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Dalla Cenere alla cenere
Deledda, che rimane al momento l’unica scrittrice italiana Premio Nobel per la Letteratura, scrive “Cenere” ad inizio del XX° secolo. Non è certamente ancora l’affermata scrittrice di “Canne al vento”, eppure questo romanzo sembra già anticipare certe tematiche care all’autrice sarda: un senso profondo di precarietà della vita, l’evidente constatazione che “Siamo nati per soffrire” e soprattutto un’analisi profonda della sua terra, una Sardegna rurale, a tratti tribale, in cui si evince “il male, la miseria, l’abbandono, lo spasimo non ascoltato del luogo e delle persone”.
Sullo sfondo di un territorio aspro, selvaggio, nel quale spicca il massiccio del Gennargentu, in un mondo ancora profondamente contadino ove vige la mezzadria, si inserisce la storia di Anania, raccontata come si trattasse di una narrazione davanti al focolare, di quelle che ti fanno dimenticare tutto il resto perché non si vede l’ora di sapere come va a finire. Nato da una relazione clandestina extraconiugale, abbandonato dalla madre e cresciuto poi dalla famiglia del padre, Anania porta dentro di sé il vissuto della Sardegna più reale, quella delle credenze popolari, che spera di trovare tesori nascosti nei Nuraghe, ma anche quella “degli uomini che si ubriacavano per stordirsi e che bastonavano le donne ed i fanciulli e le bestie perché non potevano percuotere il destino”.
Nel raccontare l'evoluzione di Anania attraverso lo spazio (dalla Sardegna al Continente) ed il tempo (dall'infanzia alla maturità), ne evidenzia i limiti, la progressiva presa di coscienza che il suo riscatto sociale, per mondarsi dall’onta di una madre colpevole di abbandono e di cattiva condotta, debba passare inevitabilmente dal rinunciare all’amore, al matrimonio, per assumere una mentalità paternalistica, una forma di controllo assoluto proprio nei confronti della madre degenerata. Ma dove può portare questo comportamento? La Deledda lo riassume nei pensieri di Anania: “Ora si, ora capisco che cosa è l’uomo: è una vana fiamma che passa nella vita e incenerisce tutto ciò che tocca”.
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Gabriele, ti segnalo "Quasi Grazia" di M. Fois, con protagonista la grande scrittrice sarda. Un testo che mi è piaciuto molto.