di Anna ma anche la sua sterilità, le profondità e le azioni di Levin, l'amore puro di Kitty e la dignità sommessa di Dolly.

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PICCOLO P. Opinione inserita da PICCOLO P.    16 Settembre, 2015
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Anna Arkadevna

AVVISO SPOILER
IL romanzo capolavoro di Lev Nicolaev Tolstoj, ruota intorno alla vita di tre coppie che, per motivi diversi, rappresentano ogni possibile legame tra uomo e donna. Il libro si apre con le vicende di Stepan e Dolly, ingabbiati in un rapporto conforme ai canoni della società russa di fine ottocento. Gabbia da cui riesce ad evadere ogni tanto Stepan, ritagliandosi attimi di effimera felicità obbedendo ai suoi istinti primari come un bambino. Gabbia da cui non riesce ad uscire invece Dolly, scegliendo di trasformarla in un ambiente accogliente ma soprattutto pieno di dover ed impegni, in modo da impedire voli della fantasia troppo elevati. Quello che puntualmente accade quando, lasciatasi la famiglia alle spalle, si reca a trovare Anna, rimanendo impressionata dalla femminilità, dalla sensualità e dalla libertà che questa emana. Il loro è il tipico rapporto in cui si potrebbero riconoscere l maggioranza delle coppie esistenti. Completamente all’opposto la coppia Levin e Kitty, perfetto simbolo di come dovrebbe essere un’unione d’amore tra un uomo e una donna. Il loro non è un amore nato per caso o per forza maggiore, ma una libera scelta, un atto di volontà che non conosce fratture o debolezze con lo scorrere del tempo. Il perfetto esempio verso cui si desidererebbe tendere. La terza coppia protagonista è quella formata da Anna e Vronsky, ed appartiene alla categoria della passione incontrollata, senza ragione, a volte dolorosa, a volte esaltante ed alla fine tragica. L’amore che tutti vorremmo ed allo stesso tempo da cui tenersi alla larga. Un amore fuori dalle convenzioni sociali, che regala emozioni inarrivabili in altri tipi di rapporto, ma che chiede tantissimo a chi lo vive, sottraendogli la serenità. Un amore che non si esaurisce lentamente, ma che si spezza all’improvviso ferendo a morte gli amanti con le sue schegge acuminate.
Intorno a questi tre mondi così diversi tra loro, ma comunque legati da vicende e legami di parentela, Tolstoj tesse la sua storia con una penna molto delicata, senza mai affondare il colpo anche quando gli eventi sarebbero un invito a nozze per uno scrittore che ricerchi un facile consenso. Il romanzo si intitola come la protagonista, Anna Karenina, che io però preferisco chiamare con il suo nome di battesimo Anna Arkadevna, ma il protagonista assoluto è, secondo me, Levin. Un uomo dai principi apparentemente incrollabili, con una devozione assoluta verso la terra e il lavoro e con un amore senza incrinature verso la giovane e bella moglie Kitty. Un uomo che, ad un certo punto, si interroga sul significato della sua vita e delle proprie azioni, arrivando dopo un lungo travaglio interiore ad abbracciare una fede verso la quale era stato sempre piuttosto freddo. Un cammino parallelo a quello che in quegli anni percorreva Tolstoj stesso, con la stessa meta.
Credo che l’autore sia riuscito a descrivere i personaggi con un realismo tale da farli apparire al lettore come realmente esistenti, come figure che possiamo aver conosciuto direttamente anche noi. Ed è riuscito a farlo mantenendo un certo distacco, come se non fossero esattamente delle sue creature, limitandosi a narrare le loro azioni ed i loro pensieri, come individui nati spontaneamente e vissuti fuori dalle pagine di un romanzo. Il drammatico episodio che decide la vita di Anna è emblematico della sensibilità dell’autore in quanto volutamente “non affonda la penna”, ma lascia uno spazio vuoto che il lettore, incredulo, deve riempire da sé.
Non mancano i riferimenti storici e soprattutto culturali che dipingono un’alta società russa che nell’ottocento non aveva nulla da invidiare, come sfarzo e cultura, a quelle europee occidentali.

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Cherchez la Famme Opinione inserita da Cherchez la Famme    09 Aprile, 2015
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«A me la vendetta, io farò ragione»

Anna Karenina è uno dei miei libri preferiti, se non il preferito in assoluto, eppure sono sempre stata restìa al recensirlo, come se non si potesse esprimere sul serio, a parole nostre, la grandezza di questo immenso capolavoro.
Ma ci proverò ugualmente, come altri prima di me.

[il testo contiene spoiler]

Ovviamente, dire che "Anna Karenina" è una storia d'amore, non solo risulterebbe riduttivo, ma anche immensamente svilente nei confronti del romanzo e del suo autore. "Anna Karenina" è, sì, amore - in un certo senso -, ma anche società, politica, etica, religione, è il contrasto tra opposti che sembrano simili, l'eterna lotta tra ciò che dovrebbe essere e ciò che, invece, è.

Tolstoj crea un universo in cui spiccano i due indiscussi protagonisti, Anna e Levin, ma in cui ogni singolo personaggio trova la sua sublime e puntuale giustificazione, come in un organismo perfetto che funziona solo in base ai reciproci rapporti di tutte le sue parti.

Non intendo analizzare un concetto ormai trito, rispetto a questo romanzo, e cioè la questione di Levin come alterego di Tolstoj. E', per l'appunto, Levin, un personaggio nato ai margini della storia e che durante la stesura del romanzo acquista sempre più spazio, mano a mano che l'autore si avvicina a quegli anni che lo porteranno ad abbandonare le grandi narrazioni di "Guerra e Pace" e di "Anna Karenina" in virtù dell'interesse per il Divino e dei i suoi rapporti con la religione e con l'ordine costituito. Di fatto, le successive opere di Lev Tostoj, perseguitato e censurato, tenteranno di trovare quella terza via nel tolstojismo, il fenomeno che si pensava avrebbe dato vita ad una religione a sè stante.
E forse, la vicenda di Levin - messe da parte le implicazioni amorose che acquistano valore forse solo per contrasto, ovverosia paragonandole a quelle totalmente opposte di Anna e Vronskj - finisce con l'assumere i connotati di un saggio all'interno della storia, popolata com'è da disquisizioni etiche e politiche lunghe intere pagine. Una sorta di flusso di coscenza che s'alterna alla narrazione, una sorta di preludio alla svolta letteraria tolstojana, ormai alle porte.

In Levin, sì, l'autore traspone tutto sè stesso. Ma forse la vera grandezza di Tolstoj risiede in quelle associazioni meno immediate, nei tratti biografici che è possibile scorgere anche in un personaggio come il Conte Vronskij, quell'ufficiale affascinante prima quanto tedioso poi, ordinario sia nei vizi che nelle virtù, a cui sembra difficile, se non impossibile, associare quella mente moraleggiante e irreprensibile che, di fatto, l'ha partorito.

Eppure in Vronskij è possibile scorgere quel Tolstoj/Levin ancora impergolato nei meccanismi sociali, meccanismi che sembrano stargli stretti ma di cui si nutre e in cui trova la sua definitiva e inappellabile raison d'etre.
Vronskij sembra insofferente a tutto questo, un animo che sembra condividere almeno in parte le ragioni di Anna, ma che in definitiva agisce in assenza di quel vero tormento e di quelle profonde motivazioni che invece animano la sua amante. La sua "sovversività", la ribellione manifestata nell'interstardirsi nel rapporto con Anna, è una sorta di "sovversività alla moda". Egli gode narcisisticamente del frutto proibito e, quando la storia si fa trita, la situazione, all'inizio eccitante ed emozionante, gli viene a noia. Sul finire del romanzo, un attimo prima della tragedia, Vronskij torna alle sue sale da ballo, ai suoi aristocratici teatri, ai suoi tavoli da poker. E solo allora Anna si rende conto d'essere sola e di esserlo sempre stata, se non nelle azioni, sicuramente negli intenti e nei sentimenti.

Chi non ha saltato a piè pari le note biografiche, può apprendere come l'autore stesso avesse prestato servizio militare, facendosi corrompere dal molliccio ambiente degli ufficiali "del disimpegno" e contraendo una serie infinita di debiti a causa del gioco d'azzardo. Affascinato anche lui da una donna sposata, ebbe un figlio che si rifiutò di riconoscere.

Tolstoj è Vronskij, Tolstoj è levin: lo spartiacque è quella Rivelazione religiosa che assume i connotati di una vera e propria rinascita.

Anche l'associazione tra Anna e Kitty non è facile, eppure risulta quasi evidente, una volta che ci si sofferma a riflettere.
Kitty è giovane e bella e il radioso futuro che le si prospetta dinanzi sembra essere smembrato dall'operato di Vronskij, che gioca con lei prima di conoscere Anna e che, comunque, anche prima dell'avvento di quest'ultima, non aveva mai avuto intenzione di chiederla in moglie. Spinta dalla madre, rifiuta la proposta di Levin, che invece nutre per lei un amore puro.
Ma perchè il rifiuto? Levin s'era già presentato a corte mesi prima con l'intenzione di dichiararsi; alla fine, insicuro e incredulo circa un possibile futuro con lei, era tornato alla sua tenuta in campagna senza una parola. Questo provoca l'avversione della madre di Kitty e il consequenziale rifiuto, nonostante la fanciulla avverta, in cuor suo, di poter amare quell'uomo. E' la "catastrofe". Vronskij parte con Anna per San Pietroburgo e Kitty, provata dall'umiliazione, cade in depressione. I medici le consigliano di trasferirsi per un periodo all'estero.
Dinanzi a lei si prospetta un futuro di cinismo, finchè il provvidenziale intervento di Veronika, una giovane pia, la rimette sulla retta via, suggerendole una Rivelazione che per portata è inferiore a quella di Levin ma che ha lo stesso impatto benefico, spazzando via la possibilità di ritrovarsi, 15 anni dopo, a confluire in quel personaggio che è Anna.

In Kitty scorgiamo una giovane Anna a cui la vita ha concesso la pace e il lieto fine, ma che se privata di tali e tante concessioni, forse si sarebbe trasformata in quella donna che tanto la disgusta.
Cosa sarebbe accaduto se Vronskij l'avesse sedotta e abbandonata, come era sua intenzione fare?
Cosa sarebbe accaduto se Kitty non avesse incontrato Veronika?

Anna altro non è se non la personificazione dell'alternativa più buia, un miscuglio di casuali fatalità e scelte sbagliate che l'hanno condotta sulla soglia di questa storia ormai priva di qualsivoglia etica o morale, preda del tormento, dell'ossessione e dell'insoddisfazione.
Cosa sarebbe accaduto però se la giovane Anna avesse incontrato e sposato l'amorevole Levin invece di contrarre quel matrimonio senza amore con quel burocrate privo di vita che è Karenin?

La concatenazione dei personaggi risulta evidente. Curiosamente, ognuno è legato all'altro da una scelta non compiuta, da un destino che non gli è toccato in sorte ma che è stato, anche solo per un breve attimo, nell'universo delle possibilità.

Intanto, il protagonista invisibile della narrazione è la società, intesa come organo che pensa, agisce e giudica in maniera univoca. E' la società il giudice parziale della storia, quel giudice che porta Anna alla ghigliottina.
Ciò che risulta agghiacciante, all'interno dell'analisi tolstojiana, non è tanto che si ricusi un atto come l'adulterio, quanto che si ricusi la sincerità con cui Anna lo affronta, senza nascondersi, senza mentire al marito, senza lasciarsi intimidire dalla possibilità del divorzio e della rovina sociale. Anna non si lascia spaventare. E' questo il suo fatale errore.
Il romanzo si apre col racconto di un'altro adulterio, un'anticipazione: quello del fratello Stiva nei confronti della miglie Dolly, sorella di Kitty. Stiva viene scoperto in flagranza di reato, eppure Dolly, terrorizzata all'idea di restare sola, all'idea d'essere umiliata con un divorzio, non pensa mai realmente di lasciare il marito e condanna sè stessa ad una vita di repressione e dipendenza. Questo è ciò che la società accetta, questo è ciò che è considerato lecito.
Anna si rifiuta di farlo, crollando in un turbinìo di fustigazioni pubbliche e sociali che, unite alla sempre maggiore indifferenza di Vronskij, la conduce a compiere il gesto estremo.
Personaggio controverso, autodistruttore e meschino, il suo suicidio, più che il desiderio di porre fine alla propria vita, rispecchia quel grido di vendetta che si legge nella mente di Anna mentre s'accosta alla sua fine.
Vendetta, affinchè Vronskij e tutti gli altri debbano per sempre portarla sulla coscenza.

Dunque, se è vero che Tolstoj condanna Anna per il suo operato, è vero anche che tale condanna si estende alla società, perchè entrambi, a modo loro, si arrogano il diritto di risolvere questioni morali che non gli competono (la prima col suicidio, la seconda con l'emarginazione).

«A me la vendetta, io farò ragione» , è la citazione biblica posta in nuce al romanzo e che ne esprime il senso.
E' Dio l'unico e il solo giudice e legislatore.

Cos'altro aggiungere? "Anna Karenina" è un universo ammaliante e affascinante che vale la pena di contemplare coi propri occhi.

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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    17 Marzo, 2015
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Ann(oi)a Karenina

Di questo romanzo ciò che più mi resterà è lo stile, la trama purtroppo non mi ha entusiasmato.
Devo riconoscere invece la capacità sopraffina di rendere concreti e tangibli i personaggi, tutti dal primo al ultimo comparse comprese, questi prendono forma sotto l’abile penna di Tolstoj, ed è stata la cosa che più mi ha spinto verso il finale. Sono infatti i Levin con le sue elucubrazioni e i suoi mutamenti che più mi hanno incuriosito. Anzi, diciamo proprio il personaggio che più ho sentito “mio”: forse perché in parte mi ci rivedo e forse perché ai miei occhi era la persona migliore tra tutti i cicisbei e le meretrici d’alto lignaggio da cui era circondato. Cominciando in primis proprio dalla Karenina. Anna, antipatica e meschina da sembrare vera, bella e noiosa fino allo schifo. Odiata dopo qualche pagina, e ho continuato ad odiarla fino al ultima. Grande Tolstoj è difficile trovare qualcuno che caratterizzi cosi bene i personaggi di un romanzo. Credo che pochi scrittori siano riusciti a dare un senso di realtà profonda in un contesto cosi noioso. In effetti il testo affronta vari argomenti: Amore, religione, politica, ma nessuno di questi a mio avviso è dominate e nessuno riesce a scuotere il lettore.
Si perche diciamolo la trama e un pacco incredibile! pesa come un macigno, e in alcuni passaggi è una lenta agonia di parole: storie di “cornuti” e di casalinghe insoddisfatte di alto borgo (che tra l’altro accettano di buon grado il tradimento da parte del partner: paese che vai usanza che trovi) che sfogano la noia e la frustrazione con continui festini e tresche squallide. Da queste situazioni scabrose emerge Anna anche lei si perde nel vizio della passione e travolta dal fiume in piena dei suoi sentimenti si abbandona alla perdizione e al adulterio fino a rinunciare alla cosa più importante … non è il mio gusto. Ma lo stile ? allora se vogliamo parlare di tecnica e stile qua possiamo sbizzarrirci. Tolstoj ti rapisce parla di niente e comunque ti tiene incollato al testo, mai in tanti libri letti mi sono ritrovato estatico per un capitolo, o forse di piu, in cui si parla della falciatura del fieno o per una caccia alle beccacce, eppure lui è riuscito a farmi falciare le morbide colline sotto il sole di luglio con Levin e i contadini; e questo non ha prezzo.
Questo romanzo non si può non consigliare o consigliare a prescindere, non è un romanzo per tutti, è noioso la trama è priva di colpi di scena, se non qualcosa verso la fine, dove per me il libro poteva anche finire. E’ un testo per gli amanti della bella letteratura e dello stile non è certo per chi vuole provar emozioni forti, e un libro da seguire sfogliando qualche capitoletto al giorno non di più altrimenti diventa logorroico, in particolare le ultime cento pagine che altro non sono che una sorta di epilogo e tutto sommato superflue nella loro necessità. Resta comunque un capolavoro: di un quadro posso non gradire il soggetto ma stile e tecnica possono spingermi a reputarlo tale.

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Vincenzo313 Opinione inserita da Vincenzo313    26 Agosto, 2014
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La grandezza di Levin

Definire Anna Karenina un romanzo d'amore è senza alcun dubbio riduttivo, per i numerosi spunti e riflessioni che Tolstoj ci offre nella narrazione, riguardanti la società, che viene indagata (e spesso maltrattata) sotto molteplici punti di vista. Mettendo da parte tutto questo, voglio incentrare la mia recensione sulla tematica principale, che fa da sfondo a tutto il resto: l'amore.
Personalmente ritengo "Anna Karenina" il migliore romanzo d'amore di tutti i tempi, considerando l'intensità espressiva con cui l'autore ce lo descrive, permettendoci di capire, attraverso questo, la natura dei vari personaggi rappresentati. Dei principali, descritti nel romanzo, ciascuno vive una propria storia d'amore e, dall'analisi di ognuna di esse, ecco delineati i rispettivi profili. Dall'ingenua e sprovveduta Dolly all'introspettivo Levin, passando per l'intrepido ufficiale Vronskij e la sempre insoddisfatta Anna. il personaggio di Anna, a dispetto dei numerosi elogi che continuamente la critica le tributa, legati essenzialmente alla sua modernità e al suo coraggio, che mi sento assolutamente di condividere, mi ha deluso. E' una donna (giustamente) insoddisfatta, per via della sua infelice relazione con l'arido marito, un freddo funzionario dal quale non riesce a cavare un pizzico di sentimento. Frustrata da questa situazione, decide di trovare conforto tra la braccia di Aleksej Vronskij, un giovane ufficiale assolutamente frivolo e privo di qualsiasi spunto interiore, insomma un cialtrone tutto fronzoli e buone maniere, classico esponente dell'aristocrazia russa dell'epoca, vuota e fine a se stessa. La mia critica verso Anna è assolutamente personale, dettata dal disprezzo che nutro nei confronti di personaggi di questo tipo, verso i quali, evidentemente, la protagonista nutre un forte interesse. La mia delusione nei suoi confronti viene poi rinforzata dal confronto, che Tolstoj ci propone, tra la sua storia d'amore col "brillante" ufficiale, e quella tra Levin e Kitty.
Su Levin mi sento di esprimere il mio massimo apprezzamento. Insieme al principe Mishkin de "L'idiota", rimane il mio personaggio maschile preferito (tra tutti quelli finora incontrati durante la mia carriera di lettore). E' un personaggio introspettivo, in lotta perenne con le sue incertezze e le sue debolezze che, paradossalmente, lo proiettano al di sopra di tutto il resto. E' l'inconsapevole portatore di una verità universale, che va al di là di ciò che dice la gente e dei vincoli imposti, basata sulla ricerca del bello e del bene a tutti i costi. Il suo amore per la natura, i suoi sentimenti verso l'amata Kitty, denotano un grande spessore morale, che per me rappresenta la vera vetta di un grande romanzo.

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Giuliacampy Opinione inserita da Giuliacampy    30 Luglio, 2014
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Il coraggio di fare le proprie scelte

Quando si cita Tolstoj con la famosa frase "Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo", spesso si rischia di semplificare e banalizzare la grande opera dello scrittore, adottando un'affermazione così profonda e complessa nel suo contesto, in situazioni inadatte. La caratteristica che più ho apprezzato di questo romanzo è stata proprio la capacità di sorprendere, di raccontare qualcosa di vero ma soprattutto inaspettato rispetto alla comune conoscenza che se ne ha prima di leggerlo. L'amore impossibile tra un giovane uomo e una donna sposata, i giudizi della società e quelli del lettore di fronte ad una donna che decide di assecondare la propria passione: "Anna Karenina" non è solo questo. Anna è un simbolo, l'emblema di colei che ha il coraggio di fare le proprie scelte in modo autonomo, ma non è l'unica a farlo all'interno del romanzo. Il personaggio di Levin è fondamentale dal mio punto di vista, poiché anche lui compie una scelta importante: decide di mettere in discussione se stesso e le sue idee alla ricerca di una risposta che troverà soltanto alla fine, sollecitato dalle semplici parole di un uomo. Inoltre non si può dimenticare che il libro fornisce un quadro dettagliato e chiaro della società russa evidenziando le dinamiche con cui i personaggi agiscono all'interno di essa, costretti ad affrontare i suoi preconcetti e debolezze ma rimanendo indissolubilmente legati alla propria terra e alle proprie tradizioni.
In conclusione lo consiglio fortemente, in primo luogo perché credo che un grande classico di questa levatura non possa mancare sulla mensola dei libri di un lettore appassionato; in secondo luogo perché, nonostante sia ambientato in un'epoca così apparentemente lontana, conferisce ai nostri giudizi e al nostro modo di vedere gli altri un carattere differente, e non è forse questo il pregio più grande di un romanzo? Aiutarci a guardare il mondo da un'ottica diversa? Fidatevi, non lasciatevi scoraggiare dal numero delle pagine.

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    03 Luglio, 2014
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Discesa nel baratro

Essendomi ultimamente cimentato in molti classici anche impegnativi, ed avendoli trovati quasi tutti capolavori, avevo iniziato a chiedermi se non fosse per una sorta di “timore reverenziale”, che li avessi giudicati tutti positivamente.
Purtroppo per Tolstoj, Anna Karènina mi ha concesso la risposta.
Dopo Dostoevskij, l’altro grande scrittore russo mi ha deluso, sarà che non sono convinto fautore delle storie incentrate sull’amore, ma più per quelle che lo accolgono come una sfumatura, ma Anna Karènina mi è risultato abbastanza pesante, e non solo per questo motivo. Mi ha dato l’impressione di essere lungo di almeno 400 pagine più del dovuto, perchè l’autore si sofferma in maniera troppo, troppo, troppo prolissa e non molto coinvolgente in argomenti che già, almeno per me, non sono molto interessanti di per sé, come i diritti, i metodi di lavoro e la vita dei contadini, la caccia e la politica russa (dell’epoca). E’ ovvio che ogni autore ha il diritto di soffermarsi sugli argomenti che desidera approfondire e che gli stanno a cuore, ma Tolstoj ha avuto per me la pecca di trattarli in maniera troppo fredda e distaccata, anche se obiettivamente precisa e minuziosa, ma senza renderli interessanti con pensieri magari personali e profondi. Inoltre, non riesce ad inglobare questi temi all’interno della storia in maniera omogenea, ma ci si sofferma creando un distacco troppo ampio con le vicende dei personaggi.
Riguardo a questi ultimi inoltre, sono davvero tanti, troppi, molti dei quali anche superflui e che portano confusione. La trama era probabilmente originale per l’epoca, perchè la figura della donna che si ribella alle convenzioni sociali, che condannano rigorosamente la ribellione di Anna alla società in nome dell’amore, non erano certamente qualcosa che si leggeva spesso. Nonostante ciò la storia non mi ha preso. Tornando ai personaggi, i più degni di nota sono ovviamente i protagonisti, ovvero Anna, Vronskij, Kitty, Lèvin e in parte Aleksej Aleksandrovic, ma anche con questi non sono riuscito a “fare amicizia” o provare empatia per loro. Anna, nello specifico, mi è risultata a tratti ripugnante. Sarà perchè l’infedeltà è il peccato che più mi fa ribrezzo, ed Anna, con i suoi comportamenti, i suoi pensieri, la sua anima corrotta, la sua continua ricerca dell’approvazione degli altri nonostante i suoi comportamenti altamente discutibili, mi sono risultati davvero odiosi. Forse il mio pensiero è simile alla società “retrograda” russa, ma per me non c’è attenuante per Anna, nemmeno l’amore per Vronskij che sembra sincero, anche se non trovo nel personaggio quelle qualità tali da far perdere la testa al punto di sacrificare tutto. Probabilmente Anna non amava il marito da quando lo ha sposato, ed il suo errore è questo da principio, ma poi persevera nei suoi errori, sacrificando tutto ciò che fino a conoscere Vronskij le bastava, per poi rimpiangerlo e sprofondare nel baratro, nella follia più totale. Il suo amore diventa morboso, ossessivo, maniacale. E’ certamente uno dei personaggi più controversi che abbia mai incontrato, e ciò che mi ha lasciato, è la consapevolezza di non dover mai prendere alla leggera decisioni importanti, senza ritorno, quale può essere il matrimonio, scegliere la persona con cui dividere la vita. Mai accontentarsi, mai farlo senza convinzione, senza amore sincero e certo. Da certe decisioni non si può tornare indietro, o meglio, si può, ma spesso le conseguenze che ne derivano possono essere fatali, ed esser molto peggiori dalla realtà dalla quale scappiamo, apparentemente inseguendo qualcosa di migliore.

“Io conosco matrimoni felici soltanto per ragionamento.”
“Si, ma in compenso quanto spesso la felicità dei matrimoni per ragionamento vola via come la polvere, proprio perché compare quella passione che non avevano ammesso!”

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romantica82 Opinione inserita da romantica82    24 Febbraio, 2014
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UN INNO ALL'AMORE ED ALLA PASSIONE ALL'IMPROVVISO

Donna aristocratica della San Pietroburgo ottocentesca sposata con Alexandrovich Karenin, dirigente ministeriale conosciuto negli ambienti ufficiali per lo zelo e la dedizione allo zar, Anna Arkad’evna è ammirata dagli uomini per la sua fulgida bellezza ed invidiata dalle donne per la posizione sociale che occupa e per l’eleganza innata nei modi e nell’eloquio.
Una vita, dunque, perfetta e resa ancor più preziosa dall’essere madre di un bambino, Seriogia, intelligente e vispo ed intimamente legato a lei, eppure- afferma Tolstoj- “Anna Arkad'evna leggeva e comprendeva, ma non le faceva piacere leggere, cioè seguire il riflesso della vita altrui. Aveva troppa voglia di vivere lei stessa”.
Seppure apparentemente serena, la vita di Anna non è completamente appagata e, sin dalle prime pagine del romanzo, ci appare come mancante di qualcosa che neppure lei sa spiegare esaurientemente.
Il romanzo comincia con la partenza della protagonista per Mosca per risolvere un problema coniugale tra suo fratello Stiva, uomo goliardico e troppo affascinato dalle grazie femminili, e l’arrendevole Dolly, sua cognata, che, di fronte all’ennesimo tradimento del marito, decide di cacciarlo di casa. Anna, amata e rispettata tanto da Stiva quanto da Dolly, decide di fare da paciere e di lasciare per qualche giorno suo marito ed il suo caro figliolo, in altre parole il tempo necessario per accomodare la situazione.
Ma quel primo treno, con il quale Anna crede di intraprendere un normale viaggio di famiglia, segnerà per lei l’inizio di una passione irrefrenabile che porterà alla distruzione del proprio matrimonio, alla perdita del piccolo Seriogia, ed alla struggente fine della sua vita che a tutti è nota.
Tolstoj utilizza delle meravigliose allegorie per spiegare la vita e gli animi delle persone: il treno, che costantemente ricorre nella vita di Anna, simboleggia la forza della passione che, al pari della freccia di Cupido, non lascia scampi e travolge ogni razionalità. E’ il treno che porta nella vita della donna Vronski, è il treno che la conduce lontana dagli affetti, ed, ahimè, è ancora il treno a segnare la fine della sua vita, tanto che ad un certo punto la stessa Anna potrebbe essere paragonata all’impeto del treno: la sua natura, contrariamente a quella della sua dolce ed ingenua cognata Dolly, è indomita, per certi versi irrazionale, tanto che, nei suoi soliloqui, ella ammetterà più volte di essere fatta per conoscere i sentimenti forti, nel bene e nel male, e non l’insulsa quotidianità che suo marito le ha fatto vivere per anni.
Ma a fronte di una vicenda dal tragico epilogo, Tolstoj, alla continua ricerca di una dimensione spirituale capace di placare il proprio animo tormentato, ci prospetta una storia parallela differente, che parte in sordina e termina con un matrimonio felice ed una vita fatta di calore domestico e di fede autentica in Dio: l’amore tra Constantino Levin e la piccola Kitty.
Kitty, delusa dal conte Vronski che ella anelava a sposare, in un primo momento rifiuta la corte appassionata del nobile di campagna Levin per poi pentirsene ed iniziare un percorso spirituale che la condurrà ad una crescita interiore notevole e alla comprensione del valore del vero amore.
In mezzo a queste due struggenti storie, così diverse tra loro, Tolstoj, da uomo del suo tempo, inserisce anche tramite personaggi secondari, come Sergei Ivanovich, fratello di Levin ed intellettuale raffinatissimo, delle importanti riflessioni politiche e sociali sulla Russia ottocentesca. Un Paese profondamente diviso dalla sperequazione sociale ed economica ragione per cui, attraverso i dibattiti accesi tra i due fratelli, Sergei e Lenin, l’autore dibatte sulla necessità di alfabetizzare le masse, di inserire strutture politiche più rappresentative del popolo soffermandosi sul difficile equilibrio tra istanze democratiche e principi conservatori.
E’, dunque, un libro che arricchisce moltissimo e che “si fa leggere” senza grossi problemi, perché lo stile narrativo è chiaro e ricco di bellissime descrizioni dei personaggi e dei luoghi.

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Le illusioni perdute, Madame Bovary.
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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    09 Febbraio, 2014
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Anna e i suoi opposti

Il testo contiene spoiler
Se Anna Karenina fosse soltanto la storia di un adulterio finito male, non avrebbe richiesto più di ottocento pagine per essere raccontato, nemmeno nel XIX secolo.
E, nonostante il titolo, è riduttivo considerarlo il romanzo pieno di umana comprensione sui tormenti di una donna oppressa da una società ipocrita e perbenista.
Da una parte Anna Karenina ci appare come una farfalla imprigionata dietro un vetro: Tolstoj descrive minuziosamente, e dall’interno, il suo penoso affannarsi e dibattersi per tentare una via d’uscita, fino ad esaurirsi e scivolare nell’abisso dell’autodistruzione. Nello stesso tempo dipinge un grandioso affresco dei tipi umani che compaiono al di là del vetro, figure e personaggi certo presenti nella società russa del suo tempo, ma in qualche modo paradigmatici di tipi umani che sono sempre esisti e sempre esisteranno.
In più, attraverso il personaggio di Konstantin Levin, ci anticipa parte dei suoi personali tormenti, ci fa intravedere quella crisi interiore che in lui scoppierà solo qualche anno più tardi, portandolo a scelte di vita importanti e piene di conseguenze per sé e per i suoi familiari.
La cosa affascinante è che tutti i personaggi principali del romanzo possono essere visti come degli “opposti” ad Anna, ognuno per motivi diversi.
Il primo personaggio che troviamo in scena è Stepan Arkadevic Oblonskij, il fratello di Anna, il farfallone capace di vivere con leggerezza e di farsi perdonare i suoi numerosi tradimenti, l’astuto e ozioso funzionario che ha fatto parte del ventre molle della burocrazia di ogni tempo e di ogni paese, l’amicone gioviale, generoso e sincero,il viveur spensierato e spendaccione, il padre sempre pronto a giocare con i propri figli, cui tutto concede. E’ un vero artista nello schivare ogni fatica, ogni problema, ogni fastidio. Lascia volentieri alla moglie la parte più dura e faticosa del menage familiare. Stepan Arkadevic scivola con leggerezza nella vita e nelle sue contraddizioni, al contrario di Anna, che ci affonda. Tutti abbiamo conosciuto almeno uno Stepan Arkadevic nella nostra vita, e anche più di uno.
La moglie di Stefan Arkadevic è Dar’ja Aleksandrovna (Dolly). Il suo modo di essere opposta ad Anna è tutto nel suo stare con i piedi ben saldi a terra. Donna pratica, concreta, laboriosa, senza grilli per la testa , Dolly porta sulle sue spalle tutto il peso di una famiglia e di un marito svagato e cornificatore. E’ l’angelo del focolare, che ascolta tutti, che comprende tutti , ha una parola per tutti. Un angelo fragile ed energico, sanguigno e ogni tanto sanguinante, che piange, si arrabbia, pensa di non farcela e invece riesce sempre. Tutto la divide da Anna, due modi opposti di essere donna. Dolly ne è allo stesso tempo affascinata e contrariata, un po’ la compatisce e un po’ la invidia. Dolly vede in Anna cosa avrebbe potuto essere se non fosse stata Dolly.
Dolly è una delle sorelle di Katerina Š?erbackaja (Kitty). Troviamo Kitty all’inizio del romanzo, ragazzina. Tutte le ragazzine di ogni epoca e di ogni latitudine del globo sono state Kitty almeno una volta nella loro vita. Lo sono state quando si sono innamorate dei Beatles, dei Duran Duran e dei One Direction. Nella Russia del XIX secolo c’erano invece il valzer, la polka e giovani ufficiali che facevano volare la loro fantasia. Piccole donne crescono e anche Kitty passa attraverso cocenti delusioni, scelte sbagliate, esperienze che le forgiano il carattere. E quando arriverà ad innamorarsi di un uomo difficile, ombroso, con un fitto strato di rovi a proteggere la sua ricchezza d’animo, avrà già acquisito la personalità necessaria a fargli dare il meglio di sé. Riuscirà ad essere meravigliosa e immensa quando si troverà, proprio lei apparentemente così fragile, a prestare le ultime cure al cognato Nikolaj Dmitrievic, un reitetto respinto da tutti. Kitty è la storia di una formazione. La conosciamo da ragazzina, abbagliata dalla lucentezza di Anna, che le appare donna piena di vita, affascinante, matura, eccezionalmente dotata di savoir faire-. Pagina dopo pagina seguiamo le due opposte parabole e alla fine, quando tornerà la quiete dopo la tempesta, sarà proprio la stella di Kitty a brillare forte nel cielo.
Anche quella di Konstantin Dmitirevic Levin è la bella storia di un’evoluzione sofferta e ben riuscita, che fa da controcanto all’involuzione e allo smarrimento di sé impersonate da Anna. Konstantin è l’eroe positivo del romanzo (sue saranno anche le parole conclusive, lo sguardo avanti dopo la tragedia). L’uomo che partendo dagli anfratti bui in cui aveva nascosto la sua anima , riesce a ritrovare se stesso, perché inizia una sua personale e faticosa ricerca, ma soprattutto perché trova la donna giusta. Un amore che salva, contrapposto ad un amore che travolge e distrugge.
Aleksej Karenin, intelligente, colto, abile, onesto, potente, rispettato e stimato da tutti. E’ tuttavia un uomo che la vita ha reso completamente anaffettivo. Il tradimento di Anna è come un colpo di vento che spalanca le finestre e scompiglia l’ordine perfetto della sua vita senza vera vita. E’ un fastidioso accidente che vorrebbe scacciare, allontanare al più presto perché troppo impregnato di materia, e Karenin invece si trova a suo agio soltanto nel suo ordinato universo mentale. Ovviamente la sua prima preoccupazione va al decoro, all’etichetta, al buon nome. Eppure non è un ipocrita: è uomo sinceramente attaccato a buoni principi, che cerca di essere giusto e persino generoso. La sua predisposizione a ricercare il bene lo porterà, in una notte sconvolgente, a superare i vincoli imposti dal perbenismo e dal moralismo benpensante e a porgere evangelicamente l’altra guancia, a dare una tale prova di altruismo e magnanimità da soverchiare completamente Anna e il suo amante. Una ne rimarrà soffocata, confusa e annientata, l’altro sarà spinto a tentare il suicidio. Ma Karenin non capisce l’unica cosa che invece sarebbe necessario capire: per riconquistare Anna non gli è richiesto di trasformarsi in un campione di magnanimità, ma semplicemente di amarla. E invece lui è uomo completamente incapace di amare, questo è il suo modo di essere opposto ad Anna, questa è la sua personale tragedia, da cui derivano tutte le altre.
Infine Aleksej Vronskij: l’altra metà della mela di Anna, il seducente e fascinoso tambeur de femme, l’ufficiale cinico e rapace. Ma Anna fa sul serio e lui rimane invischiato suo malgrado. I due sono fatti apposta per trovarsi e rovinarsi. Eros e thanatos, amore e morte all’opera, ma con una differenza. Basta solo un briciolo, un infinitesimo di convinzione in più o in meno e ci si ritrova su due sponde opposte. Entrambi, in momenti diversi, obbediscono all’impulso di togliersi la vita. Vronskij lo fa per primo, ci crede davvero ma fallisce e quell’episodio strappa definitivamente Anna dai resti della sua vita precedente. Mentre affonda, Vronskji afferra la mano della sua donna e la trascina con sé. Anna invece non fallisce e non trascina il suo amante con sé. Lo restituisce piuttosto alla vita, naufrago risputato dal mare dopo la tempesta, e al senso di colpa.
Questo per limitarci alle figure in primo piano, ma nell’affresco c’è molto altro. Anna è anche madre e alcune delle scene più toccanti del romanzo riguardano il rapporto con il figlio Serëža. Ci sono le principessine dei circoli mondani, le nobildonne bigotte, i latifondisti, i contadini, i professori universitari, i politici,gli ufficiali e tutto quanto occorre per far scorrere la storia con la maestosa e tranquilla bellezza del Volga.

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Lonely Opinione inserita da Lonely    20 Novembre, 2013
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Levin, un grande Tolstoj

Si, questa è una grande storia d'amore, tra il capitano Vronskj, e la bella, ma sposata con un figlio amatissimo, Anna.
Ma il romanzo non è solo questo, voglio sottolinearlo, perchè molti si fermano qui, alla storia d'amore travagliata di questi due intensi personaggi.
Travagliata per l'epoca, perchè oggi non stupirebbe nessuno, ma, certo, nel periodo di fine ottocento, una donna di media borghesia, che lascia il marito e peggio ancora un figlio (perchè questa era l'unica condizione per la sua libertà, e cioè che il figlio rimanesse col padre) per andare a vivere con l'amante, dal quale avrà anche un'altra figlia, era davvero uno scandalo. E tanto è lo scandalo che Anna viene naturalmente allontanata dalla società che aveva sempre frequentato e dalla quale era tenuta in grande considerazione, e costretta a vivere relegata in campagna, lontanto da tutto e da tutti, e soprattutto dal figlio, e si addolora al punto da risolvere il suo dolore nell'unico modo secondo lei possibile.
Ma chi si ferma a questa sola lettura, non vede quello che c'è dietro, e si perde uno spaccato lucido e critico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia russa di quegli anni.
E poi, si perde Levin, l'altro grande protagonista di questo romanzo.
Levin, Lev o Tolstoj stesso mi ha letteralmente affascinato.
Un personaggio di grande caratura morale, di profondo senso etico e di giustizia.

"— Ecco, vedi — disse Stepan Arkad’ic — tu sei un uomo tutto d’un
pezzo. Questo è il tuo pregio e il tuo difetto. Tu sei tutto d’un pezzo e vorresti
che la vita fosse fatta di avvenimenti integrali, e questo non succede. Ecco, tu
disprezzi l’attività del pubblico impiego, perché vorresti che essa corrispondesse
sempre allo scopo, e questo non succede. Vorresti che l’attività di un
uomo avesse sempre uno scopo, che l’amore e la vita familiare fossero
tutt’uno. E questo non succede. Tutta la varietà, la delizia, la bellezza della vita
son fatte d’ombre e di luci."

Si perde le sue riflessioni sulla questione sociale e le sue preoccupazioni per il ceto povero e per i contadini, per la quale si sforza quotidiniamente di trovare una soluzione.

"E c’è una ragione al mio lavoro e alla mia fatica. Questa faccenda non
riguarda solo la mia persona, ma qui si tratta del bene generale.
Tutta l’economia domestica, la cosa principale, la situazione di tutto
il popolo deve cambiare completamente. Invece della povertà,
una ricchezza generale, un’agiatezza; invece dell’odio, la concordia
e il legame degli interessi. In una parola, una rivoluzione incruenta,
ma una profondissima rivoluzione; inizialmente nella piccola
cerchia del nostro distretto, poi nel governatorato, poi nella
Russia, nel mondo intero. Perché un’idea giusta non può non essere
feconda. Sì, questo è uno scopo per cui vale la pena di lavorare."

S perde le sue riflessioni sulla vita (quando gli nasce il primo figlio) e sulla morte (quando muore suo fratello) e sulla sua lotta interiore per trovare un senso a questa vita,

"La morte, l’inevitabile fine di tutto, per la prima volta gli si
presentava con una violenza ineluttabile, e questa morte che era
là in quel fratello caro che gemeva nel sonno e che per abitudine
invocava indifferentemente ora Dio ora il diavolo, non era così lontana
come gli era sempre parsa. Era anche in lui: lo sentiva. Se
non ora domani, se non domani fra trenta anni, non era forse lo
stesso? E cosa fosse questa morte inevitabile, egli non solo non lo
sapeva, né mai ci aveva neppure pensato, ma non sapeva e non
osava pensarci."

In lui tutto si fonde e si evolve in un travaglio psichico Interiore che influenza anche quello fisico, alla disperata ricerca din un senso o di una soluzione tangibile, ma che alla fine riesce a trovare solo nella fede nell'anima, nonostante il suo ostinato ateismo.

"Questo nuovo sentimento non mi ha cambiato, non mi ha
reso felice, non mi ha rischiarato a un tratto, come sognavo, proprio
come il sentimento per mio figlio. Anche qui non c’è stata
nessuna sorpresa. E fede o non fede, non so cosa sia, ma questo
sentimento è entrato in me egualmente inavvertito, attraverso la
sofferenza, e si è fermato saldamente nell’anima.
Mi arrabbierò sempre alla stessa maniera contro Ivan il
cocchiere, sempre alla stessa maniera discuterò, esprimerò a
sproposito le mie idee, ci sarà lo stesso muro fra il tempio
dell’anima mia e quello degli altri, e perfino mia moglie accuserò
sempre alla stessa maniera del mio spavento e ne proverò rimorso;
sempre alla stessa maniera, non capirò con la ragione perché
prego e intanto pregherò, ma la mia vita adesso, tutta la mia vita,
indipendentemente da tutto quello che mi può accadere, ogni suo
attimo, non solo non è più senza senso, come prima, ma ha un indubitabile
senso di bene, che io ho il potere di trasfondere in essa"

Soddisfatta di essere arrivata all'ultima pagina per dire che Anna Karenina non è solo una storia d'amore,ma è anche la storia di un uomo sensibile che non rinuncia a capire, che continua a farsi domande finchè non trova una risposta per continuare a vivere...la più semplice in fondo!

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    11 Ottobre, 2013
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Il mio libro preferito in assoluto

"Anna Karenina" di Lev Nikolaevic Tolstoj, un nome importante quanto la sua carriera.
Da dove iniziare a spiegare un libro così importante?
Innanzitutto è stato scritto tra il 1875 ed il 1877, in un periodo in cui lentamente la nobiltà cominciava a decadere lasciando spazio alla borghesia, sempre più presente. La protagonista è lei, Anna, una donna fuori dal comune, carismatica, intrappolata in una vita che ha smesso di amare, o forse non ha amato mai. Lascia il marito, a quel tempo un atto riprovevole, per amare un altro uomo, conte giovane ed impavido, Vronskij, con il quale successivamente avrà parecchi scontri causati dalle convezioni. Da questo filone principale si dipanano molte altre storie in particolar modo quella di due famiglie: gli Scerbakij, famiglia nobile che risiede a Mosca e frequenta le occasioni più mondane della società, e Levin, un nobile che lavora la terra insieme ad i suoi contadini e con un'infinità di punti interrogativi sulla vita. Queste tre famiglie sono intrecciate, sin dall'inizio da una fitta rete di amori, amicizie ed incontri nello scenario di una Russia sfarzosa e ormai dimenticata.

In questo scenario di fine Ottocento la cosa che forse ho apprezzato di più è sicuramente l'aver messo all'interno dell'intreccio delle vicende anche una parte di personali teorie politiche ed economiche dell'autore; attraverso il personaggio di Levin si conoscono i pensieri dell'uomo medio di quel tempo, ed anche di quello povero, ma soprattutto ciò che colpisce di più è la semplicità disarmante con cui esprime i concetti sulla vita, messo volutamente in contrapposizione in alcuni passaggi alle maggiori menti dell'epoca.

Un classico che assolutamente necessita di essere letto, sebbene richieda molto tempo e pazienza e soprattutto grande disposizione ad affrontare temi astratti come l'amore e la religione, principi pressochè cardine su cui verte gran parte della storia.
Se dovessi definirlo con una parola lo definirei emozionante, soprattutto per quanto riguarda la storia d'amore tra Kity e Levin ( non si è capito che lui è stato il mio personaggio preferito ah?).

Se un grande libro dev'essere colmo di pregi però vanno sottolineati persino i difetti. Trovo che Anna ed a volte anche Levin, in particolar modo nella parte finale, siano un pò esagerati nei loro pensieri, anche se credo che nei momenti di sconforto senza accorgesene si arrivi a comportarsi nello stesso modo.

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Cathy Opinione inserita da Cathy    29 Settembre, 2013
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Una storia d'amore intensa e travagliata.

Russia, 1877. Anna Karenina, bella e affascinante moglie del funzionario pubblico Aleksej Karenin, si reca da Pietroburgo a Mosca per riportare la pace nella vita coniugale di suo fratello, Stiva, che tradisce la moglie Dolly. A Mosca conosce il conte Aleksej Vronskij, corteggiatore della sorella di Dolly, la principessina Kitty; ma dopo aver incontrato Anna, Vronskij, perdutamente innamorato di lei, la segue a Pietroburgo. E Anna, vinte tutte le resistenze e i rimproveri della sua stessa coscienza, cede al corteggiamento di Vronskij diventando la sua amante e fugge con lui in Europa, abbandonando il marito e il figlio Sereza.
Mentre l'amore tormentato di Anna e Vronskij si consuma tra incertezze e difficoltà, Kitty si riavvicina ad un suo vecchio corteggiatore, Konstantin Levin, che aveva rifiutato poichè in attesa di una proposta di matrimonio da Vronskij. La ragazza si scopre innamorata di lui e accetta la sua richiesta di sposarlo...
Il romanzo di Tolstoj, capolavoro della letteratura russa dell'Ottocento, affronta molteplici temi (la famiglia, il tradimento, la vita di società, questioni morali, sociali e religiose), ma ruota intorno a due cardini fondamentali, due vicende che si intrecciano, si allontanano e si riaccostano di continuo: da una parte l'amore di Anna e Vronskij, proibito, passionale e distruttivo, dall'altra l'amore tra Levin e la sua dolce Kitty, tenero, equilibrato e delicato. Tra le due coppie, simbolo di altrettante visioni dell'amore, infine solo una trionferà, indicando la giusta strada da seguire, mentre l'altra si ridurrà in cenere, bruciata dalle fiamme della sua stessa violenta passione.
Anna Karenina è un libro intenso e ammaliante, capace di incatenare il lettore alle storie narrate e ai personaggi eccezionali per centinaia e centinaia di pagine fino al tragico epilogo. Un incantevole, dettagliato affresco della società russa ottocentesca, con le sue ipocrisie, i suoi vizi e il suo splendore.

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Gloria Zoroddu Opinione inserita da Gloria Zoroddu    21 Agosto, 2013
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Anna Karenina, il romanzo di tutti

(IL TESTO CONTIENE SPOILER)

Anna Karenina è considerato un monumento della letteratura mondiale, uno di
quei libri che se ci si vuole inoltrare nella foresta della letteratura
bisogna assolutamente conoscere.
Questo successo si deve a tanti fattori. Lev Tolstoj non ha una penna
qualunque, e nemmeno degli occhi qualunque. Ha una profondità tale che
riesce a penetrare tutte le pieghe dell’anima, descrivendo con chiarezza le
contraddizioni, le luci e le innumerevoli ombre della mente umana. Egli
comprende la follia, rendendola un qualcosa di non poi così lontano anche
dalle nostre vite. Agli occhi di chi legge persino la pazzia, diventa così
chiara e trasparente che s’inizia a pensare che niente poteva andare
diversamente.
La protagonista del romanzo è una gran dama della Russia innevata dell’800,
una creatura fragile e affascinante, bella e infelice. E’ una donna che pur
avendo dentro di se una vitalità forse rara, la reprime diligentemente, come
vuole la società, incanalando tutte le sue energie nella cura del figlio, e
sopportando a testa china le angustie del suo matrimonio arido.
Tuttavia nella mente umana si può insabbiare tutto ma mai cancellare nulla.
Perciò, in una delle tante feste mondane, Anna perde il controllo e inciampa
negli azzurri occhi di Vronski. I due, dimenticandosi delle regole imposte
dall’aristocrazia russa, che accetta di buon grado un tradimento, ma mai l’amore
vero, fuggono insieme, annullando completamente il loro precedente passato.
Il mondo di cui parla Tolstoj è ipocrita. In esso è concesso (quasi
incoraggiato) tradire ma senza amare. E’ un mondo falso, svuotato dalle vere
emozioni. Per questo Anna e il suo amante decidono di tirarsi fuori. Ma a
quale prezzo? Davvero l’amore può compensare la perdita di un figlio? L’esclusione
dalla società? Lo sfumare di tutti i sogni e le ambizioni? In Vronski, che
per la donna ha buttato via una brillante carriera militare, inizia a
serpeggiare quel male di vivere che per il precursore dell’esistenzialismo
moderno, Seneca, è la maledizione per eccellenza: la noia. E forse niente
più della noia può uccidere anche l’amore più forte. La giovane donna, a cui
la vita è sfuggita completamente, è ossessionata dall’idea che l’amante la
abbandoni, e lo tormenta con insensate crisi di gelosia: egli è tutto ciò
che le rimane e non può permettersi di perderlo. La situazione, giunge a una
soluzione finale catastrofica: in preda a una delle tante paranoie
nevrotiche, riflettendo sulla bruttezza del mondo e sull’inutile falsità di
tutte le cose, in una stazione si butta tra le rotaie di un treno, dopo
essersi fatta il segno della croce. La fine della storia di Anna è di una
tragicità dolorosa, che non lascia al lettore nemmeno un piccolo appiglio su
cui potersi aggrappare. E’ struggente la dinamica del suicidio poiché Anna,
pochi secondi dopo l’aver compreso la stupidità di quel gesto tenta di
alzarsi, ma l’impatto violentissimo con il treno le impedisce di farlo. .
Volle alzarsi, rigettarsi all’indietro, ma qualcosa di enorme, di spietato,
la colpì alla testa e la trascinò.
Dunque, la risposta è chiara. Non si può scappare. Non si deve scappare. Un
albero non ha vita se privato delle sue radici.
Non a caso i severi occhi di Tolstoj offrono ai lettori, parallelamente, l’esempio
di un amore giusto e sano: la storia della dolce Kitty e di Lev, l’alter ego
dello scrittore. E’ un amore lontano dal peccato, riconosciuto dallo stato e
soprattutto da Dio. Proprio in Dio, secondo Lev, si può trovare l’unico
conforto sicuro alle atrocità della vita.
Anche quello di Stiva e Dolly, seppur esasperato dai ripetuti tradimenti del
marito, è un matrimonio che non conduce alla perdita di se stessi.

Anna Karenina è il libro delle madri, degli amanti, dei traditi, dei
traditori, degli eremiti, degli uomini in carriera, dei poveri, dei ricchi.
E’ il libro della tenerezza e della violenza, della razionalità e della
follia. E’ il libro di tutti. Per le sue innumerevoli ma probabilmente
necessarie digressioni la lettura non sempre è scorrevolissima. Ma ne vale
la pena. Aggiungo che per la sua complessità è un libro da RI-leggere. Una
lettura dopo l’altra si colgono più dettagli, riflessioni che prima ci erano
sfuggite e il disegno di Tolstoj si fa più chiaro, da ogni angolazione.

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Federica Favaro Opinione inserita da Federica Favaro    22 Luglio, 2013
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ANNA KARENINA

Anna Karenina è quel genere di libro molto avvincente ed interessante che ha, però, come unica pecca le lunghe digressioni. Queste, infatti, stemperano molto il clima degli intrighi che colpiscono il lettore, procedendo con lentezza, ma sono necessarie a delineare con accuratezza il quadro della società russa dell’800. Approfondisce diversi temi, e molto bene, andando dalla vita alla morte, dalla fedeltà all’adulterio, dalla follia amorosa alla virtù, dalla monotonia all’imprevedibilità. L’introspezione e la psicologia aprono totalmente l’animo dei personaggi che sono esposti alle intemperie della propria vita, chi volontariamente e chi di riflesso, mettendo su un piatto d’argento tutte le sensazioni e le emozioni scaturite da questi eventi e trasmettendoli al lettore, divenuto appassionato con lo svolgersi della vicenda. Ciò che rende il romanzo completo è l’abilità dell’autore e, soprattutto, la sua cultura: presenta teorie economiche, politiche, elementi giuridici e legati alla persona toccando con specificità ogni orizzonte possibile.
Le dimensioni del libro a prima vista spaventano: mille pagine ricche e dense di contenuti che vanno a ricompensarne l’acquisto con la piacevolezza derivata dal leggere e dall’apprezzare la protagonista: Anna.
Anna Karenina è l’emblema della donna virtuosa ed integra che, stufa della propria vita, si concede piaceri e vizi senza potersi controllare. E’ il passaggio dal circolo dei principi e del candore a quello della trasgressione e della sregolatezza che vanno a modulare e modificarne i tratti scritti inizialmente. Il suo aspetto rispecchia il suo essere: capelli neri, occhi grigi impenetrabili e un sorriso accennato quando ancora la sua purezza è percepibile; poi, quando la situazione muta, le forme si allargano e l’aspetto diviene malinconico, triste e suscettibile. Sino alla fine sono gli altri personaggi a parlare di lei, a definirla, a giudicarla e a compatirla probabilmente perché Anna, nel corso della sua vita, non era mai riuscita a stabilire cosa fosse e cosa volesse. Inizia addirittura a trovare piacevole questo cambiamento travolgente lasciandosi trasportare da Vronskij e dal suo amore incondizionato, sino ad odiare il marito colpevole della sua infelicità. E’ sempre combattuta rispetto il suo agire, tormentata dalle conseguenze ed influenzabile da chi la circonda. Vissuta una vita monotona dedita alla famiglia e al marito, decide di cambiare totalmente concedendosi e prendendo la prima vera scelta significativa della sua vita; una personalità complessa e ricca di sfumature che contribuisce a rendere questa lettura ancor più affascinante e, in primis, una donna accecata dall’amore, pronta a tutto per coltivarlo, e che vive in funzione di questo. Anna per me è stata una scoperta lenta ma incantevole: una figura che mi rispecchia ma che, in seguito, viene traviata dalla vita stessa. Un carattere forte, tenace, romantico e dolce nel medesimo tempo, carismatico e di grande vivacità mentale. Pur non biasimandola per le sue scelte, vedo il suo passare dalla parte sbagliata come una sorta di debolezza fisica e mentale. E’ qualcosa di molto più grande di lei e che la trasporta fino ad arrivare ai meandri della pazzia. Diviene irrazionale, sogna una vita diversa, sogna la felicità ma in cuor suo è ancora capace di comprendere lo sbaglio e, pur malamente, cerca il perdono e l’assoluzione.

Un capolavoro che merita d'esser letto!

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whasting Opinione inserita da whasting    06 Luglio, 2013
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LA PASSIONE DI ANNA

Ho impiegato tre mesi per leggere questo libro, e non perché fosse noioso o altro, è molto lento!
La prima parte del libro è dedicata alla vita di Dolly, Anna è sposata con Alskeij (ma tutti Alskeij si chiamano?) e va a trovare l'amica Dolly, perché in quel periodo si scopre che il marito di Dolly fa una delle sue e Dolly vuole il divorzio. Grazie ad Anna tutto sembra risolto.
Sembra risolto, perché Dolly vive nell'infelicità fino le ultime pagine del libro.
Durante un viaggio in treno, Anna incontra Vroskij, e se ne innamora perdutamente, anche se fa fatica ad ammetterlo a se stessa.
Vroskij in quel periodo si frequenta con la sorella di Dolly, Kitty.
Il principe, cioè il padre di Kitty, vorrebbe che Levin sposasse Kitty. La principessa, la madre di Kitty, vorrebbe che Vroskij sposasse Kitty.
Kitty vivrà un momento tragico e poi si dedicherà ad altro.

Ho notato leggendo che Tolstoj si identifica molto in Levin.
Levin è il personaggio che ho odiato più in assoluto, mi ha fatto impazzire. Nelle ultime pagina parla da solo, botta e risposta.
Le parti sull'agricultura di Levin le ho saltate, non fanno per me.

Anna è il personaggio più odiato/amato da me.
Paranoica, possessiva, anche un po' stupida.
Infatti se la cerca.
Mi ha delusa un po' il fatto che nelle ultime pagine Tolstoj si sia dedicato ben poco a Vroskij, ai suoi sentimenti.
Nel complesso un bel libro che consiglio, non fatevi spaventare dalle novecento pagine.
Kitty ovviamente è il grande amore di Levin, quindi anche di Tolstoj.
Ed è stata una dei miei personaggi preferiti. Gentile, gelosa al punto giusto e molto bella.
Ora come promesso vado a guardarmi il film.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    30 Giugno, 2013
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Maestro dell'anima

Questo romanzo è davvero immortale ed è un capolavoro di tutti i tempi, non solo della letteratura russa di fine ‘800. Anna è una figura intensa e densa, vive un legame passionale e travolgente che alla fine la macchia di un’ombra indelebile, in un’ossessione che la porta alla distruzione, trasformandola, anche se è lei la protagonista principale, in un personaggio perdente. Levin è l’altro personaggio senza tempo di queste pagine, che vive l’amore in un modo che si può considerare molto moderno e che vive una crisi esistenziale che resta impressa nell’animo. Singolare è la capacità descrittiva dell’autore, che non solo rappresenta l’animo umano con colori incredibili, ma che costruisce anche un’ambientazione, sia dei luoghi, sia della vita aristocratica russa, che fa da sfondo e che è anello inscindibile con la storia. Di rilievo la sua capacità, da uomo, di capire le più profonde dinamiche psicologiche femminili: segno di una mente fine, profonda, sensibile, attenta. E’ un vero maestro dell’anima, che ci regala una lettura impegnativa, ma che indubbiamente arricchisce.

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paola melegari Opinione inserita da paola melegari    04 Giugno, 2013
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L'amore non è eterno!

ho provato diverse volte ad inserire un'opinione, non è mai entrata.
Bella la struggente storia d'amore fra Anna e Vronkji. La loro passione sconvolgente li trascina verso scelte che avranno molti risvolti negativi.
Anna diventa appiccicosa, richiede continue attenzioni , più di quante il suo amante sia disposto a dare.
La sua decisione di lasciare il figlio e la casa matrimoniale, la esclude dalla vita sociale alla quale era abituata.
Ho trovato appassionante il romanzo,ma la parte che più ho amato, riguarda le lunghe descrizioni della campagna russa, le battute di caccia,Levin che si improvvisa mietitore e divide con i suoi contadini il pranzo nei campi . Andando a vedere la vita di Tolstoj, ho scoperto che era un gran ambientalista, vegetariano pure e, Levin altro non è che una proiezione di se stesso.
Ecco , contrariamente a molti opinionisti, giustamente attratti dalla storia d'amore fra i protagonisti, io mi sono sentita coinvolta nella lettura , molto più dall'amore dello scrittore per la sua terra, dalla sua dettagliata osservazione dell'ambiente rurale.
E' proprio vero che, fortunatamente, ciascuno nota ed assimila le cose diversamente, tutti leggiamo le stesse parole, eccellenti stesure di frasi , di sentimenti, di scenografie, poi ognuno le metabolizza in modo diverso.
Ho iniziato questa lettura , pensando di affrontare un mattone che forse avrei abbandonato. Invece ho incontrato una narrativa scorrevole ed appassionante. Presto affronterò un altro Russo.

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gracy Opinione inserita da gracy    03 Aprile, 2013
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Annuska Arkadievna secondo Gracyenka...

Mosca 1887- Agrigento 2013

“Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.”

Mi è sempre piaciuta questa frase e ritrovarla proprio all’inizio di questo tomo di più di 800 pagine è stato un buon segno. Ma stiamo parlando di un monumento della letteratura mondiale e non è robetta.

La partenza è brillante, scorrevole, piacevole e ben strutturata. I personaggi sono ben delineati e le storie semplici e routinarie. Eppure c’è qualcosa che si impone nella mia mente, una specie di archivio schematico dei personaggi, gli antipatici da una parte e i simpatici da un’altra, man mano si susseguono gli eventi le mie opinioni cambiano e tra una riflessione e un’altra credo di essere stata una vittima perfetta dell’intento di Tolstoj.

“Le donne sono la principale pietra d'inciampo nell'attività dell'uomo. E' difficile amare una donna e nello stesso tempo concludere qualcosa. Per questo c'è un solo un mezzo d'amare comodamente, senza ostacoli: il matrimonio.”

Ho odiato da subito il damerino e lussurioso Stiva ed ho amato la moglie Dolly, la sorella Anna….Annuska Karenin, si lei la Anna nazionale! Mi ha subito rapita: zia amorevole, sorella e cognata prodigiosa, bellissima, occhi maliziosi, capelli neri, ben vestita, appariscente e poi le sue dita ingioiellate di anelli d’oro (come piace a me)….e mi dico “si, Anna sei la mia Emma, la mia Jane Eyre, la mia Lizzie”….intanto i capitoli scorrono e di lei non c’è più traccia.
Compare Levin, un uomo senza tante bellezze, che con i suoi pensieri, la sua tenacia e razionalità a gestire il patrimonio di famiglia, la sua coerenza politica, il suo romanticismo e la sua perseveranza fino alla sua conversione a Dio scopro che è l’unico personaggio che alla fine ho veramente amato assieme alle scene che lo riguardano, quelle legate alla campagna, alla mietitura, al maggese e alla caccia.
Levin ha completamente eclissato il bellissimo e dubbioso Vronskij (per carità ….ad un certo punto Tolstoj scrive che era diventato stempiato) e persino Anna.

Anna…...

L’incontro con Vronkij non è stato ricco di suspence e di romanticismo come mi aspettavo, me li ritrovo amanti che fornicano sotto gli occhi del marito Karenin cornuto consenziente senza tanti giri di valzer, lei completamente innamorata diventa fredda verso il figlio Serëža, anche quando partorisce la figlioletta è apatica, nemmeno un cenno di dolcezza…
Anna, ma cosa ti è successo?
Anna è solo innamorata persa, vede solo l’amore e la disperazione che l’amore estremo e insano può arrecare. L’amore, la gelosia e l’impossibilità di non potere riscattare la sua completa libertà attraverso quel travagliato divorzio la inducono al gesto folle e plateale di non ritorno, dettato da una vendetta incontrollabile verso tutti e verso la propria persona, sensibile e indifesa.

“Hanno inventato il rispetto per nascondere il posto vuoto dove dev’esserci l’amore.”

Anna alla fine mi ha fatto troppo tenerezza e sono arrabbiata con Tolstoj che ha giocato bene le sue carte.
Ho letto a tappe, con intervalli lunghi questo libro, come leggendo le puntate dei settimanali…e devo essere sincera, non vedevo l’ora di finirlo, mi ha sfiancata, era diventato un pò l’appuntamento con la corazzata Potëmkin…

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Artemisia* Opinione inserita da Artemisia*    19 Settembre, 2012
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Vivesti solo un giorno, come le rose

[SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER. Spero che ora siate più soddisfatti :D]

Ho combattuto con me stessa nell'indecisione di recensire questo romanzo che per un mese e più non mi ha dato pace, mi è pesato sulle spalle come un macigno che soltanto poche ore fa sono riuscita a scrollarmi di dosso. Eppure ancora adesso quella sensazione opprimente, deprimente e tetra mi circonda e mi abbatte, quasi come se sentissi mio il dolore di Anna, lo vivessi e lo comprendessi molto più di quanto in realtà possa fare.
Forse più del dolore di Anna compatisco quello di Vronski al termine della sua triste vicenda d'amore e mi pongo una domanda fondamentale, una domanda che mi ha torturato nelle ultime 200 pagine di questo dispersivo capolavoro : perchè Anna si suicida? E' davvero la società a condannarla? E' davvero diminuito l'amore di Vronski nei suoi confronti? E' davvero addolorata per l'allontanamento dal suo amato Seriogia? Risulta davvero decisivo quello sguardo compassionevole da parte di Kitty e Dolly durante l'ultima allucinata giornata della donna?
La smania di questa eroina negli ultimi giorni della sua vita ce la fa apparire tanto più folle quanto più insoddisfatta dell'esistenza che ella stessa ha scelto per sè con consapevolezza; e forse in quegli ultimi attimi di vita la penna dello scrittore risulta ancor più giudice incontestabile e punitrice verso colei che ha tradito le leggi morali ed è andata incontro alla perdizione.
La stessa penna giudica un altro fragile e al tempo stesso indimenticabile personaggio : Costantino Levin. Un paranoico, scontroso idealista, solitario sognatore di un mondo diverso, alla ricerca di una pace interiore che l'alter ego (Tolstòj stesso) gli fa ritrovare attraverso la Fede e la morale cristiana.

Avrei bisogno di tempo, di mesi, di anni per riordinare le mie opinioni a proposito di quest'opera ma preferisco scrivere queste prime idee "a caldo", nelle quali sento di aver espresso come meglio ho potuto i tormenti che l'animo di Anna mi ha morbosamente trasmesso. Avrei molto altro da dire a proposito di Kitty, di Stefano Oblonsky e di tutto il piccolo mondo antico che Tolstòj ha meravigliosamente creato : ma preferisco tacere per lasciare ai lettori il desiderio di addentrarsi con grazia ed eleganza in questo quadretto lontano.

Immagino che i miei pensieri risultino inconcludenti, tuttavia non posso negare che continuo ad avere l'impressione dolorosa che Anna abbia lasciato una traccia indelebile e irrequieta sulla mia pelle, sul mio viso, come l'ultimo sguardo di chi chiede una grazia ma non la riceve.

Pensando a lei non posso fare a meno di accostarla alla meravigliosa Marinella di Fabrizio de Andrè :
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra una stella
Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
E c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose le sue mani suoi tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta
Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose.

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Il paragone con altre due giovani e belle adultere come Costance Chatterley ed Emma Bovary sorge quasi spontaneo nella mia mente eppure Anna, forse grazie all'immensità della penna di Tolstòj, è un personaggio molto più tragico e per questo ancor più caro al mio immaginario letterario.
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silvia t Opinione inserita da silvia t    12 Agosto, 2012
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Anna Karenina

E' l'anima di Tolstoj ad essere descritta in tutta la sua candida purezza in "Anna Karenina"; se la trama è, tutto sommato, banale non lo è senza dubbio la foma con cui essa è ordita. A differenza di quello che si può pensare la protagonista non è Anna, ella è il paradigma di un modo di essere che non può portare che alla caduta in un abisso di cui non è possibile scorgere il fondo. La magistrale penna di Tolstoj non suscita compassione per Anna, non la comprende, non la giustifica non la perdona. Esiste nella poliedrica personalità dell'autore un grande spazio dedicato al perdono, ma affinchè questo possa essere concesso è necessario il pentimento e il riconoscimento della colpa nel profondo della propria anima; Anna non diviene mai ai propri occhi colpevole, ma sempre vittima: della società, del marito, dell' amante.
Agli occhi del lettore, che non si faccia ingannare dal romantico velo che avvolge la vicenda, Anna rimane colpevole, poichè le scelte che compie vengono decise dall' ansia di vivere che la pervade, ma non riesce a prevedere le conseguenze dei suoi gesti, le quali in un inevitabile concatenarsi di eventi la schiacciano. Anna non ama nessuno, neppure se stessa, cerca una felicità che non conosce e che non merita, abbandona tutto quello che ha in nome di una passione che risulta essere un amore puro, vero, straziante e struggente, ma non pervasivo dalla persona amata. Vroskj ama Anna, dell'amore di cui è capace, ma la razionalità che lo contraddistingue lo porta a scardinare la vita precedente e a cercare una dimensione in cui sia ancora possibile vivere alla luce del sole, senza ignominia. Egli dfende la popria scelta, di fronte al mondo, non se ne vegogna, si batte per essa, vuol vivere con Anna, non in lei; ella è fragile e delicata, difesa e costudita da tutti gli interpreti della vicenda, ma non da se stessa;il fondo dell'abisso non viene raggiunto per disperazione, ma per vendetta; se con la propria vita non è riuscita a pervadere e occupare ogni pensiero dell'amante ci riuscirà con la morte, addossando una colpa così grande a Vronskj che non riuscirà più ad essere scaldato dal fioco sole russo e donerà la sua vita per una causa che non sente, ma che lo libererà della colpa.
Sullo sfondo la Russia, chiave di lettura di tutta la vicenda. Una nazione che sta cambiando, che Tolstoj osserva e critica, che vorrebbe diversa, ma che ama con tutta l'anima e alla quale sente di appartenere e dalla quale e nella quale può esistere la vera felicità e il vero amore.

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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    11 Agosto, 2012
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Una rosa tra i ghiacci

Ho sempre apprezzato la vecchia abitudine di conservare un fiore reciso in un libro. Infatti, ogni romanzo che ho considerato prezioso ha meritato, da parte mia, un particolare fiore tra le sue pagine.
Questo immenso capolavoro di Tolstoj é il libro della rosa rossa perché la protagonista, proprio come questo fiore scarlatto, col passare del tempo non perde mai la sua bellezza e riposa nel mio immaginario, proprio come la rosa sotto il peso delle pagine...lì....in un angolo buio e remoto del cuore.
C'é una donna, dai capelli raccolti, dal portamento elegante, fasciata in un lungo abito finemente elaborato, che cammina pensierosa su e giù per un lungo corridoio di un palazzo aristocratico.
Spesso si sofferma a guardare fuori attraverso i vetri leggermente appannati delle finestre.
Sospira.
All'esterno imperversa l'inverno.....il freddo inverno di Pietroburgo. Neve e ghiaccio ricoprono tutto.
L'aria é così fredda da serrare il respiro. Lo stesso freddo lo ritroviamo nel cuore della donna.
Il suo nome é Anna Karenina.
Anna é la prigioniera di una gabbia dorata offertale da un marito che non ama.
É stufa delle convenzioni, delle apparenze, del chiacchiericcio mondano e delle ripetitive serate di gala al cospetto di una società superficiale e abietta. 
Anna all'apparenza ha tutto ciò che desidera ma in realtà niente di cui ha davvero bisogno. Inaspettatamente un giorno, in stazione, fa un incontro fatale. Lui é Vronskij, l'uomo che con il suo interesse riaccende in lei una passionalità troppo a lungo repressa. Si sente rinata, desiderata e viene travolta dall'amore.
Non può rinunciarci...lo vive ostinatamente sfidando tutto e tutti. Ben presto, però, si accorgerà che questo é un amore impuro agli occhi del mondo e ne proverà vergogna.L'adulterio commesso e la nascita di una figlia illegittima non le verranno perdonati in quell'ambiente e davanti agli occhi di un lettore esterrefatto, Anna soccomberà sotto il peso schiacciante delle critiche e della colpa.
Nel romanzo,in una contrapposizione voluta da Tolstoj, si sviluppa un altra storia d'amore, quella di Kitty e Levin; questo però é l'amore senza macchia, quello convenzionale. Le differenze tra le due relazioni nella struttura e nel vissuto incrementeranno la drammaticità della vicenda facendo di Anna una vera e propria vittima sacrificale che si immolerà per ottenere il perdono dei peccati.
La penna di Tolstoj scorre morbida attraverso le pagine, racconta, sorveglia, ama, si pente, soffre, sferra colpi durissimi, poi alla fine si redime e la fede scenderà su tutto a placare cuori e animi troppo a lungo afflitti. Un romanzo che non ha bisogno di presentazioni, commenti o sottolineature. 

 

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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    14 Giugno, 2012
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La conoscenza del bene

L' avvicinarsi a testi dell'altezza di Anna Karenina incute nel lettore una sorta di timore, o meglio, di reverenziale rispetto. Non solo per la fama di questo libro, ma anche per la paura di non riuscire ad arrivare alla fine. Perché leggere Anna Karenina è come scalare una montagna, e bisogna sudare.
Inizi. Fiducioso ti addentri, muovi i primi passi. Tenti di prendere confidenza con il terreno. Con l'ambientazione dell'opera, una Russia aristocratica che supera le ricostruzioni storiche per la sua vivacità. Inizi a sfogliare le prime pagine: gli occhi si devono abituare all'ambiente nuovo, al passare in rassegna lettere, parole, frasi e capitoli; le mani iniziano a tastare il terreno, a toccare le pagine; la mente, un po' confusa, cerca i primi appigli. E in questa ricerca si trovano i personaggi, alberi che con le loro radici sostengono il terreno e dominano la società; tronchi da cui si diramano intricatissimi rami. Rapporti personali. E ti avvicini, per non essere solo. E osservi le cortecce, plasmate dalla natura, modellate da una forza, ancestrale, che è lo stile netto, lineare e neutro dello scrittore, stile che delinea caratteristiche e inclinazioni di una élite boriosa.
Continui la scalata, sfogli le pagine. E vedi due alberi, possenti, che si stagliano verso l'alto cercando di allontanarsi dai vincoli sociali, dall'apparenza e dalla convenienza dell'aristocrazia. Lo sguardo si perde nel cercare la cima di queste piante, cima che rasenta il cielo. Guardi meglio e scopri che questi alberi sono Anna e Levin. E capisci che non sono poi così diversi.
Prosegui. Ancorato a questi alberi, e tutto il resta sembra contorno. La scalata all'inizio è ripida, ma poi si addolcisce sempre di più. E allora inizi a correre. Corrono gli occhi, corre la mente. Le mani fremono, e si arrampicano, sfogliano, per raggiungere la cima, la fine. Mentre cammini fiducioso, seguendo la via di Levin e Anna, vedi il paesaggio mutare, all'ipocrisia succedono l'amore, il dolore, la tristezza, la gioia, il matrimonio, il divorzio, l'adulterio. Il verde della campagna e il grigio della città. Ti lasci guidare da una forza arcana, lo stile di Tolstoj, che ti manovra senza incertezza. Ti fidi e ti abbandoni, ti culli nei dialoghi, divertenti o eruditi, nella critica feroce e sublime alla società, alla cultura.
Continui. E poi all'improvviso ti fermi. Tutto è nero. E' la morte. Ed è doveroso inchinarsi, fermarsi, riflettere. Ma in questo Nulla c'è una piccola luce, un tarlo minuscolo: la fede. Non sai come finirà, e allora prosegui.
Il grigio e il verde si alternano, la campagna di Levin, il suo matrimonio felice, il suo disprezzo per l'ipocrisia aristocratica; la città di Anna, il disprezzo nei suoi confronti, il suo dolore per una società che l'esclude perché lei ha saputo incarnare ciò che l'aristocrazia teme di più: la verità. Quella di Anna è una denuncia spietata e così diviene il capro espiatorio ideale. E nessuno si cura della sua sofferenza, la compassione si sottomette al giudizio, alle apparenze.
Continui, vedi la vetta, sei quasi in cima. MA all'improvviso uno di quei due alberi che si stagliavano contro il cielo, cade. Era tropo alto e aveva radici troppo deboli. E ti stupisci che l'altro non cada e cerchi il motivo. Allora ti ricordi d quella piccola luce nella morte: la FEDE. Capace di salvare dalla perdizione. Dal suicidio. Sei dispiaciuto, ma manca poco alla vetta. Corri. Sudi. Fatica. Rabbia. Vedi tutto con la coda dell'occhio: sai di perderti molto. MA la vetta è lì, non puoi indugiare.
Arrivi. Stanco. Soddisfatto, cullato dalle parole, dalle frasi. DA Tolstoj. Ti sporgi timidamente e guardi. Nebbia. Ti sforzi. Nebbia. Ti arrabbi. Nebbia. Non puoi far nulla per penetrare nel fondo di questo libro. La scalata, la fatica ti sembra ora inutile. Poi ti concentri e guardi di nuovo. Nebbia rarefatta. E vedi confusamente la vita, la morte, la conoscenza del bene, vai al di là di Anna, di Levin, raggiungi la Fede. Per chi crede e per chi non crede. Vorresti vedere di più. Pensi di meritartelo. Ma c'è sempre la nebbia. Allora capisci che la vera ricchezza l'hai persa mentre correvi e vedevi tutto di sfuggita.
Scendi. Ma ti riprometti di tornare, di scalare di nuovo. Con più attenzione. Senza correre. Ma sai che anche se non correrai la nebbia ci sarà comunque. E' la nebbia che genera interpretazioni.
Forse, alla fine, l'unica cosa sbagliata era il titolo. Anna Karenina. Troppo e troppo poco. Questa scalata e questo romanzo sono molto di più: una parabole straordinaria di vita, la conoscenza del bene.

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Angelica Elisa Moranelli Opinione inserita da Angelica Elisa Moranelli    03 Mag, 2012
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Vita e morte dell’Amore

Nabokov lo definì il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo, Dostoevskij un esempio di perfezione totale: è Anna Karenina, romanzo circolare (si apre con la morte violenta di un operaio e si chiude allo stesso modo, con il suicidio di Anna) che affronta tematiche d’interesse attuale attraverso l’analisi di tre relazioni amorose: quella fra Dolly e Oblonsky, quella tra Kitty e Levin e, infine, quella tra Anna e Vronsky.

A testimonianza di cosa Tolstoj pensasse del matrimonio (tema affrontato anche nel romanzo breve “Sonata a Kreutzer”) la storia prende piede proprio da un matrimonio in crisi, quello fra Dolly e Oblonsky, fratello di Anna. Da San Pietroburgo Anna è chiamata dal fratello a intercedere per lui presso la moglie, che ha scoperto la sua infedeltà. Nella stazione di Mosca, Anna assiste alla morte di un operaio, travolto da un treno: un incidente-presagio che segna l’inizio del declino; alla fine del romanzo, in una sorta di espiazione della colpa che la opprime per tutta la storia, Anna si reca nel luogo dove ha compiuto i primi passi verso la distruzione e si suicida, gettandosi sotto un treno (intrinseca critica di Tolstoj al progresso proveniente da Ovest, causa della corruzione dei tradizionali costumi russi).

Le tre relazioni descritte da Tolstoj sono il simbolo delle relazioni amorose e dei diversi e possibili esiti: Dolly e Oblovsky si riconciliano non per amore, ma per comodità. Nonostante la mancanza di sentimento, il loro matrimonio, fondato sull’accettazione formale delle ipocrite leggi che governano la Società Russa, riesce. Levin e Kitty, l’altra coppia che funge da allegoria del matrimonio, sono i soli a raggiungere uno status di reale serenità, merito della ritrovata fede di Levin in Dio. Infine Anna e Vronsky sono il simbolo stesso di un amore nato e cresciuto al di là delle convenzioni sociali, da queste distrutto e la cui fine riecheggia cupa sulla vita dei suoi protagonisti.

Col pretesto di affrontare la storia fallimentare dell’amore tra Anna e Vronsky, colpevole di essere fondato sulla passione (la passione femminile, cosa ancora più grave) e di infrangere con la propria esistenza le leggi sociali, Tolstoj affronta i temi a lui più cari: primo fra tutti quello dell’ipocrisia della Società Russa, dove uomini e donne mantengono quotidianamente relazioni extraconiugali nella falsità e nell’approvazione di tutti, ma si riservano il diritto di allontanare dalla propria cerchia la donna (non l’uomo! Infatti Vronsky continua ad essere accolto nei circoli aristocratici) che si è abbandonata alla passione non per diletto, non per passatempo, ma per amore.

Anna lascia suo marito e suo figlio, tradendo il ruolo primario di una donna: quello di moglie e di madre. Infrange un’istituzione sacra com’è il vincolo matrimoniale, per fuggire e andare a vivere come concubina con l’uomo del quale si è innamorata. Anna rappresenta la critica più feroce e allo stesso tempo la dimostrazione palese di tutti i sotterfugi e le menzogne su cui si fonda la buona società russa. Per questo la Società Russa ha bisogno di nascondere Anna, occultando così i suoi stessi peccati.

La rovina di Anna inizia con l’abbandonarsi non già al desiderio carnale, che se temporaneo e circoscritto è perfino legittimato, ma all’Amore, a un amore che non conosce né Dio né Ragione. Per Anna l’unica cosa importante è essere amata da Vronsky e quando Vrosnky si rivela un uomo imperfetto come qualsiasi altro, la gelosia la consuma, distrugge l’amore e distrugge Anna stessa, fino a portarla, in una spirale di disperazione e follia, alla morte.

Anna rappresentando l’istinto, è sopraffatta e uccisa dalla passione. Dolly, che invece segue le regole fissate, riesce a dominare la gelosia, vivendo una vita mediocre e un matrimonio senza amore ma, secondo la morale comune, riuscito. Kitty, invece, ha fede, la religione, la fiducia in Dio le dona un matrimonio non passionale, non bruciante, ma sereno e leale.

La fede in Dio è un altro dei temi cari a Tolstoj, trattato prevalentemente nella figura di Levin (una specie di alter ego di Tolstoj stesso) vittima delle sue passioni e infelice all’inizio del romanzo; Levin comincia poi a comprendere l’amore per Dio, sostituendo alle passioni carnali, la passione spirituale: un passaggio che salva la sua esistenza e gli consegna la chiave della pace interiore, poiché per Tolstoj l’unico essere nel quale si può confidare è Dio stesso; gli uomini, essendo imperfetti, sono causa di sofferenza per il prossimo: la lezione è che fare di un altro essere umano il proprio dio procura una felicità ingannevole, causa della propria rovina.

L’unica salvezza possibile, all’interno della gabbia sociale, è quella spirituale: l’errore dell’uomo è l’aspirazione congenita alla Felicità, un impulso che, secondo Tolstoj, solo la mente perfetta di Dio può concepire, all’Uomo (imperfetto) non resta che coglierne l’eco nella Fede, poiché il tentativo di afferrarla lo porta, immancabilmente, all’annichilimento.
L’uomo, in sintesi, non è nato per essere felice.

recensione originale su http://flavoria.wordpress.com/2012/03/16/anna-karenina-vita-e-morte-dellamore/

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beby Opinione inserita da beby    23 Aprile, 2012
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PERFETTO!

Centro della vicenda è la tragica passione tra Anna e Vronskj, lei perla dell' alta societa Pietroburghese, lui ufficiale dell' esercito. Parallelo a quest' amore infelice è quello solido e onesto di Levin e Kitty.
Anna, divisa tra ciò che reputa giusto e ciò che desidera, vive una vita in lotta con se stessa, in bilico tra ciò che prova e ciò che le convenzini le impongono.
Quest' amore macchiato d' incertezza scompiglio e sospetti, le sue paure e il rifiuto verso un mondo ipocrita la porteranno a prendere delle decisioni drastiche.


Questo romanzo pubblicato nel 1877, ambientato nell' alta società, tratta tematiche forti quali l' amore coniugale e materno, l' amore passionale, l' ipocrisia, la società di quel tempo e il progresso, ma anche il conflitto tra lo stile di vita di campagna e quello urbano.
Questo romanzo ti entra nel cuore, e come disse Dostoevskij: " Anna Ka renina è un opera d' arte assolutamente perfetta".

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tenca 1946 Opinione inserita da tenca 1946    28 Febbraio, 2012
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anna KareniNA

Tolstoi è forse il più grande scrittore del suo tempo e uno dei più grandi in assoluto. Ritengo, contrariamente alla maggior parte degli opinionisti, che Anna karenina sia la sua più grande opera, superiore dal punto di vista letterario a "guerra e pace". C'è una descrizione della società russa di quel tempo superiore a qualsiasi saggio storico. Si intravede l'uragano che fra poco spazzerà via questa società, la rivoluzione d'ottobre. La figura emblematica di ciò è Stepàn Arkadjevic, epicureo gaudente alto funzionario del regime zarista con un incarico ben remunerato di ben lieve impegno che lascia tutti i problemi di vita e familiari sulle spalle della moglie. Lèvin, la figura positiva del romanzo, pur comprendendone a pieno i difetti, non lo biasima e non lo condanna, e questa inconsapevolezza e ciò che determinerà, non molto tempo dopo, la rivoluzione. C'è poi la storia d'amore, moderna assolutamente moderna tra Anna e il conte Vronskyi. Non sono due ragazzi, lei è sposata con un figlio che adora, lui un brillante ufficiale che non si nega nulla, con grandi mezzi finanziari, e che corteggia la più bella ragazza da marito di quel contesto sociale. Al giorno d'oggi lui potrebbe essere un brillante sportivo, un pilota da formula uno o qualcosa di simile. la forza della passione è però così travolgente che li sottrae ai rispettivi ambienti e li porta inesorabilmente alla difatta. Il tutto descritto in maniera meravigliosa anche con i dettagli, che il tempo poteva trasformare in stucchevoli in un opera di minor livello, che hanno sempre una loro funzione. Un opera grandissima, con il rammarico di non poterla leggere in lingua originale.........

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Elizabeth Opinione inserita da Elizabeth    24 Febbraio, 2012
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Il romanzo

Credo questo sia il romanzo più bello che io abbia mai letto. Nonostante ci siano parti in cui l'autore si sofferma su dettagli a volte anche insignificanti e spesso si faccia prendere dalle descrizioni, è un libro che va assolutamente letto. Ricco di tensione drammatica, ma anche di gioia che nasce dall'amore inaspettato quale quello tra Kitty e Lenin. L'autore fa immergere il lettore nella russia dell'800...La russia cosi descritta mi ha affascinato tanto. L'ho trovata migliore rispetto a quella del Dostoevskij. E' un romanzo che aiuta tanto a capire la psiche umana quale e'..c'è l'insicura,la tormentata, l'innamorato, lo sfascia famiglie..questo romanzo contiene tutto ciò che occorre per rendere il lettore felice e arricchito dalla lettura. Ancora una volta Tolstoj non delude.

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faye valentine Opinione inserita da faye valentine    18 Settembre, 2011
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..tre mesi in analisi!

Premessa: adoro Fedor Dostoevskij. L'amore per lui mi ha portata ad avvicinarmi alla letteratura russa, a leggere svariate opere, ma mai nulla dell'altro Grande: Tolstoj.
Ho scelto Anna Karenina e questa è la mia recensione.
Il romanzo inizia in modo abbastanza interessante: gli intrecci amorosi tra Lévin, Kitty e Vronskij sono capaci di tenere il livello di attenzione decisamente alto e di agevolare una lettura frequente e rapida. Ma man mano che la storia entra nel vivo (..e finalmente fa la comparsa la nostra eroina, Anna!), comincia a perdere in smalto e corpo. Tolstoj fa sua la tipica "lentezza narrativa" russa e la esaspera all'inverosimile, soffermandosi su dettagli poco consistenti che, da una parte ci delineano ogni minimo aspetto della società del tempo (e possono sembrare perfino utili: illusione iniziale!!), ma dall'altra, a mio parere, tolgono vigore alla vicenda e penalizzano il ritmo narrativo.
Ma veniamo ai personaggi; non nasconderò le mie preferenze: Vronskij, Kitty e Aleksjéj Aleksàndrovic'. Vronskij mi è piaciuto fin dall'inizio e devo dire che Tolstoj ha saputo creare un personaggio che, pur prendendo poca parte all'azione, viene delineato in modo chiaro e completo. Ho apprezzato molto la sua coerenza.
Anche del suo rivale, Aleksjéj Aleksàndrovic', sappiamo poco (sempre in relazione alle 1200 pagine): nonostante sia onnipresente nelle chiacchiere della società, lo vediamo come un personaggio “di passaggio” tra un’azione di Anna e l’altra. Ma anche in lui ho trovato una compostezza e una coerenza che me lo hanno fatto amare molto.
Kitty, invece, è un personaggio decisamente più complesso, che subisce una forte evoluzione nel corso del romanzo e proprio per questo aspetto mi è entrata particolarmente nel cuore: è un personaggio in continuo divenire, a seconda degli eventi, con il quale ho trovato anche qualche momento di identificazione.
Per quanto riguarda la protagonista, invece, forse sono l’unica persona su cui non è stata capace di esercitare il suo fascino magnetico: non l’ho trovata nulla di che, anzi, perfino un po’ spocchiosa in alcune parti, decisamente non condivisibili molti dei suoi pensieri ed atteggiamenti e in alcuni frangenti l’ho sinceramente compatita. Il paragone con la sua quasi contemporanea Madame Bovary è sorto spontaneo: ho amaramente rimpianto i momenti in cui leggevo di Emma, mentre mi trovavo tra le mani le vicende di Anna!
Il secondo grande protagonista, Lévin, inizialmente mi ha attirata, ma man mano che il discorso sulla campagna e tutti gli annessi e connessi veniva approfondito (e nel contempo lui stesso diventava l’uomo più paranoico dell’universo!), il mio interesse per lui è inesorabilmente scemato, finendo per trasformarsi in ilarità: mi è sembrato talmente esagerato in alcune sue elucubrazioni da suscitare una risata.
Tutto sommato non è un brutto libro: secondo il mio modesto parere, a differenza di altri romanzi di mole simile, le 1200 pagine si sentono tutte!! L'ho letto in tre mesi e non è da me. La sua fortuna forse sta nell’alternare tematiche di approfondimento sociale a tematiche frivole (in alcuni punti mi ha ricordato quasi una soap opera…), quindi il mio interesse ha avuto un andamento diciamo sinusoidale… (ovviamente i picchi più alti sono stati per le tematiche frivole!).
Sono rimasta un po' delusa dalla mancanza di pathos in alcune situazioni: ho trovato solo i capitoli finali davvero toccanti e angoscianti, ma il resto della narrazione piuttosto "capriccioso", passatemi questo termine.
Dopo averlo terminato e averci riflettuto un bel po’ sopra, sono giunta alla conclusione che probabilmente avrei dovuto leggerlo prima, per una questione di mera anagrafe, per apprezzarne pienamente i contenuti. Magari in età adolescenziale le vicissitudini affrontate dai vari personaggi mi avrebbero appassionata maggiormente. Un effetto positivo però lo ha avuto: la disapprovazione per le continue paturnie di Lévin mi ha decisamente fatto riflettere e portato ad eliminare qualche piccola paranoia che ogni tanto mi faccio anch’io.
Terapeutico, quindi.

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Opinione inserita da Viktoria    24 Agosto, 2011

Da leggere assolutamente

Ero scettica sul leggere questo libro, ma con le prime pagine mi sono immedesimata sempre di più nel personaggio di Anna. Sapendo però come va a finire il libro forse ho potuto riflettere più profondamente sui sentimenti e le emozioni di ogni personaggio più che sulla storia in se. Mi sono immedesimata in lei e sono riuscita a capire in pieno le sue scelte, e penso ke avrei agito esattamente come lei. Mi ha molto affascinato il personaggio di Levin che con i suoi ragionamenti è riuscito a darmi un chiaro punto di vista sulla vita dell'epoca.
Forse tolstoj si dilunga troppo su molti ragionamenti politici di cui all epoca si sentiva l'importanza mentre ora sono troppo distanti da noi per essere apprezzati.

Consiglio questo libro, perchè mi ha fatto ragionare molto, e capire in che cosa devo cambiare nelle mie relazioni sociali.

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ahab Opinione inserita da ahab    03 Agosto, 2011
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Anna Karenina

CONTIENE SPOILER

Una donna, tradisce il marito, ma dopo un profondo travaglio interiore si suicida.
In genere si usa sintetizzare così – con una sintesi tra comico e inconsistente – un romanzo di circa mille pagine. Ovviamente non stiamo parlando di un romanzo qualunque, ma di uno dei capisaldi della letteratura mondiale.
C’è un’introduzione di poche pagine di Pietro Citati, nell’edizione della Rizzoli, che per la sua bellezza e completezza toglie ogni ragione ad altri di aggiungere commenti.

Nel rigo iniziale, con cui ho introdotto questa opinione, è racchiuso tutto: amore, tradimento, turbamento e morte. A ben guardare, è ciò che muove la vita, è ciò di cui è fatta la vita. E “Anna Karenina” è un romanzo proprio sulla vita, sul senso di esistere, sull’eterna domanda se la vita abbia un senso.
A questo tenterà di dare la risposta uno dei protagonisti, Levin, – operazione ambiziosa, ma, ricordiamoci, siamo di fronte a Tolstoj… – in una storia che scorre parallela a quella di Anna Karenina, ma che per le riflessioni a cui invita assume caratteri inauditi. La storia di Levin e Ketty è ancora più semplice: due giovani, dopo essersi inseguiti, si ameranno. Un lieto fine per loro. Però la stranezza è che del romanzo si sintetizza sempre la storia di Anna. Sarà per quel nostro morboso istinto a soffermarci più sul male che sul bene: se vediamo due che si tengono la mano ci passano quasi inosservati; se vediamo un incidente o una lite, subito l’attenzione…

Ma stavamo parlando di “Anna Karenina”.

Anna è alla ricerca non di una passione, ma della vita.
È il romanzo è proprio un enorme trattato – ma splendido – sul senso della vita. Tolstoj accompagna il lettore attraverso tutti i solchi di cui la vita stessa è fatta. Si toccherà nel romanzo ogni aspetto dello scibile umano (politica, verità, menzogna, religione, impegno sociale, arte, morte…), dando un’unità nella narrazione che fa del romanzo stesso un mondo a parte, un microcosmo, ma, in ogni caso, un territorio in cui per ognuno è possibile specchiarsi.

Mi ha colpito una certa critica che Tolstoj fa all’intelletualismo puro e, forse, vuoto, fine a se stesso. Due esempi. Nel passaggio in cui muore il fratello di Levin, Kitty gli è vicino e la cosa sorprende Levin fino al punto da fargli riflettere sulla compostezza, fermezza e forza con cui Ketty affronta la morte, la tocca, la vede in faccia, mentre lui, Levin, ne è quasi impaurito. A quel punto si chiede a cosa sono serviti tutti quelle sue riflessioni con tanti letterati, con tanti filosofi proprio sulla morte se poi, quando l’hai di fronte, ciò che conta è solo saperla affrontare a viso aperto, come fa Kitty. È la vita che prevale, su tutto (del resto, è un romanzo sul senso della vita, avevamo detto…)
Ancora, quando Vronsky (l’amante di Anna) si reca da un pittore per fargli fare un ritratto della sua amata, l’artista all’inizio viene quasi ridicolizzato poiché non ha “studiato”, ha una cultura volgare, mentre lui Vronsky, fa corsi di arte e di pittura. Però, al termine del ritratto, Vronsky capirà che tutta la sua cultura non gli è servita a nulla, poiché quel pittore, Michajlov, è riuscito, grazie solo a un innato “talento”, a cogliere tratti di Anna di cui Vronsky riconosce l’autenticità e che mai, nonostante tutti i suoi studi sulle tecniche di pittura, lui avrebbe saputo cogliere. E si chiede grazie a cosa questo uomo che non ha amato Anna, come l’ha potuta amare lui, ad essere capace a cogliere in uno sguardo dipinto l’essenza dell’animo umano. Anche qui, l’occhio prevale sulla ragione, un istinto artistico vitale prevale su qualsiasi formazione dottrinale.

La scrittura è classica, senza alcun tipo di sperimentazioni linguistiche o stilistiche (cosa che, ad esempio, farà Dostoievskij, contemporaneo di Tolstoj, in “Memorie dal sottosuolo”). Ma proprio per questa leggerezza di linguaggio le mille pagine non spaventano e non fanno del romanzo un’opera ostica quale potrebbe essere, ad esempio, l’Ulisse di Joyce.
Ho trovato “Anna Karenina” sorprendente per l’evoluzione della storia, in cui Anna viene delineata come una donna tormentata quanto Madame Bovary di Flaubert, sebbene rispetto a questa sembri essere spinta da ragioni e riflessioni, forse, ancora più profonde.

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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    07 Luglio, 2011
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Anna Karenina

Un libro completo da ogni punto di vista. L'autore è stato bravissimo a descrivere in maniera perfetta ogni cosa, dai luoghi ai personaggi, dagli stati d'animo ai dialoghi...!! Le storie di vita quotidiana si intrecciano... i pensieri vengono completamente messi a nudo e contornati dai contesti in cui essi nascono. I temi principali sono le relazioni amorose, la felicità e l'infelicità che regna in famiglia, l'infedeltà, la gelosia, l'odio, il rancore. Ma non mancano le chiacchiere e i perfidi pettegolezzi nei salotti dell'alta società, le discussioni e i pensieri sulla politica, sull'economia, sulla religione e sul senso della vita! Ci sono inoltre scene di morte e di nascita, di matrimonio e di separazione... insomma è un libro talmente complesso che è anche difficile trovare una descrizione appropriata per esso!!! Consiglio a tutti di leggerlo e di non farsi troppo spaventare dalla mole, perchè comunque è scritto in maniera piuttosto scorrevole e piacevole.

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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    06 Luglio, 2011
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Sola contro tutti

Correva l’anno 1877 quando Anna Karenina venne pubblicato per la prima volta.
Reduce dal successo di Guerra e pace, L’Iliade del XIX secolo, come aspirava a definire quel monumentale lavoro Lev Tolstoj, l’autore con quest’opera intendeva dare vita al suo primo autentico romanzo, una grande tragedia in cui passioni istintive e conformismo societario si fronteggiano in una battaglia da cui uscirà perdente l’unico soggetto debole per natura, la donna.
Osteggiato dalla maggior parte della critica russa, che non riusciva a comprendere un’opera al di fuori di canoni tradizionali, Anna Karenina è un autentico capolavoro di quella corrente letteraria propria dell’epoca e che risponde al nome di realismo, nella quale esponente di spicco italiano fu indubbiamente Giovanni Verga.
In questo romanzo, che è ambientato nell’elite della società russa, Tolstoj affronta, approfondisce e mette a nudo temi di per sé rivoluzionari, sia per quel periodo storico, sia per la notoria ristrettezza di vedute della nobiltà e dell’alta borghesia del suo paese. E’ tanta la carne al fuoco, ma il cuoco è uno chef impareggiabile e così riesce ad amalgamare in modo perfetto non pochi argomenti, quali l’ipocrisia, la gelosia, la fedeltà, la famiglia, la fede, il desiderio insano della carne e la passione sfrenata, inquadrando il tutto in un antitesi fra la vita e il mondo della campagna e della città.
Anna è molto bella e assai in vista nella società di San Pietroburgo e s’innamora follemente del conte Vronskij, più giovane di lei, ma non è un’avventura, normalmente tollerata da quella società, è invece proprio il desiderio di rinascere a nuova vita, troncando con il passato. E’ una cesura insostenibile, che cozza contro un mondo ipocrita, che a tutto acconsente salvo a che venga minata quella struttura di immutabilità su cui poggiano privilegi e prestigio, che poi verranno spazzati via dalla Rivoluzione di Ottobre.
Anna rivendica la sua personalità e la sua dignità di essere umano e anche quando l’amante la lascerà, continuerà lungo la via intrapresa e non tornerà dal marito. Isolata, osteggiata da tutti, impossibilitata a rivedere l’amato figlio, farà l’unica scelta possibile, dolorosa, in un ultimo definitivo atto di rivendicazione della propria libertà.
In parallelo con la sua storia c’è poi quella, assai diversa, dell’amore fra Kostantin Levin e Kitty, un’unione solida, basata su sani principi, estranea al mondo ipocrita della nobiltà cittadina. E’ evidente l’inserimento di questa vicenda perché del tutto in contrasto con la situazione d’incertezza con cui invece procede quella di Anna. Il richiamo alla sostanza di un rapporto basato su sentimenti autentici e non su passioni travolgenti rientra non poco nella filosofia di vita dell’autore che, guarda caso, in Levin delinea, almeno in parte, un ritratto di se stesso.
Anna Karenina è un romanzo inusuale per l’epoca e non solo per la società russa, una storia che incide come una lama in un tessuto di stoffa opulenta che cela al suo interno un mondo del tutto irreale, in cui ciò che conta è solo l’apparenza, che per esistere non può e non deve essere scalfita.
Da leggere, perché è un altro capolavoro di Lev Tolstoj.

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paolodal Opinione inserita da paolodal    21 Agosto, 2010
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Anna Karenina

Se volete capire come mai esistano coppie felici e coppie infelici, quest'opera vi dara' una mano. Se volete capire le differenze tra le scelte di vita basate sulle apparenze e le convenienze sociali, e le scelte basate su un sincero sentimento interiore, leggete Anna Karenina. Caposaldo del romanticismo russo, ma io direi del Romanticismo in assoluto, guida il lettore in una complicata ma affascinante rete di rapporti tra diversi personaggi della Russia dell'epoca; i salotti, la campagna, la citta', i funzionari dell'amministrazione dello Zar, ecc. Ma quel che emerge soprattutto e' la descrizione e l'evoluzione di una coppia destinata ad essere infelice, fino a tragiche conseguenze; ed un' altra coppia invece destinata ad una tranquilla e duratura felicita', una felicita' che puo' a volte apparire agli altri monotona e noiosa, ma che e' piena di energia e di stimoli per chi la vive e la rinnova ogni giorno. Insomma, l'amore romantico passionale, tormentato e tragico, cede qui il posto all'amore sincero, quotidiano, complice.
Opera grandissima nella sua semplicita', per lettori di razza.


Libro che si legge bene accompagnato da bigne' alla crema, con un vino passito da meditazione in bicchiere piccolo.

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Consigliato a chi ha appena letto I Promessi Sposi
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pinucciobello Opinione inserita da pinucciobello    12 Giugno, 2010
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Anna Karenina

Ho letto questo romanzo due volte, la prima volte ero adolescente ed avevo negli occhi l'immagine splendida di Lea Massari che ne era l'interprete, come sempre affascinante, nello sceneggiato televisivo della RAI. Ovviamente da ragazzo rimasi invaghito dalla protagonista che trascina il lettore a seguirla nella sua vita romantica, costringedolo a gioire od a soffrire con lei, fino all'epilogo tragico. Nella seconda lettura, invece, ho apprezzato di più (forse perchè conoscevo già la storia) il dettaglio degli altri personaggi così mirabilmente costruiti, anche quando sono personaggi negativi (almeno secondo me) come Karenin e Vronky stesso. Bellissima, tra l'altro, la storia d'amore parallela, contrastante ed a lieto fine tra Levin e Kitty. Per finire una domanda a tutti coloro che, come me, adorano Tolstoj; secondo voi, l'autore creando un personaggio così moderno, rivoluzionario e sconvolgente rispetto alla consuetudine dei tempi, non avrebbe potuto evitarci l'inevitabile epilogo tragico ? o ci dobbiamo accontentare del lieto fine nella storia tra Levin e Kitty ?

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Consigliato ??? ma scherziamo !!!! E' obbligatorio leggere questo come altri classici dell'ottocento, incredibile come risulti moderna l'analisi psicologica dei personaggi. Assolutamente da leggere
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alexandros Opinione inserita da alexandros    08 Giugno, 2010
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Un capolavoro dalle mille sfacettature

Un libro lungo ma assolutamente da leggere! pagine! Le descrizioni della societa' e della vita delle russia Ottocentesca e' semplicemente perfetta, riesce a farci immedesimare a tal punto che sembra di vivere a fianco dei protagonisti tra Mosca e San Pietroburgo. La protagonista Anna Karenina è sicuramente un personaggio molto complesso e tormentato, e' in grado di farci gioire e commuovere, Tolstoj compie con lei un percorso stupefacente nell'universo femminile. Quando l'ho letto a 16 anni mi sono naturalmente innamorato di lei! Un romanzo che ho riletto dopo vari anni e che mi e' piaciuto ancora di piu' , ho apprezzato altre sfumature filosofico-storiche che mi erano sfuggite nella prima lettura piu' passionale ma ho anche apprezzato il grandioso impianto narrativo

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Un libro meraviglioso che consiglio a tutti. In particolare a chi ama Tolstoj e l'ottocento .
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Minny Opinione inserita da Minny    20 Febbraio, 2010
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Un classico affascinante

Ho visto da piccola in un cineclub il film capolavoro "Anna Karenina "interpretato dalla divina Greta Garbo : il volto più etereo e bello del cinema di tutti i tempi.
Ho letto poco dopo, ossia molti anni fa ,il capolavoro di Tolstoi : descrizioni vivide ed efficacissime, analisi psicologiche raffinate e veritiere, pittura dell'ambiente dell'epoca
semplicemente perfetta.
Come avviene a tutti i vewri classici , il tempo ha solo aggiunto fascino a queste pagine memorabili.

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i grandissimi testi della narrativa russa e sopratutto a chi non li ha ancora letti : non sa cosa si è perso.
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Rain89 Opinione inserita da Rain89    24 Novembre, 2009
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Tolstoj e le molte sfaccettature dell'esistenza

Ciò che più intensamente mi ha colpito di questo libro, e che mi ha portata ad innamorarmene, è l'accuratezza con cui vengono descritti gli stati d'animo, i pensieri, i turbamenti, i sentimenti e la psicologia più profonda di ciascuno dei personaggi principali, così che non ho potuto fare a meno di immedesimarmi almeno una volta in loro. Gli interrogativi sull'amore, sulla morte, i dubbi sulla fede, la contrapposizione tra il dover apparire e le libere scelte che conducono alla felicità. Ma anche le false ipocrisie, i tradimenti, il delirio, il senso di colpa, la tragedia. Quella di Tolstoj è a mio giudizio un'opera che include in sé le molte sfaccettature dell'esistenza.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    25 Settembre, 2009
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ANNA KARENINA

Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1877 e nonostante l'iniziale giudizio negativo della critica russa,si colloca tra i capolavori del realismo.

E' ambientato nel 19° secolo tra le più alte classi sociali russe. Anna è una donna che sfida le regole e le abitudini del suo tempo:è combattuta tra la fedeltà impostale dal vincolo del matrimonio e la passione per un uomo più giovane di lei,in un'epoca in cui ciò non è contemplato. Abbandona il tetto coniugale suscitando il disprezzo e la riprovazione della società cui appartiene. E' un romanzo pervaso da sentimenti forti come la passione,l'attrazione,la gelosia,l'amore materno,la paura,rappresentati dall'autore con una profondità psicologica stupefacente.

Il linguaggio e lo stile sono semplici e gradevoli,tanto da consentire una lettura scorrevole e penetrante.

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