Dettagli Recensione
Verismo artificioso
Pilastro della letteratura ottocentesca italiana, Mastro don Gesualdo è uno di quei romanzi verghiani appartenenti al “Ciclo dei vinti”, che io ho da sempre ribattezzato come il ciclo della tragedia o della morte della speranza.
Sebbene tratti molti temi interessanti in cui si ravvisano diverse verità (che però, c'è da dire, appartenevano molto di più al secolo e al contesto trattati), le disgrazie che avvolgono le vicende e conducono alla rovinosa fine del protagonista sono difficili da digerire, e forse suggeriscono un animo oltremodo pessimista. Non v'è infatti alcun rifugio per Mastro don Gesualdo, e sebbene sia facile credere alle difficoltà della scalata sociale, è assurdo constatare come non trovi alcun riscontro né nell'amore filiale né in quello della moglie e dei fratelli. Neanche il padre ha amore per quel figlio che s’é fatto in quattro, che gli ha ricomprato diverse volte la fornace del gesso, anzi, lo considera come una minaccia alla propria autorità familiare. Okay. Ma sebbene il carattere di Mastro don Gesualdo non sia facile egli non è nemmeno un mostro: pedante, egocentrico, ma in certi momenti anche buono e generoso. Si rompe la schiena per arrivare dov'è, ma mentre è comprensibile l'odio dei fortunati di nascita che si vedono scalzati da un “contadinotto", meno comprensibile è la totale mancanza d'amore da parte di chiunque: questo aspetto dà alla tragedia un che d'artificioso. Verismo artificioso: sarò blasfemo; avrò l'odio del mio professore d'italiano (al quale tuttavia negherò tutto in sede d'esame) ma è quel che penso.
Tornando al romanzo, la vita di Mastro don Gesualdo si rivela un fallimento su tutti i punti di vista sebbene, per quel che ha accumulato, lui potrebbe apparire un uomo di successo. Tuttavia, i suoi successi non ha saputo sfruttarli appieno: accumula ricchezze ignorando la finitezza della propria vita, che le rende futili se non ben adoperate. Non gli serviranno a infatti a nulla: né a conquistare considerazione vera nella categoria sociale a cui ambiva (nella quale entrerà, ma mai davvero accettato), né a salvargli la pelle dalla malattia, né a rendere felice sua moglie e sua figlia. Tutte le fatiche d'una vita verranno dunque divorate dagli avvoltoi, rendendo tutte quelle fatiche e quei dolori inutili, senza nemmeno la consolazione d'un sentimento d'affetto profondo. L’unico affetto sincero le viene da Diodata, tagliata fuori tuttavia da quel percorso che s’è tracciato.
Tragico fino all’esagerazione.
“D’una sola cosa non si dava pace, che avrebbe potuto crepare lì dov’era, senza che sua figlia ne sapesse nulla. Allora, nella febbre, gli passavano dinanzi agli occhi torbidi Bianca, Diodata, mastro Nunzio, degli altri ancora, un altro se stesso che affaticavasi e s’arrabattava al sole e al vento, tutti col viso arcigno, che gli sputavano in faccia: - Bestia! bestia! Che hai fatto? Ben ti stia!”
Commenti
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |
Ordina
|
Anch'io trovo, come si percepisce dal commento di Siti, l'ultima parte del libro davvero molto bella. Nell'insieme però questo romanzo mi pare decisamente inferiore a "I Malavoglia".
come ho già detto il comportamento delle persone intorno a MdG mi sembra montato troppo ad arte. La bravura nel mettere in risalto un tema (che come ben dici tu è, tra gli altri, la solitudine) è farlo senza forzare gli eventi ma soprattutto i comportamenti dei personaggi. Per me l'anaffettività incondizionata di tutte le persone (dei parenti principalmente, ci sta l'astio della nobiltà) intorno a MdG non è realistica. Per carità, lo sarà anche tutto il resto, ma non questo.
MdG è un uomo difficile, ma non è un mostro; perché anche il sangue del suo sangue lo odia così? lo sfrutta? No, qualcosa non mi torna... e non basta avere l'intenzione di trattare un tema o creare delle grandi pagine di letteratura a fugare ogni dubbio. A me il dubbio è rimasto, e non ho mica nulla contro Verga.
La bellezza della morte in solitudine del protagonista non la metto assolutamente in dubbio, come non metto in dubbio la bellezza di altri brani; tuttavia mi sento di mettere in dubbio il COME a questa solitudine si sia arrivati. Verga non è intoccabile sotto tutti i punti di vista, come non lo sono altri mostri sacri stranieri. Sarei ipocrita a dire che questo romanzo è perfetto sotto tutti i punti di vista. Non lo penso, pur non negandone i pregi.
Ovviamente è la mia personalissima opinione, ma se per superare gli esami dobbiamo per forza uniformarci all'opinione altrui... per me è triste ma lo farò. Anche perché penso di aver dato le mie motivazioni, staccate dal mio gusto personale.
io non ho messo in dubbio la bellezza di determinati stralci dell'opera, né tantomeno metto in dubbio la bravura di Verga nel mettere in risalto diversi aspetti della realtà descritta con arguti dettagli, in piena linea col verismo e il naturalismo.
Quel che metto in dubbio è lo sviluppo delle vicende, soprattutto per quanto riguarda l'approccio degli altri personaggi nei confronti di MdG. Trovo verosimile il comportamento dei nobili, ma non quello dei parenti di MdG. Capire o dire che un libro vuole trattare un tema preciso non significa che l'autore lo abbia fatto senza alcuna pecca. Io da lettore tendo a essere critico, posso aver di fronte Dostoevskij, Verga, King o chiunque altro. Secondo me tendiamo a essere troppo protettivi nei confronti dei nostri scrittori storici... come fossero intoccabili. Non la vedo così, e trovo ipocrita nascondere la mia opinione... sbagliata o giusta che sia, è la mia.
Certo, nessuna soggezione o sottomissione al plauso che tributano i più, anche se si tratta di autori con fama consolidata!
Qui però stavamo scambiando opinioni su 'questo' specifico libro, e penso che avere pareri differenti, soprattutto se ben argomentati, sia di arricchimento per tutti.
Spesso attorno al classico vi è un terrore radico: siccome è un classico non può non essere bello o meritevole. A mio modesto parere il classico è la materia prima da cui partire con il leggere ma è anche un qualcosa che deve suscitare nel lettore riflessione, anche non piacevolezza perché è impossibile che un libro piaccia a tutti indistintamente o che provochi in tutti emozioni identiche. Questo è un qualcosa che va contro l'individualità stessa che si racchiude in questa passione. Il classico subisce anche gli effetti del tempo e anche se il suo valore resta sicuramente inestimabile, proprio perché inestimabile arriva se nel lettore ha mosso critiche o ha destato l'animo e il pensiero.
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |
Io non ti farei superare l'esame...la morte in solitudine del protagonista è una delle pagine più belle della letteratura italiana, la SOLITUDINE è il cuore del romanzo; tra l'altro un tema caro a Verga in tutta la sua produzione, un leit-motiv vero e proprio. Ricorda anche che il ciclo è incompiuto e l'autore si prefiggeva di evidenziare il limiti del progresso, un anticapitalista ante-litteram!
Scusa la sincerità.