Dettagli Recensione
Sole e polvere
Sicilia, terra impastata di sole e polvere. Violento, sfacciato, narcotizzante, è il sole il vero sovrano dell’isola, che per sei mesi infuoca l’aria, prosciuga ogni goccia di energia e tutto avvolge in una nube di voluttuosa immobilità. La polvere è quella che copre la campagna arida così come l’argenteria e le porcellane degli imponenti palazzi aristocratici, simbolo del fasto sbrecciato e scolorito di un ceto che contempla il proprio declino.
Sono passati esattamente centosessant’anni da quel Maggio 1860 in cui il Principe Fabrizio di Salina, con il suo cipiglio sicuro e autorevole, osservava il mondo che aveva sempre conosciuto sgretolarsi davanti ai suoi occhi. Lo sbarco dei Mille, il Plebiscito, la crisi della nobiltà sono gli eventi storici che fanno da spunto a un romanzo in cui la storia rimane di fatto sempre sullo sfondo, percepita solo attraverso la presa di coscienza e l’interiorizzazione che ne fa il protagonista.
La sensazione che pervade le pagine è dunque una disincantata malinconia, quella di chi, trovandosi a cavallo tra due mondi, si trova a disagio in tutti e due. La vecchia aristocrazia, che corteggia la morte, ciecamente ostile al cambiamento, dall’alto della propria orgogliosa vanità. E la nuova classe di ricchi, grossolana e meschina, pronta, in nome dell’ambizione e dell’avidità, a cancellare con un colpo di spugna quell’apparato di memorie, tradizioni e valori che hanno sorretto il vecchio ordine.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.
A rendere “Il Gattopardo” un capolavoro non è la storia, ma l’uomo. L’intelligente ironia, il fascino seduttivo, l’animo inquieto, la rabbia orgogliosa: sentimenti che animano e rendono indimenticabili i suoi personaggi. La partecipazione di Tomasi di Lampedusa, che vi ha versato gran parte del proprio vissuto, saturando le pagine di dettagli, atmosfere, impressioni sensoriali. Alla sua pubblicazione, nel 1958, il romanzo fu pesantemente criticato perché stilisticamente e ideologicamente distante dal gusto del tempo, eppure, a distanza di decenni, esso dimostra la sua grandezza, rivelandosi una lettura capace ancora oggi di conquistarci con la sua elegantissima bellezza e il suo fascino decadente, che parla del disfacimento di un’epoca, di una famiglia ma, soprattutto, del tramonto di un uomo.
“Ho settantatrè anni, all’ingrosso ne avrò vissuto, veramente vissuto, un totale di due… tre al massimo. E i dolori, la noia, quanto erano stati? Inutile sforzarsi a contare: tutto il resto: settant’anni”
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Un caro saluto,
Manuela
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Tu parli di 'emanazione' autobiografica dell'autore. Penso che sia così. Anzi, penso che la vera letteratura consista soprattutto in questo.