Dettagli Recensione
Una recita ipocrita, stupida e immorale
Il libro dello scandalo. Gli indifferenti segna l’esordio di Alberto Moravia ed è uno dei romanzi imprescindibili della nostra letteratura. Su Gli indifferenti la produzione critica dal 1929, anno della pubblicazione, ad oggi è veramente amplissima. Vorrei, perciò, soffermarmi su alcune curiosità legate alla gestazione del romanzo. Moravia inizia a scriverlo nell’ottobre 1925, quando aveva solamente 16 anni, dopo che era stato dimesso da un sanatorio di Cortina d’Ampezzo, dove era stato per un paio d’anni per combattere la tubercolosi ossea che lo affliggeva dall’età di nove anni. Moravia, come scritto in una breve autobiografia letteraria datata 1986, ha composto il romanzo al mattino mezz’ora al giorno a letto perché era convalescente e si stancava subito. Una volta terminata la stesura, presentò il dattiloscritto a Cesare Giardini di Alpes (casa editrice presieduta da Franco Ciarlantini: questo nome tenetelo a mente per i successivi sviluppi editoriali), ma la risposta non fu immediata. Il giovane Moravia aspettò un mese a Stresa, poi tornò a Roma dove ricevette la notizia della pubblicazione a patto di pagare di tasca propria 50mila lire. Alberto le chiese al padre e nel luglio 1929 il romanzo Gli indifferenti uscì. Cinque edizioni, ognuna delle quali composta da mille esemplari, tutti venduti. Poi, la storia editoriale del primo romanzo di Moravia si interruppe momentaneamente per l’intervento del fascismo. Chi iniziò a osteggiarlo? Proprio il già citato Ciarlantini, che ricopriva anche il ruolo di responsabile dell’ufficio stampa del Partito Fascista. Ciarlantini si era fidato del suo redattore Giardini, che aveva riconosciuto da uomo di lettere il grande valore artistico dell’opera di Moravia. Inoltre, Ciarlantini aveva acconsentito per la pubblicazione anche perché era stato lo stesso Moravia ad autofinanziarsi. Per il regime e in primo luogo per Ciarlantini, però, Gli indifferenti aveva un carattere fortemente anti-fascista, poiché costituiva una critica a quella borghesia che aveva sostenuto l’ascesa al potere di Benito Mussolini e aveva permesso allo stesso fascismo di trionfare. In aggiunta a ciò, il regime non poteva accettare l’indifferenza prorompente nelle pagine di Moravia. Gli indifferenti, infatti, è un romanzo esistenziale che riflette sul conflitto emotivo e ideologico del rapporto dell’io con il mondo. La grande indifferenza che alberga in casa Ardengo non riguarda i sentimenti di Michele e Carla, i figli di Mariagrazia, ma più in generale la mancanza di assunzione di responsabilità verso sé e verso gli altri, venendo meno ogni principio d’autorità morale ed economica. Viene rappresentata, come detto, la civiltà dell’urbanesimo borghese e il racconto acquisisce slancio e fervore nel confronto polemico con il microcosmo familiare. Non si tratta di un’educazione sentimentale, ma di un’educazione alla realtà: è un’assuefazione al disgusto. Michele è disgustato dal fatto di giocare sempre un ruolo, di essere una maschera. Si pone Moravia su una linea biologica: a muovere i suoi personaggi sono bisogni brutali (denaro e sesso, proprio come ne La Romana). Non sorprende, dunque, che una famiglia in declino come quella di Mariagrazia cerchi di imparentarsi con un uomo ricco come Leo Merumeci. Quello che mette in scena Moravia è un perfetto teorema narrativo, tanto che il romanzo si conclude quando sta per esplodere lo scontro madre (Mariagrazia) e figlia (Carla), il cui minimo comune denominatore si chiama Leo. Inizia già nel primo romanzo a delinearsi quell’ossessione al realismo che contraddistinguerà tutta la carriera letteraria di Moravia. La sua scrittura è già piena di cose, ovvero di oggetti materiali legati alla sfera quotidiana. Nomina le cose e così facendo ne conferma l’esistenza, ossia le rappresenta. Gli oggetti sono riportati quasi intatti, come se fotografati perché il tempo narrativo è istantaneo. Servono per stabilire una continuazione tra scrittura e quotidianità. Oltre a meravigliosi intrighi sentimentali, colpiscono ne Gli indifferenti le descrizioni. Si può quasi intendere, a mio modo di vedere, la casa, arredi compresi, come il sesto personaggio del romanzo. È utile per offrire una quantità maggiore di realtà: i fondali e l’oggettistica fanno parte della recita. Dal canto loro, Michele, Carla, Mariagrazia, Leo e Lisa (amante di Michele), molto simili a marionette, ripetono ossessivamente il canovaccio di una recita ipocrita, stupida e immorale.
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Libro letto e riletto, sempre assai interessante. Ognuno dei cinque protagonisti rappresenta una storia a sé, eppure eccoli lì tutti assieme. I giovani e i non più giovani; tutti a loro modo prigionieri dei loro limiti culturali, sociali... , anche se a primo impatto paiono privilegi.