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Ombre e aurora
"Piccolo mondo antico", capolavoro di Fogazzaro pubblicato nel 1895, contribuì, l'anno successivo, alla sua nomina a senatore (nomina convalidata, però, quattro anni più tardi perché il censo del Fogazzaro non era ancora quello stabilito dalla legge).
Il romanzo, che inizialmente avrebbe dovuto intitolarsi "Storia quieta", rimanda per alcuni aspetti ad un altro classico dell'Ottocento italiano, "I Promessi Sposi" (ambientazione in Lombardia, narrazione delle vicissitudini matrimoniali dei protagonisti, le loro vite che si intrecciano con le vicende storico-politiche di un'epoca precisa, ...).
Se con il Manzoni siamo nell'Italia del 1600 durante la dominazione spagnola, il Fogazzaro invece ci porta nel piccolo mondo della Valsolda (luogo di origine della madre, "patria dei suoi ricordi sereni e profondi") ai tempi del Risorgimento.
Mentre però Manzoni narra le vicissitudini che Renzo e Lucia affrontano per giungere, solo alla fine, al matrimonio (dando risalto a tanti altri sentimenti e meno all'amore tra i due protagonisti), Franco e Luisa si sposano, anche loro in segreto, già all'inizio del romanzo. Il Fogazzaro infatti si addentra quasi sin da subito nel tema dell'unione coniugale e delle sue difficoltà.
Franco è nobile, sognatore, impetuoso ma disposto al perdono, amante della natura e della musica, ha idee liberali ma è un idealista passivo; Luisa è intelligente, istruita, fiera, condivide gli ideali liberali del marito ma non è nobile né ricca, motivi questi per cui la nonna di lui, la "vecchia signora di marmo", l'arcigna e austriacante marchesa Maironi, disapprova il loro matrimonio.
Alla natura più oziosa e contemplativa di lui si contrappone quella più laboriosa e attiva di lei ma le differenze tra i due abbracciano anche la fede religiosa, qui fortemente messa in discussione.
Da un lato c'è la fede di Franco, fatta di credenze e precetti osservati in modo scrupoloso ma passivo, lui "credeva fervidamente nella vita futura ma di fatto si attaccava con passione a tutto ciò che la vita terrena ha di bello, di buono e di onestamente piacevole". Luisa, invece, non ha "mai potuto veramente sentire, per quanto mi sforzassi, questo amore di un Essere invisibile e incomprensibile, non ho mai potuto capire il frutto di costringer la mia ragione ad accettare cose che non intende"; lei è animata piuttosto da un concreto spirito di verità e giustizia che deve, però, realizzarsi nella vita terrena.
Questa profonda differenza si riflette sull'educazione di Maria, la loro bambina: "Poi ell'aveva in cuore una Maria futura probabilmente diversa da quella che aveva in cuore Franco. Anche per questo non le poteva rincrescere di aver un predominio morale sulla figliuola. Vedeva il pericolo che Franco favorisse uno sviluppo troppo forte del sentimento religioso... occorreva che Maria, fatta donna, sapesse trovare il perno della propria vita in un senso morale sicuro e forte per sé... Serbar fede al Giusto, al Vero, fuor di qualsiasi altra fede"; Franco invece teme che Luisa educhi la figlia secondo le sue idee.
Anche il testamento di cui Franco è beneficiario, e che proverebbe che la nonna gli ha usurpato l'eredità, è motivo di dissidio tra i due. Lui, mosso da un senso di carità e da affetto verso la nonna, non vuole servirsene perché ciò la disonorerebbe; Luisa invece vorrebbe che fosse eseguito per il solo amore della giustizia.
Ne viene fuori il contrasto tra due anime che, nonostante l'amore e il matrimonio, non hanno ancora raggiunto un'unione totalizzante perché profondamente diverse, uguali solo nella presunzione di ognuna nel sentirsi superiore all'altra e nell'orgoglio che nessuna delle due riconosce a sé ma vede nell'altra.
Le stringenti difficoltà economiche della famiglia, aggravate dal licenziamento del magnanimo e pacato zio Piero (per lui il Fogazzaro si è ispirato a suo zio materno Pietro Barrera da cui nei primi anni di matrimonio ricevette aiuto morale ed economico), inducono Franco a cercare lavoro a Torino.
Il dramma della morte precoce della piccola Maria, unica gioia dello zio Piero, acuisce la distanza tra i due. Per Franco questo dolore è un altro momento di crescita, inizialmente protagonista debole e inetto, lo vediamo trovare conforto proprio nella fede che gli dà la spinta per re-agire, servendo anche nell'azione i suoi ideali patriottici; Luisa, a dispetto della sua iniziale forza razionale e della sua lucida intelligenza, diventa fragile.
Alla vigilia della Seconda guerra di indipendenza alla quale parteciperà Franco (nella cui figura l'autore ricorda il padre che, antiaustriaco, prese parte ai moti del 1848), sull'isola Bella avviene, dopo anni, l'incontro pacificatore tra i due, segnato da un lato dalla morte dello zio Piero, a simboleggiare la fine del mondo antico, e dall'altro dalla consapevolezza di Luisa di essere madre per la seconda volta come a sancire un nuovo inizio.
Alcuni particolari momenti narrativi (tra cui il ritorno a casa di Franco richiamato con urgenza per la sciagura di Maria e la morte della piccola), le descrizioni suggestive dei paesaggi, la possibilità di riconoscersi, ancora oggi, nelle vicende e nei sentimenti di Luisa e Franco (finanche di altri protagonisti, pur minori, di cui si percepiscono pregi e difetti che li fanno amare e odiare contemporaneamente), l'uso del dialetto (che mi trasmette un personaggio come più vero e familiare), mi hanno fatto apprezzare questo romanzo più di quello manzoniano.